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 2008  dicembre 30 Martedì calendario

Se il Pd è uscito sconfitto dal confronto con il PdL di Silvio Berlusconi, chi ha perso più di tutti nelle elezioni del 13 e 14 aprile è stata la sinistra radicale, insieme ai Verdi polverizzata dal voto e cancellata in entrambi i rami del Parlamento

Se il Pd è uscito sconfitto dal confronto con il PdL di Silvio Berlusconi, chi ha perso più di tutti nelle elezioni del 13 e 14 aprile è stata la sinistra radicale, insieme ai Verdi polverizzata dal voto e cancellata in entrambi i rami del Parlamento. Non era mai successo. Subìta (e osteggiata) la scelta di Veltroni di correre da solo, i partiti che formavano l’ala sinistra della coalizione guidata da Romano Prodi si erano presentati sotto un’unica lista chiamata Sinistra Arcobaleno. Con Rifondazione, Comunisti italiani e Verdi c’era anche la Sinistra democratica di Fabio Mussi, ossia il gruppo di diessini che non aveva accettato la confluenza nel Partito democratico. La Sinistra Arcobaleno, i cui componenti due anni prima avevano raggiunto nel complesso circa il 10 per cento dei consensi, non riesce a superare la soglia di sbarramento né alla Camera né al Senato. «Un partito che pensa solo agli omosessuali e agli zingari, mentre dei lavoratori se ne è sbattuto fino all’altro giorno», è il commento lapidario di Luca, quarant’anni, operaio alla Fiat Mirafiori, raccolto da Liberazione. « un disastro» secondo Fausto Bertinotti, candidato premier del cartello elettorale. Nessuno incarna meglio di lui, fino a poco tempo prima presidente della Camera, il peso dello schiaffo elettorale. Il 15 aprile Bertinotti annuncia le dimissioni «dai ruoli di direzione». Le prime stime sui flussi di voto fanno dire agli esperti che una buona parte degli elettori del 2006 ha scelto il cosiddetto voto utile (premiamdo il Pd) o voluto punire la sinistra radicale perché ritenuta d’ostacolo all’azione del governo Prodi. E, tra gli ex votanti, c’è anche chi «ha scelto una diversa radicalità, optando per la Lega e, soprattutto, per Di Pietro» (Renato Mannheimer). In Rifondazione, come nelle altre formazioni della lista, si prepara quasi subito la resa di conti. Il progetto di Bertinotti di dar vita dopo le elezioni a un partito unico della sinistra, un’idea condivisa dai Verdi e da Sinistra democratica, viene ora bocciata da diversi esponenti di spicco di Rifondazione (la fronda è guidata dall’ex ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero) e dei Comunisti italiani. Il 20 luglio al congresso del Pdci a Salsomaggiore, Oliviero Diliberto viene riconfermato segretario e lancia un appello al Prc per l’«unità dei comunisti». Una settimana più tardi il congresso di Rifondazione a Chianciano si conclude con la vittoria di Ferrero. La linea vincente è: nessun accordo col Pd, nessuna vocazione a farsi classe di governo. Nichi Vendola, che ha la maggioranza relativa del partito col 46 per cento dei consensi, dice che per ora non farà scissioni. Sempre a Chianciano s’è svolto anche il congresso dei Verdi, in cui s’è sfiorata la rissa: contestatissimo Alfonso Pecoraro Scanio, Grazia Francescato è il nuovo presidente. Nuovo leader, già da maggio, anche in Sinistra democratica: Claudio Fava prende il posto di Fabio Mussi.