Lorenzo Salvia, Corriere della Sera 30/12/2008, 30 dicembre 2008
ROMA – «
Liberazione? No, no, aspetti un attimo...». Per fare spazio al ragionamento Massimo Fagioli sposta in un angolo il televisore ultrapiatto, un po’ troppo grande per questa mansarda allegramente incasinata su Largo Argentina. Uno sguardo affettuoso alle foto dei nipotini sopra la scrivania, un altro meno affettuoso alla cyclette che lo fa sbuffare ogni mattina. Poi lo psicanalista che definì Freud un «imbecille» si butta con entusiasmo nella mischia: «Non ne posso più e non lo compro più. Monta un dibattito sul microfallo, parla dell’Isola dei famosi e di Luxuria. Ho anche provato a dare un’occhiata al programma: meglio l’horror, ho preferito "Non aprite quella porta" in dvd. Per queste cose una volta c’erano Bolero film e Grand Hotel ». E invece Liberazione è il quotidiano di Rifondazione comunista. Un giornale di partito in guerra con il partito: forse è davvero il caso di sdraiarsi sul lettino, raccontare i sogni e cominciare dal rapporto con mamma. Breve anamnesi, allora. Il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero dice che il direttore Pietro Sansonetti deve andare via: sostiene che non è in linea con il partito e, vicino alla minoranza di Nichi Vendola (leggi Bertinotti), rema contro. Anzi, con quell’insistenza su temi fru fru a volte sembra quasi provocare. «Provocare? C’è davvero tanto ottimismo in questa ipotesi. No – dice Fagioli – Sansonetti è fermo come un bambino al ’68, alla rivoluzione e alla libertà a tutti i costi. Come quelli che non camminavano perché non bisognava calpestare le formiche. Questo significa essere fuori dal mondo, questa è malattia mentale signori, e se permette io me ne intendo».
Diagnosi pesante ma nemmeno un giorno di prognosi: «Sansonetti se ne dovrebbe andare. Subito. Per il bene di Liberazione
e per il bene della sinistra perché quelle frescacce fanno perdere lettori e anche elettori. Già siamo fuori dal Parlamento, se continuiamo così...». Lettino a parte, cosa c’entra Fagioli con questa storia del giornale di Rifondazione? C’entra perché Fagioli è vicino a Luca Bonaccorsi, l’editore che vorrebbe comprare il quotidiano, ed anche a Fausto Bertinotti. Tanto vicino che il comandante Fausto presentò la sua candidatura alla primarie dell’Unione proprio sotto le volte di Amore e Psiche, la libreria che il creativo professore ha personalmente disegnato e aperto vicino al Pantheon. Qualcuno ha visto la mano di Fagioli dietro la svolta non violenta dell’ex presidente della Camera.
«Non è, come dite orribilmente voi, un fagiolino» cioè una delle centinaia di persone che quattro volte alla settimana seguono le sue sedute di «psicoterapia di folla», cinque ore l’una al democratico prezzo di euro zero (salvo donazioni). «Pur rimanendo comunista – spiega Fagioli – Bertinotti ha preso atto del fallimento del comunismo. Ho grande stima per lui anche se mi ha deluso scegliendo come successore Nichi Vendola ». Perché deluso? «Per carità, puoi andare a letto pure con un termosifone, sono fatti tuoi. Ma non puoi essere allo stesso tempo cattolico praticante, gay e comunista. Niente preservativo, niente aborto, niente fecondazione assistita, però comunista e gay. Una contraddizione in termini». Ecco, il sesso, comprese le accuse di una certa avversione per il mondo gay.
Da buon psicanalista l’argomento non è mai stato laterale nella vita del professore. Fin dai tempi del Diavolo in corpo, il film di Marco Bellocchio con Fagioli nel ruolo di regista del regista che fece uscire dai gangheri il produttore. Troppi esperimenti, si lamentava Leo Pescarolo, come la scena hard girata a porte chiuse, Maruschka Detmers e Federico Pitzalis calati nella parte e nessuno dietro la telecamera per non disturbare. Allora Fagioli venne accusato di aver plagiato Bellocchio. E ancora adesso, quando si parla di psicanalista guru e di setta dei fagiolini, sotto sotto è proprio questo che si intende, il plagio, la cosiddetta massimo’dipendenza.
«Fagiolino» di stretta osservanza è considerato Luca Bonaccorsi, l’editore in pectore che, per invitare Sansonetti a togliere il disturbo, lo ha paragonato al resistente Riccardo Villari. Anche Bonaccorsi è di sinistra ma poco amato a sinistra, accusato di andare in caccia di giornali quasi falliti ma con la dote del finanziamento pubblico. Come nella storia del settimanale Left, dove Fagioli ha la sua corposa rubrica. Buona parte dei giornalisti di Liberazione non vuole Bonaccorsi, oggi Vladimir Luxuria parteciperà ad un sit in di protesta. Left, Bonaccorsi, Fagioli: non è che il salvataggio trascinerà Fagioli sulle pagine del quotidiano di partito? Già che siamo sul lettino, questo vorrebbe dire portare il guru di Bertinotti sul giornale che dovrebbe guardare al dopo Bertinotti. «Non ci penso proprio, ho già tanto da fare», nega il professore. Ma nemmeno lui riesce a spiegarsi la faccenda: «Bonaccorsi è un bertinottiano. Anzi, fu proprio lui a presentarmi Fausto quando venne la prima volta da noi nel 2004 a Villa Piccolomini. E il segretario per salvare il giornale che fa, lo offre alla minoranza che ha sconfitto al congresso? Ferrero è un mistero». Non le piace? «Rispetto a Bertinotti è una figura secondaria. retrivo, fermo alla rivoluzione russa, ma almeno con lui si può litigare. Mica come quei due». Quei due chi? «Vendola e Sansonetti, quelli la rivoluzione la sognano ancora ».
Lorenzo Salvia