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 2008  dicembre 24 Mercoledì calendario

La Stampa, mercoledì 24 dicembre 2008 Papa Benedetto XVI lo riabilita e l’Onu proclama il 2009 Anno internazionale dell’Astronomia in ricordo di quel 1609 in cui rivoluzionò la visione del cosmo puntando un cannocchiale verso il cielo

La Stampa, mercoledì 24 dicembre 2008 Papa Benedetto XVI lo riabilita e l’Onu proclama il 2009 Anno internazionale dell’Astronomia in ricordo di quel 1609 in cui rivoluzionò la visione del cosmo puntando un cannocchiale verso il cielo. Dovrebbe essere il trionfo di Galileo Galilei. Invece affiora il lato oscuro del grande scienziato: anche lui, il fondatore del metodo scientifico, compilò oroscopi. Per di più inciampando in un clamoroso infortunio. A Ferdinando I de’ Medici pronosticò lunga vita, e il poveretto morì venti giorni dopo. Siamo nei primi mesi del 1609, proprio l’anno che segna l’inizio dell’astronomia moderna. Altri oroscopi con la firma di Galileo riguardano Cosimo II de’ Medici e il nobiluomo veneziano Sagredo, suo tenace protettore. E fin qui, passi. Ma il guaio è che alla Carta 7r degli Astrologica Nonnulla saltano fuori gli oroscopi che Galileo compilò per se stesso e per le figlie Virginia e Livia. Pure questi non azzeccati: per la dolcissima Virginia deduce dagli astri un carattere chiuso e freddo, temperamento che invece caratterizzò Livia. Cose note tra gli storici. Ma rimosse nel timore di intaccare un mito. A tirarle fuori con dovizia di particolari è ora Andrea Albini, un ricercatore dell’Università di Pavia con la passione per la storia della scienza. Oroscopi e cannocchiali è il titolo dissacrante del suo libro, edito da Avverbi. Intendiamoci, quelli di Galileo sono limiti culturali dell’epoca. Nel Seicento fiorivano almeno tre tipi di astrologia: medica, giudiziaria e psicologica. Astrologo fu Keplero, peraltro figlio di una fattucchiera accusata di stregoneria. Astrologo fu lo stesso Newton, che di scienza si occupò per pochi anni e poi preferì fare il direttore della Zecca di Londra e dedicarsi alla teologia, con un debole per il paranormale. Ma la domanda resta: Galileo credeva davvero che il destino fosse scritto negli astri? Tutte le sue opere principali sono un monumento alla Ragione e al metodo sperimentale. Galileo fu così contrario al pensiero magico da rigettare come assurda l’ipotesi che tra il Sole e i pianeti potesse esistere una qualche forma di attrazione senza contatto materiale: Newton arrivò alla legge di gravitazione universale proprio perché la sua mentalità era meno ”materialista” di quella galileiana. Eppure, ci ricorda Albini, a Venezia Galileo sfiorò un processo per aver sostenuto il potere degli astri a rischio di negare il libero arbitrio. La realtà è che gli oroscopi gli servivano per fare carriera (se rivolti ai potenti) o a fare cassa. Galileo aveva una vita dispendiosa. Il fratello Michelangelo, musicista fallito, gli spillava quattrini. A Padova doveva mantenere l’amica Marina Gamba. Un amore sensuale, fatto di carne più che di cervello. L’aveva conosciuta tramite una combriccola di amici scapestrati. Marina aveva ventuno anni, quattordici meno di lui, e forme prosperose. Poteva essere l’avventura di una notte. Invece durò un decennio e gli diede tre figli: Virginia, nata nell’estate del 1600, Livia, venuta alla luce un anno dopo, e Vincenzo, nel 1606. Le bambine seguirono il padre a Firenze e presero poi la via del convento. Vincenzo raggiungerà Firenze quando, nel 1613, Marina Gamba deciderà di sposare un certo Giovanni Bartoluzzi. Era gente di mondo. Galileo, Marina e il Bartoluzzi mantennero rapporti cordiali. Del resto, l’illustre scienziato non disdegnava le ragazze allegre: scrisse un poemetto contro il «portar la toga» perché quest’obbligo, rendendolo riconoscibile come docente universitario, gli impediva di frequentare i bordelli. Per far fronte ai debiti Galileo non si limitò agli oroscopi. Nel marzo 1610, sette mesi dopo aver presentato il cannocchiale al Doge, scriveva di averne già costruiti più di sessanta, in buona parte venduti o donati a suoi potenziali mecenati. Da anni arrotondava le sue entrate con una produzione artigianale di strumenti scientifici, alcuni di grande successo, come il «compasso geometrico militare» e le calamite «armate». Per far fronte alla domanda fin dal 1597 aveva aperto a Padova una piccola fabbrica e stipendiava un tecnico, Marcantonio Mazzoleni, poi morto di peste, ospitandolo nella propria abitazione, un palazzo di tre piani in via Vignali del Santo, dietro la Basilica di Sant’Antonio. Oltre a vitto e alloggio, gli dava sei corone all’anno. Una miseria. Ma in compenso prese alle proprie dipendenze anche sua moglie come cuoca e governante. Astrologica, infine, è la dedica del Sidereus Nuncius, pubblicato in 550 copie nel marzo 1610. Galileo, che sta progettando il ritorno a Firenze, per ingraziarsi Cosimo de’ Medici pensa di battezzare Cosmica i satelliti di Giove, associandoli a un destino principesco. Fa un sondaggio presso il segretario del granduca, proponendo, in alternativa, Medicea Sydera, cioè una dedica all’intera famiglia. La risposta gli giunse il 20 febbraio 1610, e fu favorevole a quest’ultima scelta. Ma ormai Galileo aveva optato per il gioco di parole baroccheggiante Cosimo/Cosmica e le prime pagine del Sidereus Nuncius erano già stampate. Fu così costretto a far coprire sul frontespizio il nome riferito a Cosimo, e sulla pecetta venne impressa la denominazione «medicea». C’è da scandalizzarsi? Chi – pur giustamente – disprezza l’astrologia come inattendibile e del tutto infondata, pensi alle previsioni degli economisti. Piero Bianucci