Giorgia Scaturro, Tuttoscienze 24/12/2008, pagina 27, 24 dicembre 2008
Tuttoscienze, mercoledì 24 dicembre 2008 La casa del futuro? Un ritorno alle radici, letteralmente
Tuttoscienze, mercoledì 24 dicembre 2008 La casa del futuro? Un ritorno alle radici, letteralmente. Il modo più ecologico e futuristico di vivere è sugli alberi, alberi intelligenti, modellati e fatti crescere a misura dei nostri bisogni quotidiani. Lo studio e la progettazione delle case-albero è già al centro dell’attività di un gruppo di scienziati israeliani e statunitensi che hanno unito i risultati delle loro ricerche sulla malleabilità, appunto, delle radici degli alberi. A innescare il progetto è stato il principio dello sviluppo aeroponico delle radici, ovvero la crescita in presenza solo di aria, che Gordon Glaze, fondatore di «Plantware», centro israeliano di orticoltura e design, sta studiando da un decennio. «Non è un procedimento nuovo: di solito si applica a piccole piante e vegetali e, addirittura, già oggi, consente di acquistare la lattuga nei supermercati mentre sta ancora crescendo - sottolinea Glaze -. E tuttavia, per la prima volta, noi abbiamo provato a condurre esperimenti su scala maggiore, al giardino botanico dell’Università di Tel Aviv, il centro di ricerca aeroponica più grande del mondo (dal 2005 consente di far crescere 60 alberi alti anche cinque metri e mezzo ogni sei mesi): ho così scoperto che, se le radici degli alberi sono cresciute in ambiente aeroponico, restano morbide e, quindi, si prestano a essere modellate in tutte le forme che si vogliono, senza essere danneggiate. E se poi vengono trapiantate nel suolo, queste diventano rapidamente dure, perché producono una massiccia quantità di citochinina, un ormone delle piante che ne stimola la crescita». Gli studi di «Plantware» si sono già materializzati in alberi sorprendenti, sagomati come pensiline degli autobus, lampioni e parchi giochi, oppure, ancora, come porta-ombrelli e attaccapanni. «A livello cellulare abbiamo scoperto il modo di dire a un albero in che forma sagomarsi - dice Glaze -: questo vuol dire che adesso possiamo cominciare a produrre in massa radici e alberi che servano per la costruzione di edifici, funzionando allo stesso modo delle travi di acciaio». Il prossimo passo, perciò, sarà modellare una casa-albero. Ma ci vorranno almeno 10 anni prima che le nostre città possano essere abitate dai neo-Tarzan. Nel frattempo gli studi di botanica di Gordon Blaze, Yael Stav e Yaniv Naftaly, dell’Università di Tel Aviv, si intrecciano con la tecnologia studiata da Mitchell Joachim, architetto laureato al Massachusetts Institute of Technology di Boston e membro di «Terreform 1», organizzazione con sede a New York che si occupa di design ecologico. «La mia idea è quella di avere case al 100% biologiche in modo che uomini, animali e organismi possano ricavare da queste il proprio cibo, nel pieno rispetto dei cicli dell’ecosistema. Più che case ecocompatibili saranno parte della stessa ecologia locale». Se il concetto-chiave è l’ecologia, quelle sugli alberi sono quindi destinate a trasformarsi anche in «case da mangiare», dove gli inquilini potranno raccogliere il cibo direttamente dal giardino e dalle pareti esterne, che saranno costituite da un una grata di rami e da una densa rete di rampicanti, cosparsi di tasche di terriccio e piante da coltivazione. Ma come funzioneranno da un punto di vista architettonico? The «Fab Tree Hab» - questo il nome del progetto di Joachim - utilizza una metodologia sofisticata per costruire case direttamente da alberi viventi e autoctoni. L’obiettivo è realizzare un habitat «prefabbricato», usando un’impalcatura, sviluppata tridimensionalmente al computer, attraverso la particolare tecnica del «Cnc» («Computer numerical control»): questa consente di dare al vegetale una specifica geometria e di controllare le prime fasi del suo sviluppo. Dopo che le piante (alberi di olmo o di quercia, per esempio) sono state installate e intrecciate insieme nell’impalcatura, la sagoma viene rimossa e può essere riutilizzata per costruire una nuova abitazione. «L’interno della casa - spiega Joachim - sarà isolato da un composto di argilla e paglia in grado di bloccare l’umidità, rivestito poi da un’ulteriore strato di argilla per conferire maggior comodità e una migliore estetica». Il progetto «Fab Tree Hab» prevede tre stanze da letto più bagno, oltre a salotto e cucina, collocate, queste, sul lato Sud, secondo i principi del sistema solare passivo. A seconda del ciclo delle stagioni le foglie garantiranno frescura in estate, mentre, cadendo, lasceranno passare le radiazioni solari nei mesi autunnali e invernali, permettendo il processo di fotosintesi. Calore, acqua ed elettricità saranno, neanche a dirlo, tutti forniti da fonti rinnovabili e il vero polmone della casa-albero sarà proprio l’acqua. «E’ previsto che l’acqua circoli da un recipiente di raccolta della pioggia posto sul tetto, scorra attraverso un sistema di tubature che consentono l’attivazione di meccanismi galleggianti di aerazione applicati alle finestre e, poi, arrivi in un canale di riciclo che irriga il giardino - sottolinea Joachim, avventurandosi nei dettagli del suo progetto -. L’acqua viene consumata dagli inquilini della casa e poi filtrata nuovamente in un bacino depurato da batteri e piante, che si nutrono di rifiuti organici, prima di evaporare nell’atmosfera». Il sistema di riscaldamento, d’altra parte, è composto da una schiera di tubi radianti posti sotto il pavimento, alimentati a loro volta dal sistema attivo di acqua calda collegato alle radiazioni solari. Tutti i rifiuti prodotti nella casa-albero vengono poi smaltiti da un impianto di riciclaggio e completano l’ecosistema sotto forma di concimi. «Il mio progetto cerca non solo di promuovere uno scambio biologico più sano tra gli abitanti e la loro casa, ma anche di contribuire a una migliore qualità della vita», conclude Joachim, in attesa che le nuove tecnologie nel campo delle fonti rinnovabili rendano sempre più concreto il suo obiettivo di trasformare le città in Eden agresti. Giorgia Scaturro