Lucia Annunziata, La Stampa 27/12/2008, 27 dicembre 2008
Quelle lacrime di Olindo e Rosa Olindo e Rosa sono stati accuratamente separati. Speravano di poter trascorrere i loro begli ergastoli in una bella e comoda cella matrimoniale, in pratica nel carcere come in un albergo dove si sceglie singola, doppia, eventualmente con letto aggiuntivo per i bambini
Quelle lacrime di Olindo e Rosa Olindo e Rosa sono stati accuratamente separati. Speravano di poter trascorrere i loro begli ergastoli in una bella e comoda cella matrimoniale, in pratica nel carcere come in un albergo dove si sceglie singola, doppia, eventualmente con letto aggiuntivo per i bambini. Li separano 170 chilometri, l’unico modo che hanno per comunicare è attraverso i loro legali che a questo punto sono costretti a fare più volte la spola tra Piacenza e Vercelli. Gli avvocati costano e quando si devono spostare costano ancora di più: un tanto al chilometro, più eventuali pernottamenti e pasti fuori sede, tutti a carico del cliente, come da tariffa professionale stabilita dall’Ordine. Dove prendono tutti quei soldi i coniugi Bazzi-Romano? Non credo che tutto quanto venga pagato dei diritti televisivi acquistati dalla Rai per poter trasmettere a puntate l’intero processo, un’ipotesi che farebbe incavolare ancora più chi paga il canone. RENATA RANTELLA Si fa una giusta domanda. Chi paga la difesa di Bazzi-Romano? Non lo so. Però colgo l’occasione di questa lettera per dire a tutti coloro che si stanno scagliando contro il desiderio di questa coppia di restare unita che a me i due fanno pena. Senza entrare nelle intricate fasi del processo, mi risulta chiara la crudeltà e la premeditazione con cui i coniugi hanno portato a termine i loro delitti. L’innocenza delle vittime, la sofferenza di chi è sopravvissuto aggiunge dolore a dolore. Ma la disperazione della coppia appare anch’essa profonda, e meritoria di considerazione. A me sembrano persone perse al mondo, incapaci di sentire e vivere al di fuori del loro piccolo universo: come due menomati incontratisi in un incubo e a loro agio nell’incubo che da soli hanno creato per altri e per se stessi. La richiesta di una cella matrimoniale è talmente fuori del mondo da non poterci indignare: è semmai ai miei occhi solo un’altra indicazione di quanto queste persone siano «assenti» dal mondo. Le lacrime, mai versate per le vittime, e invece copiose per la loro separazione, cosa altro appaiono se non un ulteriore segno di labilità mentale? Proprio non riesco a non sentire pena anche per loro, anche per quelle lacrime, anche per quelle assurde richieste. Mi domando se la pietà non vada applicata anche agli assassini. Non il perdono legale, perché l’esercizio della legalità è parte necessaria del nostro sistema. Né il perdono umano, che è prerogativa esclusiva delle vittime. Ma il perdono della pubblica opinione forse sì, forse possiamo invocarlo. Quei due sono già persi a se stessi e a tutti. Forse possiamo dimenticarli anche noi, e riconsegnarli al silenzio. Magari sperando che ogni tanto nella loro lunga vita solitaria futura gli sarà permesso di incontrarsi: la tortura, anche quella psicologica, non solo è inammissibile, è anche illegale.