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 2008  dicembre 30 Martedì calendario

Il 23 luglio 2008 entra in vigore il decreto legge n. 112 che dà il via alla riforma della pubblica amministrazione e Renato Brunetta diventa il ministro più popolare del quarto governo Berlusconi

Il 23 luglio 2008 entra in vigore il decreto legge n. 112 che dà il via alla riforma della pubblica amministrazione e Renato Brunetta diventa il ministro più popolare del quarto governo Berlusconi. Il ministro fa infatti del decreto, ribattezzato subito come «anti-fannulloni» per i suoi contenuti contro l’assenteismo negli istituti pubblici, il suo cavallo di battaglia: gli dà gli strumenti infatti per dichiarar guerra alle inefficienze degli statali. Il testo prevede anche la soppressione di tutti gli enti pubblici non economici che abbiano meno di 50 dipendenti; la possibilità per le università pubbliche di trasformarsi in fondazioni con autonomia organizzativa e contabile; la riduzione di collaborazioni e consulenze; maggiori controlli su incompatibilità e cumulo di impieghi; risparmio energetico e riduzione dell’utilizzo della carta, tagli agli oneri amministrativi. Altra novità la normativa sulla class action: i cittadini, attraverso le associazioni dei consumatori, potranno promuovere azioni giudiziarie nei confronti della pubblica amministrazione ed ottenere il rispetto degli standard qualitativi stabiliti. Già da maggio, appena nominato ministro della Funzione pubblica e dell’Innovazione, Brunetta aveva fatto capire quale era la sua intenzione nei confronti dei fannulloni («vanno semplicemente licenziati») dichiarando di voler far valere il merito nel mondo del lavoro statale, con l’uso di valutazioni, incentivi e licenziamenti più facili: «Se il privato non lavora interviene il piede invisibile che si chiama mercato. Ma se il pubblico non lavora, il piede invisibile non c’è, o non c’è ancora». Ancora il ministro, a luglio: «Mi do un anno: se a maggio 2009 mi accorgo che l’encefalogramma della pubblica amministrazione è ancora piatto, allora mi dimetto. Se invece si vedranno i primi risultati, allora sarà il momento di cominciare a lavorare di fino, comparto per comparto, e di realizzare un progetto a cui tengo molto, una grande scuola per la pubblica amministrazione». Polemiche a non finire a novembre, quando dirà: «Il Paese è con me, ma un pezzo del Paese no e me ne sono fatto una ragione. il Paese delle rendite, dei poteri forti e quello dei fannulloni, che spesso stanno a sinistra». Il «decreto Brunetta» (anche se buona parte dei provvedimenti erano già stati inseriti nella prefinanziaria approvata il 25 giugno) prevede per i dipendenti pubblici la possibilità di ricevere la visita fiscale anche per un giorno di malattia, la retribuzione delle assenze solo con il trattamento economico base (senza le voci accessorie) e l’obbligo di presentare una certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica dopo i primi dieci giorni di assenza, o a partire dalla seconda malattia nell’anno solare. Risultato: a settembre, su un campione di un terzo dei 3,5 milioni di lavoratori dello stato, le assenze si sono ridotte del 44,6% rispetto all’anno precedente. Il primo sì del Parlamento al decreto Brunetta, anche se su un testo ampiamente rimaneggiato, è arrivato il 13 novembre con un’intesa tra PdL e Pd in Commissione Affari Costituzionali del Senato. La maggioranza, per la prima volta in questa legislatura, ha incamerato molti degli emendamenti proposti dal Pd (in particolare quelli proposti da Pietro Ichino e Tiziano Treu) ottenenendo in cambio dal Pd il sì ai singoli emendamenti e l’astensione sul testo complessivo. presumibile quindi che il disegno di legge uscito dalla Commissione non trovi grandi ostacoli alla sua approvazione definitiva. Il testo assicura una totale accessibilità ai dati relativi ai servizi resi dalla pubblica amministrazione, con la possibilità per tutti i cittadini di conoscere, tramite Internet, le valutazioni sulla carriera dei pubblici funzionari. Via libera anche a un’Authority per la trasparenza e la valutazione che avrà il compito di verificare il buon funzionamento dei nuclei di controllo che presiedono alla valutazione degli enti pubblici. E poi un nuovo meccanismo di premi per chi lavora bene e controlli più severi nel periodo di assenza del dipendente (nel caso di falsi certificati di malattia scatta il licenziamento anche per il medico). A febbraio 2008 era scaduto il contratto del pubblico impiego. Brunetta: «I sindacati non riusciranno a rubarmi più del 10 per cento del mio tempo». Ma la situazione si sblocca soltanto ad ottobre quando il governo propone aumenti di retribuzione di 70 euro lordi al mese (cifra che gli evita l’aumento delle risorse della Finanziaria). Il protocollo d’intesa viene rifiutato dalla Cgil mentre lo firmano Cisl, Ugl e Uil. Per Brunetta, «visti i chiari di luna dell’economia, si tratta di un contratto onesto. E anche se meno ricco che in passato, può comunque contare su 6 miliardi e garantirà aumenti di fatto del 6-7% nel biennio». La volontà è di rinnovare tutti i contratti di comparto entro il 2008, anche a costo di procedere unilateralmente: «E in quei comparti pubblici nei quali la contrarietà della Cgil potrebbe non far raggiungere il 50%+1 della rappresentatività necessaria, io da gennaio pago lo stesso gli aumenti».