Stefania Tamburello, Corriere della Sera 23/12/2008, 23 dicembre 2008
MILANO
Stretta dell’Isvap sulle polizze index linked, che agganciano i loro rendimenti a un indice (ad esempio azionario) o panieri di titoli o materie prime. Dopo l’azione di moral suasion esercitata sulle compagnie di assicurazioni per andare incontro ai consumatori inciampati nel fallimento di Lehman Brothers e nella crisi delle banche islandesi, l’Authority che vigila sulle assicurazioni interviene adesso con un regolamento organico per tutelare meglio i risparmiatori in fuga da un mercato che l’anno scorso valeva 29 miliardi.
La nuova normativa, aperta alla consultazione pubblica fino al 15 febbraio, vieterà che i rischi legati alla copertura del capitale delle polizze siano a carico dei consumatori, spostandoli di fatto sulle compagnie. L’obiettivo è impedire che prodotti venduti con l’etichetta «a capitale garantito» si possono trasformare in uno strumento ad alto rischio. Come è successo appunto nel caso di Lehman. Vediamo come. Materialmente fino ad oggi una polizza index linked consisteva in un’obbligazione strutturata formata da un derivato e da un titolo senza cedola (zero coupon). Il primo strumento puntava alla rivalutazione del capitale legandola alla performance dell’indice di riferimento; il secondo garantiva il rimborso a scadenza. Nella maggioranza dei casi, però, le garanzie non sono a carico dell’assicurazione, ma di una società terza che emette l’obbligazione strutturata. In caso di insolvenza dell’emittente (vedi Lehman o le banche islandesi), i rischi ricadono perciò sui clienti.
Il nuovo regolamento Isvap separa le due componenti e le disciplina. Gli strumenti di riferimento delle polizze dovranno essere indici semplici e comprensibili, trattati esclusivamente su mercati regolamentati e liquidi. Questo per consentire di seguirne in modo più trasparente l’andamento da parte degli assicurati, che continueranno ad assumersi il rischio di performance.
Il rischio di rimborso sarà a carico delle compagnie che, secondo le nuove norme, saranno tenute a coprire le riserve tecniche investendo, con la massima approssimazione possibile (principio del close matching),
direttamente negli attivi che compongono l’indice azionario o l’altro valore di riferimento, attraverso l’impiego in attivi di adeguata sicurezza e negoziabilità, che corrispondono il più possibile a quelli su cui si basa l’indice. L’Isvap definisce inoltre in modo preciso le caratteristiche che devono avere gli attivi nel caso in cui le imprese non seguano il close matching. E pone un ulteriore paletto vietando alle imprese di investire più del 10% del totale delle riserve relative a tali contratti in attivi dello stesso emittente o gruppo.
Non è la prima volta che l’Autorità guidata da Giancarlo Giannini interviene. Nel luglio 2003, il divieto che le polizze potessero essere indicizzate, direttamente o indirettamente, a titoli derivanti da cartolarizzazioni o a derivati del credito, ha contenuto l’impatto del fallimento di Lehman Brothers a 1,3 miliardi contro i circa 7 miliardi potenziali. Poi nel 2005 l’Autority ha definito nuovi standard di trasparenza in materia di informativa precontrattuale con l’introduzione della scheda sintetica, con l’obbligo di esplicitare in forma tabellare tutti i costi a carico del contraente.
Giuliana Ferraino