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 2008  dicembre 30 Martedì calendario

Venerdì 6 giugno a New York, in una giornata frenetica che vede la sospensione automatica degli scambi di futures e manda in fibrillazione i mercati azionari, il prezzo del petrolio fa un balzo in una sola seduta di 10 dollari, il più forte di sempre, e raggiunge i 139 dollari al barile, quota record fino a quel momento

Venerdì 6 giugno a New York, in una giornata frenetica che vede la sospensione automatica degli scambi di futures e manda in fibrillazione i mercati azionari, il prezzo del petrolio fa un balzo in una sola seduta di 10 dollari, il più forte di sempre, e raggiunge i 139 dollari al barile, quota record fino a quel momento. Tra le cause della brusca impennata la dichiarazione di un ministro israeliano, che ha definito «inevitabile» un bombardamento dell’Iran, suggerendo quindi la possibilità di un nuovo destabilizzante conflitto in Medio Oriente. In realtà la corsa al rialzo del greggio dura ormai da mesi. Di lì a poco, l’11 luglio, toccherà il suo picco storico: 147 dollari al barile. Insieme ai prezzi degli alimentari e delle materie prime in genere e ai guai già evidenti delle banche (ai quali in Italia si affianca il basso livello dei salari) il caro-greggio determina una spirale negativa nell’economia che si traduce in una sola parola: crisi. Dal periodico sondaggio condotto da Renato Mannheimer per sapere su quali punti gli italiani si aspettano un intervento del governo, in giugno risulta che al primo posto, per la prima volta da parecchio tempo, ci sono i prezzi. La roba costa troppo, gli italiani comprano sempre meno: in un anno i consumi di pane sono calati del 5,5%, quelli della pasta del 2,5%, le vendite delle automobili sono precipitate (-19,8% a giugno), quelle dell’abbigliamento sono di fatto a -5,5%. Il petrolio aveva già superato la soglia dei 100 dollari al barile ai primi di febbraio, in termini reali una cifra comunque ancora lontana da quella raggiunta nella crisi petrolifera del 1979-81, in coincidenza con la rivoluzione islamica a Teheran e la guerra Iran-Iraq. Gli analisti hanno calcolato che, considerando l’inflazione successiva, nell’81 il greggio arrivò a un costo corrispondente a 78-79 euro di oggi, contro i 65-66 di fine gennaio 2008. La corsa però continua: in giugno le quotazioni macinano nuovi record superando i 140 dollari al barile. Così per gli italiani si profila, con le vacanze alle porte, un’estate più austera del solito. Effetti immediati per gli automobilisti: il prezzo di un litro di carburante sfiora 1,60 euro. Al danno si aggiunge la beffa per chi ha scelto un’auto con motore diesel pensando di risparmiare: in maggio il prezzo del gasolio ha superato quello della benzina per attestarsi poi grosso modo allo stesso livello della verde, quando per anni aveva goduto di un margine di vantaggio tra i 18 e i 20 centesimi al litro. Il sorpasso induce il Codacons ad annunciare una class action contro le case automobilistiche e i rivenditori, in favore degli automobilisti che di recente hanno acquistato una vettura diesel. Il caro-greggio ha effetti a catena. Il Sole 24 Ore calcola che rispetto al 2007 il pieno costa il 10% in più (da 68,5 euro a 75), l’autostrada il 3%, il trasporto aereo è aumentato del 50%, per esempio un Italia-New York medio è passato da 162 a 240 euro. Pensione media in camera doppia: +4%. Costo cena media per due persone al ristorante: da 80 a 85 euro. Il costo medio di una settimana al mare per quattro persone nel 2008 risulta di 3.100 euro. Il risultato di tutto questo è che le prenotazioni dall’estero sono calate dell’8% e che circa 15 milioni di italiani faranno una settimana di vacanza invece che due. Quanto alla benzina, secondo l’Unione petrolifera a maggio il consumo della verde è sceso del 9,1%, quello del gasolio del 3,5%. Nei primi cinque mesi dell’anno le pompe hanno erogato 164 mila tonnellate di combustibile in meno. Una volta toccato il massimo storico, però, le quotazioni del petrolio cominciano a scendere, fino ad arrivare a dicembre sotto i 40 dollari al barile. «La buona notizia è che i prezzi sono più bassi. Quella cattiva è che la colpa è della debolezza dell’economia» commenta Tancred Lidderdale, economista del Dipartimento statunitense dell’Energia. La contrazione delle quotazioni sarebbe un effetto classico da recessione: il greggio costa meno perché se ne compra di meno e se ne compra di meno perché l’attività economica ha rallentato. Spinta dai rincari del petrolio e delle materie prime, in giugno l’inflazione tocca quota 3,8%, il livello più elevato degli ultimi dodici anni. Accanto agli aumenti del gasolio (31,2%) e della benzina (12,6%), spiccano le impennate di tutte le materie prime, compresi i generi alimentari. Le ragioni della forte instabilità dei prezzi, secondo Renato Pieri, direttore dell’Alta scuola di economia agro-alimentare dell’Università Cattolica, vanno ricercate nei cambiamenti della politica agricola europea, nelle scelte energetiche e nello scenario economico internazionale. Nel 2007 è esplosa la domanda di beni alimentari in Cina e in India: l’aumento di reddito è andato quasi tutto in richiesta di cibo. decollata anche la richiesta di alimenti per nutrire gli animali. E, infine, è cresciuta la domanda di cereali da destinare alla produzione di etanolo. «Davanti a un triplo boom di queste dimensioni l’offerta non riesce ad adeguarsi». E l’Istituto internazionale per la ricerca sulle politiche alimentari prevede che i prezzi dei cereali continueranno a crescere tra il 10 e il 20 per cento fino al 2015.