Renzo Guolo, la Repubblica 29/12/2008, pagina 19, 29 dicembre 2008
la Repubblica, lunedì 29 dicembre 2008 Cola su Gaza il "piombo fuso" di Israele. Operazione programmata da tempo, che sancisce la fine della tahadiyeh, la tregua breve, già incrinata dal lancio di razzi sulle città del Negev da parte di Ezzedin Al Kassam, il braccio militare del movimento islamista palestinese
la Repubblica, lunedì 29 dicembre 2008 Cola su Gaza il "piombo fuso" di Israele. Operazione programmata da tempo, che sancisce la fine della tahadiyeh, la tregua breve, già incrinata dal lancio di razzi sulle città del Negev da parte di Ezzedin Al Kassam, il braccio militare del movimento islamista palestinese. possibile che ai pesanti raid israeliani, condotti secondo modalità che ricordano lo "shock and awe" dell´Air Force americana in Iraq e destinati a provocare un elevato numero di vittime civili in un contesto ad altissima densità abitativa come la Striscia, segua un´offensiva di terra. Ma il governo israeliano non pare essere interessato a occupare nuovamente la Striscia, rientrando nella trappola da cui Sharon era uscito, quanto a indebolire il potere islamista e imporre una nuova tregua, scandita da rapporti di forza decisamente più favorevoli. Il ministro della Difesa Barak che annuncia giunto il "tempo del combattere" e prefigura un´operazione di non breve durata, è convinto, a ragione, che oggi Hamas goda ancora di notevole consenso nella Striscia e che abbattere il governo "golpista" di Hanyeh e sostituirlo con una leadership legata alla decomposta Anp di Abu Mazen sia prematuro. L´essenziale è che la pressione militare induca la popolazione a premere su Hamas perché accetti una nuova tregua. Esito, quello del rovesciamento, auspicato invece dal ministro degli Esteri, e leader di Kadima, Livni, e dal leader del Likud Netanyahu, il favorito nelle ormai vicine elezioni anticipate di febbraio. Ma in un governo ormai al capolinea dopo il tramonto di Olmert, e diviso al suo interno tra Livni e Barak, è ora il leader laburista a dettare la linea. Nell´attacco a Gaza, il più massiccio dopo il 1967, Barak si gioca la carriera. Difficile relegarlo nell´ombra, nonostante le critiche che, a destra come a sinistra, ne hanno segnato l´esperienza nel governo Olmert, qualora l´assalto all´Hamasland si tramutasse in vittoria politica oltre che militare. La riuscita dell´operazione "Cast Lead", che nell´immaginario collettivo israeliano intende cancellare l´umiliazione della "guerra non vinta" con Hezbollah di due anni fa, dipende anche dalle reazioni di Hamas. Il gruppo islamista, che ha reagito con nuovi attacchi di razzi e dando via libera ad attentati suicidi, ha invocato, con il suo leader politico Meshal, una "terza Intifada" ma sembra, comunque, sorpreso dall´intensità dell´azione israeliana. Anche Hamas sembrava mirare, con la sua "campagna di lancio", più che alla ripresa delle ostilità su larga scala, a una nuova tregua a migliori condizioni: l´obiettivo principale era l´attenuazione del blocco militare ed economico che strangola Gaza. Hamas contava, oltre che sulla carta del soldato israeliano Shalit, ancora suo prigioniero, sulla difficile situazione politica a Gerusalemme. E riteneva che, in vista della scadenza elettorale, nessun leader avrebbe pagato il pesante prezzo non solo di una nuova occupazione della Striscia ma anche di una sicura reazione a un attacco. Un errore di valutazione, che ha rimosso l´imperativo alla sicurezza israeliano. Lo stesso errore compiuto nel 2006, indipendentemente dall´esito politico e militare che ne è seguito, da Hezbollah, quando la sanguinosa imboscata a una pattuglia di Tsahal scatenò la guerra. Un azzardo quello di Hamas perché, proprio in vista delle elezioni anticipate, nessuno dei candidati poteva dimostrarsi debole. Tanto meno il "militare" Barak che, oltretutto, ha proprio tra i kibbutzim del Negev. divenuti bersaglio dei razzi Kassam, la sua base elettorale. Ma, dopo la chiusura dei valichi di frontiera imposta dagli israeliani, le condizioni di vita a Gaza erano divenute insostenibili, mettendo a rischio la stessa credibilità di Hamas come forza di governo. Da qui la fuga in avanti sfociata nella fine della tregua. Le strategie adottate dai diversi giocatori possono, però, come spesso accade in questi casi, mutare per effetto delle scelte altrui. Come è già accaduto a Hezbollah, il controllo della scacchiera può sfuggire di mano. A fianco di Hamas possono entrare in scena nuovi attori: dallo stesso "Partito di Dio", oggi parte del governo libanese, che annunciando l´intenzione di "non lasciare soli" i palestinesi, lascia intravedere l´apertura di un nuovo fronte libanese. Ipotesi che secondo Nasrallah, che l´ha abilmente evocata, potrebbe diventare realtà a seguito di un attacco preventivo israeliano nel "Paese dei cedri"; all´Iran che, a "scopo umanitario", potrebbe violare il blocco navale di Gaza. Il rischio è un effetto domino destinato ad alimentare, anziché spegnere, l´incendio divampato in queste ore. Il tutto in una fase in cui la lunga transizione presidenziale americana non aiuta. Fedele alla linea, Bush si è limitato a invitare gli israeliani a non colpire i civili senza chiedere la fine dei raid. La Rice, unitasi al resto della comunità internazionale nel chiedere il cessate il fuoco, ha poi corretto il tiro. In realtà tutti attendono il cambio della guardia alla Casa Bianca. Per capire se l´amministrazione Obama, presidiata nei ruoli chiave di politica estera dai clintoniani, da sempre filoisraeliani, andrà oltre la, colpevole, inerzia di quella uscente che, ancora poche settimane fa, magnificava le lodi del fantasmico processo di Annapolis. In ogni caso lo scenario di guerra indebolisce, ulteriormente, la residua leadership di Abu Mazen. Da un lato il presidente dell´Anp accusa Hamas di aver lasciato cadere la tregua, divenendo così il principale responsabile della crisi; dall´altro non può assistere inerme, pena la sua totale delegittimazione, a bombardamenti che colpiscono non solo gli acerrimi nemici interni ma il suo stesso popolo. La sensazione è che, anche per lui, la partita in corso possa essere l´ultima. Intanto elezioni presidenziali di gennaio, già ridotte a un simulacro dopo la presa di potere di Hamas nella Striscia, si allontanano. Le alte colonne di fumo che si levano a Gaza rendono l´aria irrespirabile anche a Ramallah, oscurando il futuro dei palestinesi, sempre più divisi e confusi. Renzo Guolo