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 2008  dicembre 23 Martedì calendario

Meglio cercare, in qualche cassetto, l´uovo di legno. Serviva soprattutto a riparare le calze, ma anche i piccoli strappi in giacche, camicie, pantaloni? «Io so usarlo, l´uovo di legno

Meglio cercare, in qualche cassetto, l´uovo di legno. Serviva soprattutto a riparare le calze, ma anche i piccoli strappi in giacche, camicie, pantaloni? «Io so usarlo, l´uovo di legno. Al corso di modellista ho avuto insegnanti anziane e molto brave. Si mette sotto lo strappo e poi si lavora di ago e di filo». La bottega di Emanuela Onesti, 44 anni, sarta ancora capace di rivoltare una giacca o un cappotto, è il simbolo di questa nuova Italia che, di fronte alla crisi, ha deciso di non buttare via nulla. E´ un´Italia che rammenda, aggiusta, ripara. E´ un Paese che fa risuolare le scarpe («Anche quelle comprate dai cinesi per 10 euro») e che va dal demolitore per cercare gomme usate e carburatori per prolungare la vita della Fiat Uno di 15 anni. «Stiamo raccogliendo i dati proprio in questi giorni - dice Mario Turco, responsabile nazionale della Cna per i servizi alla comunità - e scopriamo che per gli artigiani riparatori c´è un grande lavoro: un 20-30 per cento in più, negli ultimi due mesi. Non si spende per comprare cose nuove ma per aggiustare quelle vecchie. Soprattutto le auto sono curate come fossero figli. Si va dal meccanico per riparare freni e frizioni e controllare i filtri. E´ finito il tempo dell´usa e getta». La bottega di Emanuela Onesti è una piccola fabbrica. Tante postazioni di lavoro, con la taglia-cuci, la lineare, la due aghi, l´asolatrice, la zig zag? «Ma qui faccio tutto io e non ho mai avuto tanto lavoro. Ecco, questo è un cappotto che avrà trent´anni: lo sto rivoltando poi lo metto a misura. Lavoro soprattutto con i capispalla, le giacche. Gli uomini ingrassano o dimagriscono e fino a fino a pochi mesi fa mettevano la giacca nell´armadio o la buttavano. Ora vengono da me per allargare o restringere. Ma faccio anche piccole cose. C´è la signora che fa cambiare il gancio del reggiseno, chi aggiusta il costume da bagno e le calze antisdrucciolo. Quasi si scusano, dicono che non vogliono buttarli perché sono «affezionati». In realtà c´è una gran voglia di risparmio. Si allargano i jeans, si mettono cerniere nuove nei giubbotti? Si torna all´antico ma c´è una novità: tante donne non sanno più tenere l´ago in mano, si è persa la cultura del rammendo. Vengono da me anche per rifare l´asola di una camicia». E´ ricca, la provincia modenese. C´è chi riesce ancora a comprare il nuovo Porsche Cayenne S da 135 mila euro ma davanti alle concessionarie non c´è certo la fila. E invece nell´officina di Antonello Lugli, 48 anni, meccanico e gommista di Soliera, quasi non si riesce ad entrare. «Ho sempre lavorato, perché riesco a mettere la mani su ogni tipo di macchina. Ma adesso è diverso: nessuno vuole dire addio alla sua macchina». Carburatori, marmitte, guarnizioni in ogni angolo dell´officina. «Fino a pochi mesi fa tanti clienti mi facevano cambiare il filtro dell´aria o quello dell´olio anche se io dicevo che erano ancora buoni. «Metti tutto nuovo, la macchina deve essere perfetta». Adesso invece mi chiedono un preventivo anche per cambiare l´olio. A volte devo rifiutare il lavoro. Mi portano una Clio di 13 anni con la guarnizione di testa bruciata e altri guai e mi chiedono di aggiustarla. Io dico che non va bene spendere 1.000 euro per un´auto che ne vale sì e no 100. Ma quelli insistono. Vanno a cercare i pezzi dal demolitore, dicono che devo fare un miracolo perché i soldi per l´auto nuova non li hanno e l´auto serve per andare a lavorare. Anche per le gomme si cerca il massimo risparmio. Prima le cambiavano a 40 mila chilometri, adesso arrivano a 60-70.000. E anche qui si cerca l´usato, comprando gli pneumatici dal rottamaio». Per i carrozzieri invece questi non sono giorni allegri. «Ormai - dice Antonello Lugli - i miei colleghi lavorano solo per danni grossi, pagati dalle assicurazioni. Io vedo le macchine che arrivano in officina, piene di botte, ruggine, graffi. Chi picchia contro un paracarro si tiene la botta e via. Basta che l´auto cammini». In Italia - racconta Mario Turco della Confederazione nazionale dell´artigianato - ci sono 60.000 aziende per la riparazione delle auto, 10.000 in meno rispetto a cinque anni fa. «La torta della riparazione e della manutenzione è di 28 miliardi all´anno, pari alla metà del fatturato della vendita auto. I riparatori - un terzo sono carrozzieri, due terzi meccanici - sono in calo perché le industrie dell´auto hanno costruito le loro reti per la manutenzione e rifiutano di consegnare ai meccanici esterni le informazioni tecniche necessarie per mettere le mani su auto sempre più tecnologiche. Ma con questa crisi i meccanici «non autorizzati» si prendono la loro rivincita. Quando la garanzia è scaduta solo il meccanico di paese ti rimette l´auto in strada senza svuotarti il portafogli». C´è chi un tempo costruiva divani e ora li aggiusta soltanto. «E anche la riparazione - dice Alberto Vecchi, della ditta Sal8 (sarebbe Salotto) alla periferia di Modena - oggi è un´impresa. Negli anni ?70 e ?80 abbiamo piazzato i nostri divani in tante case modenesi. Roba buona, robusta. E adesso torniamo in quelle stesse case per cambiare i tessuti, riparare il fusto in legno? Ma c´è chi ha problemi anche a riparare, perché il tessuto costa, la manodopera anche. Per fortuna abbiamo i nostri clienti vecchi e i loro figli che ci chiamano a riparare il divano comprato da papà. Se dovessimo vivere con la vendita di nuovi salotti, avremmo già chiuso». Ci si può affezionare anche alle proprie scarpe. Almeno così dicono i nuovi clienti che entrano nella bottega di Damiano Ferrari, 33 anni, calzolaio a Finale Emilia. «Mi fanno aggiustare di tutto, anche scarpe che andrebbero buttate. «Sono così comode che mi spiace buttarle via», dicono». Le mode cambiano ma la bottega di Ferrari è piena di stivali da signora, scarpe e borsette comprate anni fa. «Metto tacchi e tacchetti di gomma, risuolo, stringo e allargo, metto in forma. C´è chi mi porta anche le scarpe pagate pochi euro e mi chiede cosa posso fare. C´è stata tanta pioggia, in autunno, e ha rovinato molte scarpe. Ma non credo che i clienti siano aumentati solo per colpa del maltempo. La pioggia è caduta anche negli anni scorsi. Ma allora i clienti facevano la fila nei negozi di scarpe nuove».