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 2008  dicembre 30 Martedì calendario

«Che c’è scritto sulla mia scarpa? », chiede un manifestante nel suo poster, a Beirut. «Hosni Mubarak è deplorevole»

«Che c’è scritto sulla mia scarpa? », chiede un manifestante nel suo poster, a Beirut. «Hosni Mubarak è deplorevole». Da giorni il presidente egiziano si sente dare del traditore nelle piazze del mondo arabo. Le proteste continuano al Cairo, Beirut, Amman, Tripoli. Le accuse: è il «secondino » di Israele, perché tiene chiuso il confine con Gaza (difeso da 10.000 guardie armate), contribuendo a schiacciare economicamente Hamas e affamare i palestinesi; e avrebbe dato luce verde ai raid (Livni era al Cairo 48 ore prima). Ieri il governo egiziano ha replicato risentito, prendendo di petto uno dei principali accusatori: il leader di Hezbollah, il libanese Hassan Nasrallah, che ha invitato gli egiziani a ribellarsi contro Mubarak perché apra il valico di Rafah, infrangendolo se necessario «con i propri petti» (ieri passavano feriti – con il contagocce – e alcuni aiuti; ad Hamas non basta). Il ministro degli Esteri egiziano Ahmed Abul Gheit, in visita in Turchia (meglio rinsaldare le alleanze visti i tempi duri), ha definito le parole di Nasrallah una «dichiarazione di guerra»: «Vuole il caos in Egitto come quello che ha provocato nel suo Paese». Ha aggiunto: «Quest’uomo ha nominato le nostre forze armate. Le onorate forze armate egiziane sono capaci di difendere la patria da gente come lui». Se Nasrallah fa perno sulla solidarietà araba con i palestinesi (e sulla propria popolarità di eroe della guerra del 2006 in Libano contro Israele), il governo egiziano si fida del patriottismo dei cittadini. «Qui c’è grande commozione per i palestinesi ma allo stesso tempo un forte nazionalismo – dice al Corriere Gamal Abdel Gawed Soltan del Centro studi politici e strategici Al Ahram ”. A gennaio ci fu forte pressione perché l’Egitto aprisse il confine. Gli egiziani appoggiavano i palestinesi, finché non accadde». Quando centinaia di migliaia di palestinesi si riversarono nel Paese, «gli egiziani passarono dall’altra parte e chiesero al governo di far rispettare la legge », spiega Soltan. Solidarietà o patriottismo? Non a caso, la Fratellanza musulmana, in testa a molte proteste anti-Mubarak, cerca di sfruttarli entrambi: «Non ci servono i consigli dell’Hezbollah – dice al telefono un membro di spicco, Essam El Erian ”. Sin dall’inizio abbiamo criticato il modo in cui il governo egiziano ha gestito la crisi di Gaza. Non lavoriamo con Hezbollah né con Hamas, appoggiamo i palestinesi perché è nell’interesse nazionale egiziano». Il mini-confronto tra Hezbollah ed Egitto «per i cuori e le menti» degli egiziani si inserisce, secondo gli esperti, nel più ampio scontro di potere tra Egitto, Giordania, Arabia Saudita e Autorità nazionale palestinese da una parte e Hamas, Hezbollah e Iran e Siria (che finanziano e appoggiano i primi due) dall’altra. A Teheran e Damasco vi sono state proteste anti-Mubarak. Il Cairo ha convocato l’ambasciatore siriano osservando che «non sarebbero state possibili senza il permesso del regime » e criticando Damasco perché non esercita un’influenza positiva su Hamas. L’Egitto, mediatore tra Fatah e Hamas, non ha mai nascosto la scarsa simpatia per quest’ultimo, visto come alleato dell’Iran. Lo ha additato come responsabile per i raid a Gaza. Viste le piazze in rivolta, ha moderato i toni, ma non ha soddisfatto Hamas. Il premier turco Erdogan andrà in settimana a Damasco, Amman, Riad e Il Cairo in cerca di un accordo per la pace – tra gli arabi prima che tra Hamas e Israele. Viviana Mazza