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 2008  dicembre 30 Martedì calendario

DA DISTRICARE


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30 Dicembre 2008

«COSMESI CONTABILE»


INFRASTRUTTURE SPA


Retroscena


La relazione
dei magistrati
contabili

I personaggi


FINANZA COMPLESSA


LE COLPE DEI MANAGER


’Ferrovie, il conto
ai nostri nipoti”

La Banca di Russia ritarda
una svalutazione del rublo
che crea imbarazzo a Putin


Così la crisi fa riscrivere
i film classici del Natale







Nel 1996 l’Erario
si accolla 31 miliardi
di euro di prestiti





Doveva finanziare
l’Alta Velocità, è costata
alle casse altri 13 miliardi

La Corte dei Conti: 44 miliardi di debiti
di Tav e Fs caricati sui bilanci dello Stato

G. PAOLUCCI E R. ZANOTTI




I derivati hanno
prodotto un passivo
di 126 milioni dal 2006





«Mai responsabili
e nemmeno oggetto
di indagini interne»


I film di Natale più amati riguardano il tema del riscatto personale - un tema che spesso viene sviluppato in ambito bancario o di affari. Breakingviews ha immaginato come tre dei più popolari film classici di Natale potrebbero essere sviluppati per riflettere la crisi sul mercato del credito.
Il canto di Natale. Dopo le visite dei fantasmi del Natale passato, presente e futuro, Ebenezer Scrooge decide di cambiare vita, come nell’originale. Ma il mutuante avaro si ritrova vittima di una serie di richieste di copertura e deve lasciare a casa Bob Cratchit. Poiché a nessuno piace un finale triste, un pacchetto di stimoli fiscali permette a Cratchit di ottenere un lavoro nel settore pubblico e di evitare lo sfratto.
Miracolo nella 34a strada. Dopo aver assunto Kris Kringle per fare Babbo Natale nel suo negozio, Macy’s presenta la richiesta di protezione fallimentare prevista dal Capitolo 11, poiché non è in grado di ristrutturare il debito aggravato dalla sua rilevazione con capitale di prestito. Kringle va, invece, a lavorare a Wal-Mart. Un profilo psicologico lo fa internare. Fred Gailey persuade il tribunale delle vera identità di Kringle, sostenendo che se la gente ha potuto credere che i rendimenti di Bernard Madoff erano reali, possono certamente credere a Babbo Natale. La disillusione di Susan non può essere eliminata, poiché le severe condizioni di finanziamento rendono impossibile a Kringle di esaudire il sogno di comprare una casa in periferia. Ottiene tuttavia una Nintendo Wii.
La vita è meravigliosa. Henry Potter, di umore funesto alla vigilia di Natale 2006 poiché quella spilorcia della sua banca gli ha addebitato enormi commissioni, ha inviato i suoi clienti al creditore ipotecario George Bailey, cui piace dare prestiti convenienti alle persone povere. L’angelo Clarence Odbody lo va a trovare per rivelargli che se Henry non fosse mai esistito, Bedford Falls sarebbe stata Baileyville - una città in un ciclo economico di espansione e di recessione devastata da un eccessivo leverage. Dopo il riconoscimento per quello che ha fatto per la società, torna a casa per trovare amici poveri e la famiglia, grato a Potter per averli salvati da loro stessi. /
Per approfondimenti: http://www.breakingviews.com/
Con il contributo delSvalutando il rublo, la Banca di Russia sta tentando di impedire che un atterraggio morbido si trasformi in caduta libera. Negli ultimi mesi ha cercato di fare in modo che la moneta scivolasse senza strappi, allargando gradualmente la banda di oscillazione di riferimento rispetto al dollaro e all’euro. Però la svalutazione accelera. Con il calo di lunedì, al momento sono 12 le mini-svalutazioni subite dal rublo dall’11 novembre.
Dal mese di agosto, la valuta russa è scesa del 20%. Nello stesso periodo, le riserve in valuta estera sono diminuite del 25% a circa 450 miliardi di dollari, in parte poiché sono state impiegate per difendere il rublo. La Banca di Russia avrebbe potuto risparmiare questo denaro, consentendo un’unica forte svalutazione quando i prezzi del petrolio sono precipitati. Il petrolio e i prodotti collegati rappresentano oltre il 70% delle esportazioni russe.
Il Paese sembra andare verso il suo obiettivo dichiarato di una valuta libera - che permetta alla Banca centrale di concentrarsi esclusivamente sulla lotta all’inflazione - più rapidamente di quanto previsto. Ma raggiungere questo obiettivo potrebbe essere ancora doloroso e per il rublo un «hard landing» sembra sempre più probabile.
Per il governo russo l’argomento principale contro una svalutazione unica sembra essere la possibilità che tale svalutazione apra la strada a un corsa alle banche per ritirare i depositi, simile a quella del 1998 quando Mosca scatenò il panico per l’incapacità di far fronte al suo debito estero. Ma oggi, i mercati sono già preparati a ulteriori cali del rublo che, secondo la maggior parte degli analisti, necessita forse di un’ulteriore svalutazione del 20% prima di stabilizzarsi.
Allora perché la Banca di Russia rimanda una decisa svalutazione? Forse la risposta è che rendendo ufficialmente più povera la Russia, una svalutazione svelerebbe ai russi che la prosperità attribuita a Putin era basata sul forte rialzo dei prezzi del petrolio e su poco altro. /
(Traduzioni a cura del Gruppo Logos)Operazioni di «cosmesi contabile», costi caricati in maniera iniqua sulle generazioni future fino al 2060, una gestione finanziaria approssimativa, scelte politiche non efficienti e scelte contabili che sembrano fatte apposta per ingenerare confusione. E, da ultimo, 44 miliardi di debiti contratti dalle Ferrovie e accollati allo Stato nonostante la vecchia holding sia stata ufficialmente privatizzata almeno fin dal 1992. Una cifra iperbolica, tanto da superare la finanziaria triennale di Tremonti, ferma a 39 miliardi.
Come è stato possibile lo spiega l’ultima relazione della sezione centrale di controllo della Corte dei Conti che ha analizzato due diverse operazioni. La prima ratificata con la legge 662, approvata il 23 dicembre del 1996 (due giorni prima di Natale). L’Erario si accollò tutti i prestiti stipulati e quelli in procinto di esserlo, alla data del 31 dicembre 1996. Risultato: 31.193.478.511 euro a carico dei cittadini. Operazione appunto definita dai magistrati istruttori Aldo Carosi e Fabio Viola: «Cosmesi contabile al bilancio delle Fs con il fine di migliorarne indirettamente il conto economico». La seconda è più recente: la fallimentare nascita di Ispa (Infrastrutture Spa), società costituita nel 2002 con lo scopo di finanziare l’Alta Velocità. Ispa avrebbe contratto prestiti con banche internazionali e avrebbe prestato denaro a Rfi-Tav tramite l’emissione di proprie obbligazioni e la creazione di un patrimonio separato. I prestiti contratti da Ispa avrebbero dovuto essere restituiti grazie agli introiti ottenuti dall’Alta Velocità. Peccato - notano i giudici - che nessuno studio di fattibilità abbia mai dimostrato che la creazione di Ispa fosse più vantaggiosa nella raccolta dei prestiti. Peccato che il patrimonio separato si sia rivelato «sostanzialmente inconsistente in quanto basato su ricavi futuri stimati approssimativamente». E peccato soprattutto che Ispa, nata per non far ricadere sul bilancio statale i costi dell’Alta Velocità, avesse su quel debito la garanzia dello Stato. Eurostat, in virtù di quella garanzia, ha imposto di far rientrare i debiti di Ispa nel bilancio dello Stato. A quel punto (nel 2005) la società è stata sciolta e incorporata nella Cassa Depositi e Prestiti. I debiti contratti sono finiti di nuovo nel calderone dell’Erario statale: altri 12.950.000.000 di euro scaricati sul pubblico. E dire che il presidente di Ispa, l’ex ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio, nel 2003 aveva dichiarato al Senato che la società non avrebbe mai pesato sul debito pubblico. La realtà dei fatti ha dimostrato il contrario.
C’è anche dell’altro, nell’analisi dei magistrati contabili. Ad esempio, quei «ricavi futuri stimati approssimativamente», finivano comunque per essere pagati dalle casse dello Stato. «Gravanti direttamente o indirettamente su risorse pubbliche - è scritto nella relazione - sfruttamento delle tratte da parte di gestori, in prevalenza pubblici, di trasporti ferroviari, integrazioni a piè di lista caricate direttamente dalla legge sull’Erario».
Poi, il capitolo della gestione finanziaria. Scrive ancora la Corte dei Conti: «Complesse clausole finanziarie penalizzano spesso la parte pubblica, la quale, anche a causa dell’insufficienza di un’azione conoscitiva di supporto, tende ad eseguire pedissequamente gli articolati contrattuali, senza valutare l’opportunità di azionare opzioni in essi contenute». Come dire: i funzionari si sono limitati a pagare le rate dei prestiti senza controllare se ci fosse un modo per pagare meno. Un esempio? I famigerati derivati. La Corte calcola che quelli sui prestiti Ispa sono costati allo Stato, complessivamente, 126 milioni di euro in tre anni e chiede delucidazioni al Ministero. Risposta: sì, ma il prossimo anno, forse, ne incassiamo 15. Peccato, notano i giudici, che le previsioni precedenti si siano rivelate sballate. Ancora: perché i contratti su due prestiti, simili per caratteristiche e ammontare, sottoscritti a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro con Depfa e Morgan Stanley, hanno tassi tanto diversi, rispettivamente del 4,8% e del 5,48%? «La circostanza lascia perplessi», scrivono laconicamente i magistrati contabili, che tirano in ballo le responsabilità dei manager pubblici mai stati fatti oggetto di indagine interna e mai stati chiamati a rendere conto delle loro azioni.
«Vicenda emblematica e fortemente rappresentativa», conclude la Corte. Lo terranno presente i nostri nipoti.


Su Ferrovie G. Paolucci e R. Zanotti