Roberta Martini, La Stampa 21/12/2008, 21 dicembre 2008
ROBERTA MARTINI
VERCELLI
Sul tavolo sono ammonticchiate le perline. Rosa Bazzi le infila con cura meticolosa in una collana. Lo ha chiesto lei: «Fatemi fare qualcosa». E ha detto che le piaceva la bigiotteria. Sta intrecciando girocolli, quando poco dopo le tre del pomeriggio arriva la telefonata che le fa abbandonare ogni cosa. C’è Olindo, il «suo» Olindo, invocato da quando è arrivata qui in carcere a Vercelli, che la chiama da Piacenza. Anche lui, disperato, ha sempre e solo chiesto: «Ma la mia Rosa dov’è?».
Ed eccola Rosa, che allunga il passo, infagottata nei jeans e nella maglietta chiara, per raggiungere la sala dove gli potrà finalmente parlare. Per i sei minuti previsti dal regolamento, una volta la settimana. «Fatti forza, Olindo, fatti forza», gli dice. Sono scomparse le lacrime e la disperazione, è scomparsa la voce sottile che ha esibito davanti ai giudici del Tribunale di Como, prima e dopo la condanna all’ergastolo per la strage di Erba: Rosa Bazzi quasi grida al telefono.
«Stai tranquillo, io qui sto bene. Ho avuto una buona accoglienza: il direttore e l’ispettore sono gente in gamba, con le palle». Ascolta, annuisce, rassicura. E poi si lascia un po’ andare: «Spero di vederti presto, molto presto».
Il colloquio ci sarà, probabilmente a Vercelli, ma non c’è ancora una data. Rosa non lo sa, e al marito con cui condivide anche la condanna a vita per la strage di Erba, non riesce a dare altre speranze. Sarà però davvero «molto presto», lo conferma anche la direzione del carcere.
Rivedere Olindo, come accadeva al carcere Bassone di Como, è il suo unico imperativo. L’ha detto anche all’onorevole Roberto Rosso, che ieri ha incontrato le quaranta detenute di Vercelli nella sua visita per il Natale. Poi la puntigliosissima Rosa è tornata alle sue collane, alla piccola cella in isolamento quasi totale: «E’ una cella a pianterreno, con l’indispensabile: letto, armadio, televisore, tavolo e sedia. Ha accanto una piccola doccia. Parlo con la mia compagna, che è italiana. Ci facciamo compagnia. Solo con lei posso avere rapporti. E con lei posso anche passeggiare durante l’ora d’aria quotidiana. Le mie giornate? Lavoro, guardo la tv e leggo qualche giornale. Ma pochi pochi».
Da quando è arrivata a Billiemme, Rosa Bazzi ha alternato momenti di abbattimento ad altri di euforia, ma quella che parla adesso è una donna apparentemente quieta: «Il trasferimento da Como è stato uno choc. Terribile. Proprio non me lo aspettavo. Qui è tutto nuovo, ho dovuto cambiare tutti i miei punti di riferimento. Però ora, potrà sembrare strano, sono contenta. Sto bene, sono seguita e assistita. Sono contenta di come mi trattano qui: non mi manca nulla, sono serena».
Rosa Bazzi sembra più tranquilla perché ha anche incontrato il suo legale, Luisa Bordeaux, che è arrivata giovedì a Billiemme e l’ha vista cominciare il colloquio in lacrime. «L’avvocato Bordeaux è appena venuta a trovarmi. Ma è uno studio grande, sa? Dietro i miei avvocati c’è uno studio di più di trenta persone. Stanno già lavorando tutti per il processo di appello». Una piccola pausa, poi riprende quasi con una punta di orgoglio: «Ho pochi soldi, tutti i miei beni e quelli di Olindo sono stati bloccati. Non potrei dare loro neanche una lira. Stanno facendo tutto loro, i miei avvocati: lavorano gratis e forse ci stanno pure mettendo dei soldi di tasca loro».
All’onorevole in visita, che l’ha incontrata in una saletta separata, Rosa ha pure dato qualche consiglio sull’amministrazione della giustizia: «Da quanto è deputato? Ecco, allora fate qualche legge, ci sono più carcerati che posti nelle carceri». E si è informata sul braccialetto elettronico. Ma a Vercelli, ripete, si trova bene. Davvero. Non ha ricevuto insulti e proteste, come è successo a Piacenza, al «suo» Olindo. Le altre donne della sezione femminile hanno saputo e sembrano aver accettato.
in isolamento, certo. sorvegliata a vista, certo, per evitare gesti di autolesionismo: l’hanno già visitata medico e psicologo, con cui ha parlato a lungo. E nei prossimi giorni arriverà anche lo psichiatra. Ma ha la sue collane. Le perline. E presto anche Olindo.
Stampa Articolo