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 2008  dicembre 27 Sabato calendario

LONDRA

Come suoneria ha l’armonica di "C’era una volta il West". Come cellulari guida due Blackberry. Michael Schumacher veste di marca, ma semplice: pantaloni e maglietta nera. Il 3 gennaio compirà 40 anni. E’ in forma, asciutto, nessuna rotondità. Non è più l’uomo in rosso, ma un super-pensionato della velocità, ricco, realizzato e impegnato, che vive a quindici minuti dall’aeroporto di Ginevra.

Accanto a David Bowie, Athina Onassis, Alain Delon, Sophia Loren, Ernesto Bertarelli (quello di Alinghi) e Ingvar Kamprad, cioè Mister Ikea. Tutta gente che non se la passa male. Da tedesco che ha scelto la Svizzera quando ha nostalgia non s’infila in una lussuosa boutique della carne, ma ai supermercati Aldi, un catena di hard-discount, low cost di qualità. Pane nero, birra, salsicce. Non lo fregavi nei sorpassi, figurarsi negli acquisti. Stessa capacità di capire le traiettorie fuori e dentro la pista. Con una piccola morbidezza in più che gli ha dato l’esperienza in Italia. Schumacher è sceso dalla Formula Uno nel 2006 per salire su qualcosa corra: go-kart, moto, macchine, basta che sia velocità.

Le manca l’adrenalina?
«No. Non devo andare al massimo dei giri per stare bene. Non sono drogato di curve e sorpassi. Mi diverte correre, così per divertimento. E senza obblighi. Quelli non li sopportavo più, mi pesavano orari e impegni. Volevo la libertà di decidere tempi e ritmi della mia vita».

Bella conquista.
«Bella sì, me la sono guadagnata. Tutti mi chiedono: progetti per il futuro? E io che ne so? Dopo 16 anni di corse non ho nostalgia per la professione. E se ho bisogno di qualche sensazione vado a cercarmela. Non è che sono passato dal grande pieno al grande vuoto, ho ancora attività, giro il mondo, ho appuntamenti, incontri, responsabilità. Però ora mi godo le serate a casa, con la famiglia, con i miei cinque cani, due grandi, uno shepard australiano, due Mischlinge, e con gli amici».

Però, chi l’avrebbe detto?
«La vita è unica, bisogna sapersela godere, a me piace la compagnia, non sono un solitario selvatico. E per giocare a calcetto servono gli amici».

Poi birra e patate, davanti al caminetto.
«Sì, davanti alla tv. Con un sigaro, e con i cani accanto. Non guardo i Simpson, c’è di meglio, preferisco Dsf, rete sportiva tedesca, e con tanto calcio e poker. Mi piace fare il patriarca o il cow-boy, adoro quel tipo di atmosfera, tra natura, cavalli e pace. Aprire una bottiglia, condividere il piacere è il massimo. Mia moglie Corinna vorrebbe salvare il mondo, soprattutto gli animali, quelli più indifesi. E’ sempre pronta a costruire un’Arca di Noè per loro. Io mi butto sul tavolo verde».

Gioca a carte con gli amici.
«Sì. A poker. Ma sono serate contenute, al massimo si vince 40 euro. A volte facciamo anche le tre di notte, insomma non guardiamo l´orologio».

Se perde, non avrà problemi di bilancio.
«Mi secca, ma no, nessun problema. Anzi ammetto di essere uno a cui è difficile fare regali, i miei amici ora che arriva il mio compleanno si lamentano: hai tutto, che ti manca?».

Ecco, appunto a 40 anni che le manca?
«Non sono mica vecchio, sto bene, peccato solo che inizio ad avere un po’ di capelli bianchi, magari me li tingo. Ho avuto fortuna, sono soddisfatto, niente feste al caldo, soffro il sole, preferisco il grande nord, la neve e la natura solitaria della Norvegia. E appena posso mi butto a giocare a pallone, sono una furia, mi piace tantissimo, altri slalom. E a proposito, in finale ai mondiali in Sudafrica ci andiamo noi. Vabbè in finale contro l’Italia».

L´Argentina di Maradona non la calcola?
«Su Maradona ct sono dubbioso. E’ un uomo che ha sentito bisogno di eccessi, quelle fragilità è difficile metterle a posto, le metti da una parte, ma non spariscono. Il suo recupero sarebbe una bella storia per lo sport, ma bisognerebbe credere alle favole, non è per me. Ho i miei dubbi, ma gli auguro di farcela. Non è che non capisco».

Cosa?
«La crisi, le crisi, le debolezze. Il brutto momento, il fatto che le fabbriche chiudano, che non ci siano più soldi da spendere. Anche la F.1 deve stare attenta, il portafoglio vuoto non incoraggia investimenti, qualcosa per forza cambierà. Anche se i piloti sono per natura egoisti, chi guida non pensa alla depressione economica, quando sei al volante ti concentri, non stai lì a tormentarti che la generazione prima della tua è stata più fortunata, perché l’economia non era in stallo».

Magari un pilota pensa più alla morte.
«Ci dovrebbero pensare tutti, anche se non corrono in Formula Uno. Per me la morte di Senna nel 1994 è stato un colpo alle mie certezze. Sono rimasto disperato e scioccato. Come si può da un momento all’altro non esserci più? Non avere più parole? Basta, tutto finito, in un attimo. E’ una cosa che devi riuscire a spiegare ai tuoi bambini, alla famiglia, parti e non torni più a casa. Dopo la tragedia di Senna sono corso a fare testamento, prima non ne avevo mai sentito il bisogno. Se fai il mio mestiere alla morte non ci pensi spesso, altrimenti è meglio che vai a piedi. Se poi vinci ti rilassi, i successi sono un buon balsamo, danno leggerezza».

Lei e suo fratello Ralf avete corso a Imola il giorno in cui è morta vostra madre.
«Non è stato un momento facile, ma il mio mestiere ha degli obblighi. Bisogna onorare la propria professione, anche se a volte uno vorrebbe essere da un’altra parte. Non ero felice, ma ho guidato con tranquillità, Todt e gli amici della Ferrari mi hanno aiutato, è stata presa la decisione di spegnare la radio, non avevo interfono, ero solo con me stesso. Ho guidato e vinto. C’è un tempo per tutto, anche per il dolore e per sentire male».

Parlano di dimezzare il personale delle scuderie, i rifornimenti in gara dal 2010 non si potranno più fare.
«Non so quanto si risparmia ad eliminare i pit-stop per il carburante. E il motore unico non è passato. Si cerca sempre di capire se conta più la macchina o il pilota. La verità è che conta l’equilibrio, ognuno deve fare la sua parte. Il miglior pilota non vince sul mezzo peggiore ».

Legge?
«No. Mai fatto. Mai avuto tempo. Ogni tanto qualche film in dvd, l’ultimo che ho visto è stato «21», la storia di un professore del Mit che con un gruppo di studenti di matematica sbanca Las Vegas. Bello».

Lewis Hamilton sbancherà la F1?
«Ha le doti per farlo, ma non so se ci riuscirà. Lo dico con la convinzione che i record sono fatti per essere battuti, servono come motivazione. Hamilton doveva sbloccarsi, lo ha fatto, ha corretto i suoi errori».

Altrimenti?
«Perdere quest’anno sarebbe stata la sua rovina. Un anno, è un caso. Due è statistica. Se avesse visto fallire il suo sogno mondiale, anche in questa stagione, sempre all’ultima gara, sarebbe diventato un dannato, un eterno incompiuto. Non puoi viaggiare a quelle velocità facendoti amica la sfortuna. Lui è riuscito ad evitarlo».

Però Hamilton, da predestinato, dice che vincere 7 mondiali come Schumacher è difficile.
«Difficile, non impossibile. E’ giovane, ha qualità, bisogna anche avere consistenza e continuità. Ogni campione è un individuo unico, per questo è complicato dare paragoni. Non credo nelle repliche».

I tifosi italiani premono per Alonso alla Ferrari.
«I fans sono sempre un po’ umorali, adesso la Spagna nello sport è di gran moda. L’anno scorso nessuno avrebbe cambiato Raikkonen con Alonso, e quest’anno Massa è stato sfortunato. Stagioni bizzarre, in quella passata la Ferrari ha vinto forse inaspettatamente, in questa per un soffio è andata male».

Ma una donna in Formula Uno proprio no?
«Fisicamente la donna potrebbe guidare, non ci sono controindicazioni. Non penso che le donne al volante vadano a schiantarsi sul primo muro. L’Italia ha avuto pilote come Lella Lombardi e Giovanni Amati. Possibile è possibile».

Ma?
«Ma ecco la F1 è una piramide, ci arrivi dopo aver salito tutti i gradini, in genere si inizia dai go-kart, cominci a inserirti in un mondo e in un’atmosfera, che è anche una cultura, a farti amici e nemici. E forse questo mondo è ancora molto maschile, in più con la crisi lo resterà, non vedo aperture, soprattutto ora che ci sono meno soldi. L’automobilismo costa, per la donna è ancora una strada difficile da prendere».

A lei piace guidare su strada?
«Sulle strade svizzere, molto ordinate, sì. Solo che mi fermano».

Per gli autografi?
«Più spesso per eccesso di velocità. Per le multe».

E se guida sua moglie?
«Sono tranquillo, non dico lascia a me il volante. Corinna è brava, dopo 18 anni stiamo ancora bene insieme, è amorevole e adorabile, anche se capita che litighiamo. Di lei mi piace l’armonia, è un’ottima madre e anche una donna aperta e moderna, non tanto tradizionale».

Chi cucina?
«Io quando capita. Soprattutto paste e sughi. Non sono un disastro. Corinna mi lascia fare, si fida, mi applico, con meticolosità».

Figurarsi se non lo era.
«Non sottovaluto i particolari. Seguo la cottura dei primi, non lascio scuocere gli spaghetti, taglio carote e cipolla. Da bravo piccolo chef, le carni invece le lascia a Corinna».

Sorpreso dal successo di Obama in Usa?
«Se rispondo di sì passo per uno che non crede che un nero possa e debba arrivare alla Casa Bianca e governare l’America. Quindi dico che è una piacevole novità, ha una bella immagine, è giovane, ha la forza per fare bene».

E Beckham a Milano?
«E’ un ottimo professionista, no? E’ in una squadra e in una società che funziona».

Ha seguito i Giochi di Pechino?
«Qualcosa, non tanto, più il calcio».

Bolt e Phelps?
«Loro sì. Meraviglie. Hanno spostato i limiti. E’ un piacere guardare atleti così, i record sono performance che non ti lasciano indifferenti. In fondo anche il corpo umano ha il suo motore».

Chi premierebbe tra i due?
«Darei ex aequo, hanno firmato il 2008 in maniera eccezionale. Ho paura di fare torti».

Resta la sfida con Valentino Rossi, con un diverso made in Italy.
«Resta perché non c’è mai stata».

Le andrebbe a metà strada, su tre ruote, su un’Apetta?
«Dite a Valentino che l’aspetto. Mi dica dove e quando. Sempre pronto a dare gas».


(27 dicembre 2008)