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 2008  dicembre 22 Lunedì calendario

MILANO – E

se fossero gli americani a tenere in piedi il sogno della Torino olimpica, la città tutt’uno con la montagna, l’effervescenza di quei giorni di due anni fa, la metropoli sempre viva e partecipata? Oppure, vista più prosaicamente: se arrivassero gli americani a risanare il deficit, a mettere una toppa, a guarire la sindrome del giorno dopo, quella che colpisce tutte le città che ospitano i Giochi e che lascia per ricordo decenni di debiti e di bilanci disastrati? Se, infine, dove ha incantato Carolina Kostner, risuonassero le note di Bruce Springsteen, Madonna o Paul McCartney? L’ipotesi è suggestiva, ma soprattutto è molto più di un’ipotesi.
La Fondazione 20 marzo 2006, costituita ad hoc da Regione Piemonte, Comune e Provincia di Torino per gestire il post Olimpiade, sottoporrà oggi al suo consiglio d’amministrazione l’apertura di un’asta per far entrare i privati nella gestione di palazzetti,
Tedoforo Alberto Tomba con la fiaccola di Torino 2006 stadi, impianti olimpici. Tecnicamente chi vince entrerà con una quota di maggioranza nella società operativa della Fondazione, la Parcolimpico. Ma soprattutto chi vince potrà sfruttare le strutture per 30 anni. L’asta si chiuderà il 30 marzo, ma hanno già mostrato il loro interesse colossi come Aeg, una società americana che è proprietaria di arene e palazzetti in mezzo mondo, gestisce i Los Angeles Lakers (i miti del basket), è nella proprietà dei Los Angeles Galaxy (la squadra di David Beckham) e organizza i concerti di gente come Bruce Springsteen, gli Eagles, Britney Spears, Paul McCartney, Prince, Rod Stewart. Oppure come l’altro gigante Live Nation, che manda sui palchi di tutto il mondo Madonna, gli U2, i Rolling Stones, i Depeche Mode, i Coldplay. Pare che sia interessata a gareggiare anche una società tedesca e altre potranno sempre aggiungersene. Aeg avrebbe però il vantaggio di essere forte sia nel mondo dello sport sia in quello dell’intrattenimento e dunque sembrerebbe in pole position. Ma chiunque vincerà porterà a Torino gli artisti o gli sportivi che ha nel suo portafoglio. «Crediamo in ques to modo non solo di trovare una soluzione al difficile problema di cosa fare di questi stadi, ma anche di rendere un servizio alla città», spiega Tiziana Nasi, da un anno presidente della Fondazione e già organizzatrice delle Paralimpiadi di Torino.
Il problema è quello che Atene sta ancora cercando di risolvere a quattro anni di distanza e che Vancouver (che ospiterà l’Olimpiade invernale nel 2010) si è già saggiamente posta ora, ovvero il riciclo. In questo caso, di palazzetti del ghiaccio, piste di bob, impianti per il pattinaggio. Nel dettaglio, in questi due anni fatti anche di liti e polemiche politiche, la Fondazione ha avuto mandato di tenere in vita il Palavela (che ha ospitato il pattinaggio artistico), il PalaIsozaki (teatro delle partite di hockey), un centro congressi nell’ex villaggio olimpico (nell’area che si chiama Le Arcate), il complesso del trampolino di Pragelato, lo stadio del fondo sempre a Pragelato, la pista di bob a Pariol Cesana, l’impianto di biathlon a San Sicario, quello di half pipe a Bardonecchia e una serie di alberghi in montagna. Tutti carissimi da gestire e difficilissimi da riempire.
Giusto per avere un’idea: soltanto per le spese immediate e per sanare contenziosi aperti, subito dopo l’Olimpiade la Regione ha stanziato 20 milioni di euro. E il Comune di Torino altri 10. Non solo: c’era un piano di rientro dalle perdite che si proponeva di raggiungere l’attivo nel 2011, dopo aver ripianato poco meno di 30 milioni di euro. Ma la crisi è crisi anche e soprattutto per gli enti locali. E qui entrano in ballo gli americani (o chiunque sarà). « la prima volta che nasce una Fondazione come la nostra – continua la Nasi ”. L’idea di associarsi ai colossi stranieri è venuta perché questi hanno la forza per organizzare convegni e concerti dai grandissimi numeri, che Torino spero potrà apprezzare».
Arianna Ravelli