Annuario Panorama 2008, 30 dicembre 2008
Ad Amstetten, in Austria, Josef Fritzl, un ingegnere elettronico di 74 anni, teneva segregata in cantina dal 1984 la figlia Elisabeth
Ad Amstetten, in Austria, Josef Fritzl, un ingegnere elettronico di 74 anni, teneva segregata in cantina dal 1984 la figlia Elisabeth. Per ventiquattro anni nessuno aveva saputo più nulla di lei, della sua reclusione, delle violenze sessuali cui veniva sottoposta, dei bambini nati dalla relazione incestuosa. Durante la sua carcerazione la donna ha messo al mondo sette figli: uno è morto quando era ancora neonato. Gli altri, tre maschi e tre femmine, hanno oggi tra i cinque e i diciannove anni. Sono figli del loro nonno. A Rosemarie, moglie sua e madre di Elisabeth, Josef disse che la ragazza era scappata di casa per unirsi a una setta religiosa. Inoltre l’uomo fece crescere i primi tre bambini avuti con Elisabeth in casa sua, adottandoli e fornendo alla moglie la versione che erano stati abbandonati dalla ragazza davanti a casa. Rosemarie afferma di aver sempre creduto alle storie che le raccontava il marito e di non non aver mai notato niente di anormale in lui. L’orrore è emerso il 26 aprile quasi per caso, dopo che il padre-nonno ha accompagnato presso l’ospedale della città una delle figlie nate dal rapporto incestuoso, una ragazza di 19 anni affetta da una grave malattia. «L’ho trovata per strada davanti a un palazzo. Neppure riesce a parlare», ha detto. La storia è rimasta in piedi per pochi minuti. Fritzl, interrogato dalla polizia, ha confessato di aver segregato Elisabeth per impedirsi altre violenze sessuali: era stato già condannato nel 1967 per aver stuprato due sconosciute. Nel 1984 ha così trasformato la figlia di 18 anni in una schiava. Ha dichiarato al suo avvocato: «Non sono un mostro. Se avessi voluto avrei potuto uccidere tutti. Non sarebbe rimasta traccia. Nessuno se ne sarebbe accorto». Infatti per 15 anni, tra il 1978 e il 1993, ha continuato ad ampliare e ristrutturare la prigione-cantina: due porte, da mezza tonnellata, di cemento armato. Per accedere alla tana, ampliata da 35 a 55 metri quadri dopo la nascita del quarto figlio, se ne devono aprire otto, attraversare poi un cunicolo di cinque metri e aver accesso infine a poche stanze senza finestre, con qualche letto, un minibagno, un angolo cottura, una tv con videoregistratore e una radio, unici collegamenti con il mondo esterno. Per il capo dell’inchiesta, Franz Polzer, la famiglia segreta doveva riprodurre quella ufficiale, andata presto distrutta. Il disegno folle è riuscito: Josef ha avuto 7 figli dalla moglie Rosemarie e 7 dalla figlia Elisabeth. Entrambe, nella medesima sequenza, hanno partorito due gemelli. Fritzl era anche ricco, con un patrimonio tra i 5 e i 7 milioni di euro. Case, negozi e ristoranti dati in affitto. Non si capisce come un elettrotecnico in pensione, a lungo disoccupato, sia riuscito ad accumulare una simile fortuna. Proprio il denaro lo avrebbe indotto ad una sfrenata vita da maniaco. Dalle indagini emerge che frequentava abitualmente diversi bordelli, spendeva mille euro a notte, si imbottiva di pillole e pretendeva prestazioni estreme dalle prostitute. La perizia psichiatrica lo descrive «pienamente capace di intendere e di volere». La dottoressa Kastner, che lo ha incontrato varie volte, lo dipinge come «un vulcano. Si sente lacerato, ha dichiarato di avere una vena maligna». Grazie a un’intelligenza sopra la norma, ha condotto la sua doppia vita senza soccombere all’ansia. «Sono nato per stuprare» proclama, prima di raccontare la sua infanzia di bambino indesiderato e maltrattato, la madre che ne ignorava i bisogni più elementari, la mancanza della figura paterna. Elisabeth era diventata così la sua vittima predestinata. Dal momento in cui riuscì a rinchiuderla in quella cantina, ricorda Josef, «non ebbi più rapporti con mia moglie Rosi. Finalmente avevo un essere umano tutto per me. Non l’ho mai guardata in faccia, mentre facevamo sesso. Le ho fatto fare tanti figli perché rimanesse con me». L’Austria si è trovata così di nuovo sotto choc dopo il caso di Natascha Kampusch, la ragazza rapita nel 1998 quando aveva dieci anni e tenuta segregata per otto in un garage a Vienna da un carceriere che, scoperto, si tolse la vita. Un incubo di 3.079 giorni che Fritzl ha fatto rivivere al Paese.