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 2008  dicembre 30 Martedì calendario

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

LONDRA – Dieci anni fa molti analisti anglosassoni sostenevano che l’euro, lanciato il primo gennaio del 1999, sarebbe stato utile come « toilet paper currency ». In effetti la moneta europea cominciò a scendere, mentre la sterlina correva: fino a un massimo di 1,7 euro per comprare un pound britannico, nel 2000. Ieri pomeriggio i commenti nella City cominciavano con « inevitable »: ineluttabile è la parità tra le due monete.
Perché la valuta dell’Unione ha toccato un nuovo record positivo di cambio: una sterlina compra solo 1,023 euro.
Significa che il turista inglese che vuole attraversare la Manica e va da un cambiavalute di Oxford Street in teoria riceve una banconota da 100 euro pagando 99 sterline e 11 pence, in pratica ha di meno perché deve sborsare anche la commissione. Rovesciando il conto, l’euro vale 0,97993 sterline, mentre solo un anno fa valeva meno di 75 pence. Manca solo una dichiarazione ufficiale di parità.
Ma a parte lo choc per i turisti britannici che tornano un po’ umiliati dalle escursioni in Francia o in Spagna e scoprono di dover fare le vacanze in patria, l’ascesa dell’euro ha riaperto il dibattito accademico sull’opportunità che il Regno Unito salga a bordo della moneta europea. Il primo gennaio 1999 fu adottata da 11 Paesi (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo e Spagna). Il governo Blair se ne guardò bene e Gordon Brown, allora cancelliere, fu tra i più convinti nel dire no all’abbandono della sterlina. Da allora sono entrati Cipro, Grecia, Malta e Slovenia. A inizio 2009 tocca alla Slovacchia.
Con la crisi finanziaria, lo scetticismo britannico ha subito qualche colpo nella sua rocciosa certezza di superiorità sul resto del continente europeo. Il Financial Times scrive che prima o poi il pragmatismo di Londra prevarrà e «gli inglesi potrebbero decidere di amare l’euro». L’Observer spiega che con la politica di indebitamento pubblico per uscire dalla recessione sposata dal governo Brown, e con la City che dovrà chiedere almeno 100 miliardi di sterline l’anno per il futuro prevedibile, «l’adesione all’euro sta diventando una via di fuga attraente». Anche se «politicamente tossica ».
Andare a un referendum per pensionare per sempre i biglietti con il volto della regina infatti è visto ancora come sinonimo di suicidio per qualsiasi governo britannico. Oltre ai conti economici ci sono ragionamenti politico- patriottici in gioco.
Sul fronte finanziario uno svantaggio sarebbe che la Banca d’Inghilterra, senza sterlina, non potrebbe più decidere i tassi, come ha fatto in modo aggressivo in questa crisi, aggiustandoli ai soli bisogni del mercato di casa, senza dover amalgamare le scelte con quelle dei 16 Paesi dell’euro. E poi una sterlina debole rispetto all’euro aiuta a riequilibrare la crescita dai consumi verso la produzione e l’esportazione.
Resta il periodo di gloria della ex «toilet paper currency». L’euro è forte anche sul dollaro: ieri ha chiuso a 1,43. E l’ex capo della Federal Reserve Alan Greenspan ritiene concepibile che della nazione».
«un giorno rimpiazzi la moneta americana come valuta di riserva».
E resta il sense of humour.
Un lettore ha appena scritto al Times: «Sir, con la sterlina che precipita, quale momento matematicamente migliore per passare all’euro? Voglio dire: con la parità 1 a 1 non dovremmo nemmeno cambiare i prezzi al supermercato, non dovremmo fare calcoli. Anche se questa comodità andrebbe a detrimento dell’esercizio mentale e dunque dell’agilità aritmetica Regina d’oro
Un esemplare del 1958 della popolare sterlina d’oro da collezione con l’effigie della regina Elisabetta II Guido Santevecchi