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 2009  gennaio 01 Giovedì calendario

Panorama, 1 gennaio 2009 I n via Morigi 8, nel cuore della Milano romana, c’è un palazzo nobiliare del Quattrocento occupato da una trentina di squatter dal palato fine

Panorama, 1 gennaio 2009 I n via Morigi 8, nel cuore della Milano romana, c’è un palazzo nobiliare del Quattrocento occupato da una trentina di squatter dal palato fine. «Un raro esempio di equilibrio tra architetture stratificatesi nei secoli» recitano i libri di urbanistica rinascimentale ricordando il vincolo posto nel dopoguerra dalla sovrintendenza delle belle arti. «Una proprietà prestigiosa da rivendere a 8 mila euro al metro quadrato» secondo il punto di vista della Paribas, la banca francese che ha acquistato l’immobile dal comune e ne sta decidendo la destinazione. Ma non sarà facile procedere alla messa in vendita. Ribattezzata Casa Morigi dai suoi creativi inquilini, piccola porzione altolocata dei 5 mila squatter censiti in Italia dalla polizia, la palazzina è diventata una «residenza sociale» che, oltre a dare un tetto (finemente stuccato) a un popolo di artistoidi dai 24 ai 60 anni, ospita sedi di associazioni, compagnie teatrali, mostre, dibattiti e festival. Ci vive anche il regista cileno Marco Bechis, che ha concepito l’idea del suo film La terra degli uomini rossi proprio grazie alla quotidiana frequentazione con Survivor international, l’associazione per la difesa delle popolazioni tribali che ha sede all’interno del condominio aperto. Da quando, dopo il G8 di Genova del luglio 2001, mol ti centri sociali di sinistra si sono trasformati in club di musica elettronica e le esperienze di occupazione dura sono rimaste in mano all’area anarchica, alcuni gruppi in Europa hanno imboccato una terza via. Niente pitbull per i corridoi, bricchi di vinaccio abbandonati per terra e slogan politici urlati col megafono. Al loro posto studenti fuori sede, creativi del web e precari con un alto livello d’istruzione ma scarso furore sovversivo. Tanto che se un agente della Digos facesse irruzione per lo sgombero, invece che materiali insurrezionali, troverebbe un po’ di varechina per le pitture, un internet point e un panciuto signore serbo che organizza corsi di fisarmonica a orecchio per chi non sa leggere gli spartiti. «Condividiamo spazi e momenti solo quando ce n’è davvero la necessità» sostiene Claudio Raimondo, attore e presenza storica di Casa Morigi. «Per il resto, se dobbiamo dirci qualcosa, usiamo le email». Ecco lo spirito fricchettone declinato nell’era dei contatti labili. La tendenza è nata a Londra, città delle 100 mila case sfitte, dove circa un anno fa gruppi di squatter hanno occupato tre dimore nel quartiere di Hampstead (quelle che vediamo nelle foto). Una in Ingram avenue, residenza da 22 stanze valutata 4 milioni di sterline. Un’altra da 10 milioni al numero 89 di Winning ton road, già di proprietà del presidente indonesiano Suharto e confiscata in seguito a vicende giudiziarie. E poi la casa occupata di Myfair, già soprannominata Posh squat (squat fighetto, ndr) per i rigidi orari da galleria d’arte imposti al pubblico, in una palazzina tra l’ambasciata americana e gli hotel di Park lane di un membro della famiglia sovrana di Abu Dhabi. Anche a Parigi la tendenza è la stessa. In place Rio de Janeiro, nel costoso VIII arrondissement, un palazzo di cinque piani è stato occupato da 30 giovani dell’associazione Jeudi noir per protestare contro il caroaffitti. «Con qualcuno si riesce a scambiare una parola» lamenta Virginie stringendo la figlia di due anni «ma la maggior parte degli occupanti ha la porta della stanza chiusa e ci si vede solo sulle scale». Dalla residenza sociale si è già passati al residence asociale. E se mai in Europa qualcuno varerà un piano per la costruzione di nuove case popolari, riconsegnare le chiavi al portiere sarà davvero dura. Raffaele Panizza