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 2008  dicembre 23 Martedì calendario

Solo gli ingenui possono stupirsi di fronte all’articolo dell’editor Mondadori per la narrativa italiana, Antonio Franchini, uscito domenica sul Sole- 24 Ore

Solo gli ingenui possono stupirsi di fronte all’articolo dell’editor Mondadori per la narrativa italiana, Antonio Franchini, uscito domenica sul Sole- 24 Ore. A proposito de «La solitudine dei numeri primi» di Paolo Giordano, che veleggia sul milione di copie, Franchini confessa che il successo di quel romanzo non è frutto di sofisticate strategie editoriali, come i più tendono a credere, ma è dovuto al caso. Come dire: ogni tanto la ruota gira, e questa volta è girata a favore del giovane scrittore torinese. Franchini non nega, tuttavia, che una serie di «dati oggettivi» abbiano contribuito alla fortuna del libro: la qualità prima di tutto (dopo aver letto le prime 50 pagine, l’emozione lo spinse a chiamare l’autore a un’ora sconveniente). Poi: l’unanimità dei giudizi dei lettori professionali, il titolo, la copertina… Sono elementi necessari e sufficienti? Nient’affatto. Non è necessario che un romanzo sia buono per avere successo. Non è neppure necessario che porti un buon titolo e che esibisca una bella copertina (il volto di ragazza del romanzo di Giordano, un volto che sembra spiarti e inseguirti, è davvero efficace). Queste ultime sono considerazioni buone per il senno di poi. La stessa cosa, ricordo, dicevano i detrattori a proposito di «Va’ dove ti porta il cuore». Il successo? Un titolo splendido, come la copertina, quel cuore rosso che volteggiava come un aquilone su un prato in bianco e nero. Ma se non fosse diventato un megaseller, chi mai avrebbe protestato: «Impossibile, con quella copertina e con quel titolo…»? Però: quante splendide copertine e quanti titoli affascinanti sono stati trascinati nel fallimento commerciale di ottimi romanzi? Dunque? Franchini conclude esprimendo il suo dispiacere «per tutte le altre opere che avrebbero meritato una sorte migliore e che, per ragioni spesso egualmente imperscrutabili, non l’hanno ottenuta». D’altra parte, sempre sul Sole, Stefano Salis ci informa che il romanzo di Giordano, una volta confezionato, ha avuto una tiratura iniziale molto alta per un’opera prima: 25 mila copie. Il che significa che la Mondadori qualcosa aveva subodorato. Qualcosa in più, per la verità, Franchini, che è uno dei migliori editor in circolazione, l’ha detta in un’intervista contenuta in un istruttivo volumetto di Davide Musso, Voglio fare lo scrittore (Terre di Mezzo). Alla domanda sul peso del marketing per il successo di un libro, risponde: «Nella pratica delle grandi case editrici, quando uno fa 40 libri l’anno di una data linea (come nel mio caso) diventa difficile convincere il marketing che tutti e 40 funzioneranno allo stesso modo». Dunque, a chi tocca decidere quale scrittore «funzionerà» meglio? Al marketing, ovvio, sennò, che cosa ci sta a fare il marketing, in una casa editrice? E per il marketing, si sa, con gli esordienti (meglio se giovani) il gioco è più facile. Perché, ammesso che sia tanto complicato, come osserva ancora Franchini, «definire teoricamente che cos’è la qualità letteraria», è assai più semplice dare un’occhiata a una carta d’identità. Ed è un peccato che tra i «dati oggettivi» che hanno portato Giordano al successo, Franchini abbia dimenticato di citare, senza nulla togliere al libro, proprio l’età da marketing del suo autore. Ben valutabile con il senno di prima.