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 2008  dicembre 31 Mercoledì calendario

Alcuni popoli vedono nella loro valuta un simbolo di virilità nazionale. Per questo il rapido declino della sterlina inglese, oggi scesa in pratica alla parità con l’euro, dev’essere senz’altro apparsa un’umiliazione nazionale, sintomo di un’Inghilterra indebolita, e di una forte eurozona

Alcuni popoli vedono nella loro valuta un simbolo di virilità nazionale. Per questo il rapido declino della sterlina inglese, oggi scesa in pratica alla parità con l’euro, dev’essere senz’altro apparsa un’umiliazione nazionale, sintomo di un’Inghilterra indebolita, e di una forte eurozona. Ma sarà vero? Beh, finora gli inglesi non sembrano impensieriti più di tanto. Solo qualche sparuto gruppetto di fervidi sostenitori dell’ingresso della Gran Bretagna nell’euro sfrutta la parità tra le due monete per rispolverare il dibattito. Che gli inglesi vogliano sfoggiare la leggendaria flemma e sappiano conservare il sangue freddo pur nell’aggravarsi della situazione? Non pare proprio. Anzi, molti pensano addirittura che la svalutazione della sterlina sia un fattore positivo. Certo, arrivare alla parità con l’euro è stato un duro colpo. Noi inglesi ci eravamo abituati a pensare che un euro valeva circa 70 pence, oppure £ 0,70. E così, adesso che sterlina ed euro hanno identico valore, tutto ci sembra molto più costoso a Roma, a Parigi e sulla Costa del Sol. La stampa inglese riferisce di italiani ed altri europei che si precipitano a Londra per acquistare case e appartamenti a buon mercato e azzarda la previsione che più turisti sceglieranno la Gran Bretagna come meta di vacanze l’anno prossimo. Ma ecco il segreto della nostra soddisfazione: potrebbe darsi che la nostra economia ottenga il sostegno di capitali esteri nel 2009. La svalutazione della moneta è un affare rischioso per l’economia. I Paesi membri dell’Unione Europea ricordano ancora le ripetute crisi della lira, della peseta e persino del franco francese in passato. Eppure la svalutazione è pericolosa solo se esistono una o più di queste tre condizioni: primo, la pressione inflazionistica, che verrà rafforzata dalla svalutazione con l’aumento dei prezzi delle importazioni; secondo, un gran numero di aziende con ingenti debiti in valuta estera, perché la svalutazione renderà più difficili i pagamenti; e terzo, la difficoltà nel persuadere la gente ad acquistare i buoni del tesoro nazionali, perché in questo caso la svalutazione farà salire i rendimenti dei titoli, aggravando l’indebitamento dello Stato. Gli inglesi, al momento, non si preoccupano della parità con l’euro perché non sussiste nessuna di queste tre condizioni. La pressione inflazionistica è sparita, sostituita dal timore della deflazione. Grazie ai vasti mercati, ricchi di liquidità, della City londinese, le aziende inglesi non sono oberate di debiti in valuta estera. Per lo meno, i mercati erano finora vasti e ricchi di liquidità e quindi gran parte dell’indebitamento delle società è espressa in sterline. Inoltre, l’indebitamento del governo è rimasto basso. Si può desumere pertanto che la svalutazione della sterlina rappresenti molte opportunità e zero svantaggi. Ovviamente, la situazione potrebbe anche non durare. La recessione in Gran Bretagna si prospetta assai grave. Il gettito fiscale scende rapidamente e l’indebitamento dello Stato sarà più elevato da quanto previsto dal premier Gordon Brown nel pacchetto di stimoli all’economia che il suo gabinetto ha varato a novembre. Forse i buoni del tesoro inglese perderanno credibilità, con l’evolversi di questo processo, e accanto alla discesa della sterlina ci saranno tassi di interesse a lungo termine in ascesa per attirare gli investitori. Uno scenario però poco probabile in previsione di deflazione. Nel frattempo, la Banca d’Inghilterra si mantiene pronta a finanziare direttamente il debito pubblico, semplicemente stampando altre sterline che utilizzerà per acquistare i buoni del tesoro. Anziché infliggere scossoni all’economia, è più probabile che la svalutazione della sterlina scateni tensioni politiche all’interno dell’Unione, perché potrebbe apparire come il tentativo della Gran Bretagna di approfittare della situazione a spese dell’Europa. Il ministro delle finanze tedesco, Peer Steinbrueck, ha criticato Gordon Brown all’inizio del mese per il «volgare keynesianismo» del suo piano fiscale. Il vero bersaglio era forse la svalutazione britannica, che ha fatto seguito al piano. E se questa funzionerà, diversi Paesi dell’eurozona, come Italia e Spagna, rimpiangeranno di non poter svalutare anch’essi. E accresceranno le pressioni sulla Germania, affinché elargisca generosi incentivi all’economia per far ripartire la domanda, tirando in salvo le economie europee. (Traduzione di Rita Baldassarre)