Renata Pisu, la Repubblica 20/12/2008, 20 dicembre 2008
SUMO DOPING E OMICIDI, COSì CROLLA UN MITO
Tre lottatori di sumo giapponesi da centocinquanta chili l´uno, condannati per aver procurato la morte, un anno fa, di un loro collega diciassettenne, deceduto per le botte ricevute. Un enorme giovane corpo completamente ricoperto di lividi, massacrato a colpi di mazze da baseball e bottigliate di birra. Ma la potente congregazione della nobile lotta del sumo, sacra in Giappone, diffuse la notizia che il ragazzo era deceduto per un infarto improvviso. A tutti i costi bisognava evitare lo scandalo, l´ennesimo scandalo che, dopo quello degli incontri truccati e del consumo accertato di stupefacenti da parte di alcuni lottatori, rischiava di mettere a tappeto definitivamente quello che i giapponesi considerano il loro sport nazionale e lo sport più antico del mondo, la lotta dei giganti, dei sumo tori. Così l´impresa di pompe funebri, pur di non mostrare il cadavere massacrato ai familiari, ha proceduto a una frettolosa cremazione. Ma il padre del ragazzo ha presentato denuncia e ieri il tribunale di Nagoya ha emesso verdetto di colpevolezza nei confronti dei tre giovanissimi lottatori, appena ventenni, compagni di scuderia del defunto, condannandoli a tre anni. Le condanne però, già assai miti, sono state sospese con la condizionale per cinque anni perché, secondo il giudice, i tre ragazzi hanno obbedito agli ordini dell´allenatore che «ha sempre imposto il suo potere assoluto alla squadra infliggendo spesso pene corporali».
Ora si attende il processo a carico di Junichi Yamamoto, l´allenatore, che sarà celebrato in aprile, ma la tempesta si è ormai abbattuta sul mondo del sumo, una disciplina che affonda le radici in antichi rituali e che per i giapponesi non è uno sport come un altro ma un´espressione della "purezza" assoluta e dell´unicità della razza nipponica, tant´è vero che fino a pochi anni fa era proibito praticarlo a chi non fosse etnicamente puro giapponese. La scarsità di "vocazioni" autoctone ha poi costretto la federazione del sumo ad accettare lottatori di altre nazionalità, un hawaiano che divenne campione nazionale, recentemente dei robustissimi russi, molto indisciplinati e «troppo rustici», secondo la stampa giapponese, ma fisicamente assai soverchianti perché dotati per natura di fisici possenti, più possenti di quelli dei giapponesi. Ma pochi mesi fa, ecco che due sumo tori russi che combattono con nomi giapponesi, sono stati sorpresi a fumare marijuana, e lo scandalo ha comportato le dimissioni di Kitanoumi Toshimitsu, presidente della Federazione giapponese di sumo e considerato il più grande campione di tutti i tempi, il quale, ispirandosi alle tradizioni più profonde del Paese del Sol Levante, si è assunto tutta la responsabilità per il comportamento disdicevole dei due russi.
I lottatori di sumo, per l´aura sacrale che riveste l´antica disciplina, dovrebbero essere esempi luminosi di moralità e rettitudine ma pochi mesi fa un altro gravissimo scandalo ha travolto la super star Asashoryu, il famoso pluricampione soprannominato Drago Blu. Rifiutò una tournée estiva adducendo salute malferma ma la televisione lo sorprese mentre giocava a calcio in Mongolia, il suo paese d´origine. Allora si disse che la decadenza del sumo era tutta colpa degli stranieri. Sottolinea però un commentatore del quotidiano Yomiuri, che i tre giovani picchiatori condannati per il fatale pestaggio del loro collega, pare proprio che siano giapponesi puro sangue. E allora, dove sta il marcio? Forse sta nell´ineluttabile declino di uno sport che non riesce a stare al passo con i tempi della fitness: enormi, ingozzati a forza come maiali all´ingrasso, una dieta ipercalorica composta da minestra di chanko, cereali, verdure e carne in quantità industriale, i sumo tori si sentono degli emarginati, non è più un segno di privilegio essere grassi in un paese di magri. Ma è una vera tragedia essere troppo grassi in un paese dove le ragazze, tutte anoressiche o quasi, sono troppo magre. E non importa che guadagnino somme favolose se diventano campioni. Le donne non gli vogliono più bene. E allora si aggirano come Godzilla per Tokyo, Osaka o Nagoya, camminando lenti a gambe sempre larghe perché il volume delle loro cosce non gli consente altra andatura. E diventano cattivi. Grassi, ricchi e cattivi. E pure corrotti. E poi, per i tradizionalisti, c´è il carico da undici: stranieri!
Renata Pisu