Claudio Antonelli, Libero 28/12/2008, pagina 23, 28 dicembre 2008
Libero, domenica 28 dicembre 2008 Mentre il mondo stava soffrendo le conseguenze della crisi asiatica, poi della bancarotta russa, infine del crac dell’hedge fund Ltcm, una delle vittime di quei sussulti finanziari fu il petrolio
Libero, domenica 28 dicembre 2008 Mentre il mondo stava soffrendo le conseguenze della crisi asiatica, poi della bancarotta russa, infine del crac dell’hedge fund Ltcm, una delle vittime di quei sussulti finanziari fu il petrolio. A dicembre 1998 la quotazione del greggio sui mercati mondiali toccò un minimo storico: 9,64 dollari per un barile di North Sea Brent. Cinque mesi fa lo stesso barile costava 147,50 dollari e la Goldman Sachs lo prevedeva a quota 200 entro pochi mesi. Ora viaggia sui 40 dollari e alcuni esperti sostengono che potrebbe tranquillamente scendere alla metà di questo prezzo. Di fronte a tali oscillazioni delle materie prime e soprattutto del greggio si può trarre una serie di esperienze: il passato ci serva da ammonimento. Come non esistono i rialzi senza fine, lo stesso vale per i ribassi. Quindi il primo monito è: diffidare dalle previsioni a lungo termine. Secondo, la storia del petrolio ha subito alti e bassi così estremi che nei picchi non hanno guadagnato solo gli speculatori e i produttori ma anche i trasformatori. l’estrazione Il costo dell’estrazione varie dai 2,6 dollari al barile in Arabia Saudita dove -volgarmente parlando - basta fare un buco sotto la sabbia per raccoglierlo ai 38 dollari in località come l’Artico o certi fondali brasiliani o venezuelani dove abbonda la presenza di sabbie bituminose. nelle acque a largo della Nigeria, a 3 mila metri di profondità, i costi al barile non superano di media i 18 dollari e in Angola, dove le profondità sono più contenute, i 15/16 dollari. Di conseguenza il resto del prezzo è fatto per una cifra variabile tra i 2 e gli otto dollari dai costi del trasporto in giro per il mondo e per una cifra che viaggia tra i 5 e i 30 dollari dalla spesa per la ricerca e lo sviluppo. In altre parole questa ”tassa” è il rincaro che le compagnie petrolifere aggiungono a ciascun barile per trovare nuove tecnologie in grado di spostare la prospezione in luoghi sempre più ardui. Più si creano margini e più possibilità ci sono di trovare altro petrolio. Fino a dieci anni fa solo la fantasia dei tecnici avrebbe immaginato navi in grado di estrarre greggio a oltre tremila metri di profondità. Invece oggi è la realtà. Al tempo stesso i vecchi business plan delle compagnie petrolifere scartavano a priori la possibilità di estrarre minerali dalle sabbie bituminosi, oggi, al contrario, grossi investimenti hanno permesso l’apertura di enormi pozzi sopra i giacimenti un tempo snobbati. Ovviamente, nessuno a parte le compagnie stesse sa esattamente quanto consistono le spese di ricerca e sviluppo e quanto, invece andrebbe aggiunto ai margini. la storia Già alquanto elevati. L’ultimo bilancio della British Petroleum sotto la voce guadagni si leggeva la cifra di oltre 13 miliardi di euro. A questa fisarmonica si deve aggiungere la speculazione finanziaria legata ai future e altri strumenti. Fino alla crisi del 1973, il prezzo reale del petrolio è andato calando costantemente, con un trend quasi-deterministico e bassissima volatilità, saltuariamente interrotto da rapidi e improvvisi, quanto modesti aumenti. Poi ha subito un forte, improvviso, shock nel ”74, si è mantenuto sostanzialmente costante, nell’area 60-80 dollari fino al 1979-80. Seguito da due fasi di recessione, complessivamente piuttosto lunghe. Dopo di che ha ripreso il suo trend discendente che si è interrotto, durante tutto il 1985, al raggiungimento della stessa area di prezzo 60-80 dollari tipica della seconda metà degli anni ”70. Dopo un rimbalzo fino a sfiorare 80 dollari, il barile è sceso nel 1986, riprendendo sostanzialmente la lenta discesa del periodo 1959-1974, solo con una volatilità più grande. La discesa è interrotta solo alla vigilia della prima guerra del Golfo, da un nuovo shock che ha brevemente riportato il prezzo nella solita area 60-80 dollari. Infine abbiamo visto la lenta discesa degli anni ”90, fino a che i 5 dollari al barile sembrano ormai essere dietro l’angolo. Meta che non ha mai raggiunto. La risalita verso i 60 dollari è stata lenta. Poi si innescata la speculazione che rientra nelle recenti cronache finanziarie. Fino allo scorso agosto, quando lo stesso re dell’Arabia Saudita Abdallah annuncia l’aumento della produzione nel tentativo di stoppare l’impennata del prezzo. Ora che la crisi globale ha tagliato la bolla della speculazione l’Opec taglierà nuovamente la produzione mondiale nel tentativo di riportare il prezzo a 60/70 dollari. valore considerato ottimale dai petrolieri e dagli sceicchi. Comprensivo di tutti i margini e i guadagni spropositati che ne conseguono. Claudio Antonelli