Franco Cordero, la Repubblica 20/12/2008, 20 dicembre 2008
CORDERO VA OSPITE DA LERNER, IL GIORNALE LO SFOTTE, E LUI SE LA PRENDE UN POCHINO
Nella prima lettera raccontavo come sia emerso Leviathan, impresario dei piccoli schermi, ora regnante sui Rutuli: regno sui generis, perché le monarchie superstiti adempiono funzioni rituali vuote d´ogni potere effettivo; lui li vuole tutti, insofferente d´ogni pluralità ed equilibrio; tollera appena una commedia parlamentare, finché ve lo costringa l´attuale carta. Liberti sans gêne gliene scrivono una su misura. Ecco tre segni della metamorfosi monarchica ancien régime: s´è proclamato penalmente immune; l´officina leguleia studia i meccanismi d´una giustizia controllata dal governo, qual era sotto Re Sole; e postulandosi intoccabile, definisce vilipendio ogni rilievo critico; presto rischierà la galera chi canta fuori del coro, poi verrà il turno dei pensieri, perché i delitti vanno spenti in embrione (l´unico delitto da punire, contro la santa Persona; gli altri sono veniali, molto perdonabili, se uno lo merita, essendo il regime largamente criminofilo sotto insegna garantista). L´unico precedente europeo novecentesco è il Terzo Reich d´Adolf Hitler: vengono dal niente tutt´e due, fulminei nel puntare l´obiettivo; a modo loro sono dei geni nei rispettivi campi, con un punto molto debole; operano come fossero onnipotenti. Entrambi dispongono d´arnesi forti: l´ex caporale austriaco, già abulico pittore d´acquarelli, ha sotto mano un apparato bellico senza eguali, industria, tecnologie, masse obbedienti; tra i più ricchi del pianeta, Re Lanterna comanda gli ordigni televisivi (cosa combinerebbe quel diabolico dottor Ioseph Goebbels); armi cospicue ma essendo il mondo uno scacchiere molto complesso, prima o poi soccombe chi vuol dominarlo iniquamente in spregio ai dati obiettivi. La prospettiva egomaniaca è pensiero paranoide, poco raccomandabile. Ad esempio: gli Usa eleggono il presidente; l´incauto monarca rutulo, pedina irrisoria della politica mondiale, stava dalla parte opposta; dovendo dire qualcosa del vincitore, scherza sul colore della pelle, trivialmente; insulta chi rileva la gaffe; infine, offre dei consigli al nuovo eletto volando alto, aquila nel cielo politico.
Sua Maestà ha una corte. Qualche conoscitore lamenta che vi manchi l´equivalente del Titus (o secondo Tacito, Gaius) Petronius, detto Arbiter perché regola il gusto nel milieu neroniano: quale intenditore d´«eruditus luxus», insegna cosa sia «amoenum et molle» ossia l´arte del divertirsi secondo date forme, finché l´odioso Gaio Ofonio Tigellino, praefectus Praetorio, se ne disfa mediante false prove d´un suo feeling nella congiura pisoniana, e lui previene l´ira imperiale svenandosi, esteta anche in exitu; anziché dissertare sull´immortalità dell´anima, recita o forse canta «levia carmina et faciles versus», canzoni leggere e versi frivoli, avendo spedito al tiranno una lettera testamentaria enumerante le turpitudini della corte, nomi inclusi; e lascia uno straordinario romanzo, Satyricon, del quale abbiamo pochi frammenti. Nella reggia rutula manca l´arbiter elegantiarum né il sire lo sopporterebbe: parole, mimica, gesti sanno d´incoercibile volgarità; ai suoi cultori piace così; una persona fine, come le chiamavano una volta, non sarebbe lì; s´allevava gli elettori somministrando fescennini, lazzi, farsa (chi guardi bene sotto la maschera ilare vede il caimano). I favori regali piovono dal cielo imprevedibilmente, pura grazia: dipende tutto da lui; una tale diventa ministro perché il giardiniere ne ha parlato bene; ed è inutile dire quanto stridano i denti nelle risse tra cortigiani. Peccato che tra costoro non vi siano memorialisti paragonabili al duca Saint-Simon. In compenso fiorisce una subletteratura sui fasti del sovrano, con alto spaccio nei luoghi della villeggiatura d´una sinistra chic.
Salito alla cancelleria nel gennaio 1933, Hitler occupa tutti gli spazi del potere in forma più o meno legale, adeguando a sé le strutture preesistenti (Gleichhaltung). Lo fa anche Leviathan ma sopravvivono pensieri dissidenti. Me ne sono accorto l´altra sera guardando un talk-show d´argomento provocatorio: la fiera delle vanità nella Rutulia quasi monarchica; il corpo del re presentato al pubblico; come lo glorificano i preti del nuovo culto; dubbi tentativi d´un ringiovanimento alchimistico; cosa dicono parterre, palchi, loggione; la corsa al carro del fieno, ecc. Uno degl´interlocutori partiva da lontano. Vista in superficie, la vanità non sembra vizio pericoloso: un plutocrate fonda premi letterari, pagando sotto banco, per farseli assegnare; Benito Mussolini scia a torso nudo, va a cavallo, guida l´aereo, batte il passo romano; esistono anche vanità tristi e faticose, vedi l´agonista della penitenza e chi vuol essere l´uomo o la donna più infelici del mondo. Pose fatue ma sotto pulsa l´Ego, abominevole perché si mette al centro dell´universo (Pascal); ed è vorace; il lattante prosciugherebbe il seno (Melania Klein). L´armatura dell´Ego sta nel non vedere le sue miserie (La Rochefoucauld). Marziale racconta d´un Gauro, il cui nome significa vanesio, borioso, gonfio. Ma questo difetto percettivo, costituente difesa organica, è schermo debole: vuol essere ammirato (desiderio d´un desiderio) e «il se voit misérable»; qui scoppia «la plus criminelle passion» che sia immaginabile, un odio mortale della verità insopportabile (ancora Pascal). Siamo entrati nel girone dell´invidia: sentimento rabbioso verso chi possiede quel che l´invidioso non ha (M. Klein); se potesse, annienterebbe possessore e cosa posseduta. Furiose dispute trinitarie, il Terrore 1794, le purghe sovietiche da Trockij a Bucharin: è casistica clinica d´una malattia; gli antagonisti sostengono dei partiti, ossia pretese verità, ma quel che dicono maschera impulsi viscerali; invertite le insegne, sarebbero altrettanto feroci. Ora, l´Io ipertrofico genera un´industria e mercato del falso: i talenti sono l´ultima ruota del carro, falsificabili a man salva; intese consortili operano selezioni perverse, orientate al peggio, con terribili costi sociali.
Discorsi simili offendono l´establishment. Scatta puntuale l´esorcismo nel giornale d´un fratello del re, noto alle cronache penali come imprenditore dei rifiuti e relative discariche. Il columnist turpiloquo deplora i «dieci minuti dieci» dedicati a Pascal e La Rochefoucauld; lagne simili richiedono un avviso sovrimpresso alle immagini: «guardare solo su prescrizione medica perché può indurre sonnolenza». Tale essendo l´esprit de finesse cortigiano, la Rutulia scenderà ancora dal quarantesimo posto nella graduatoria dello sviluppo economico: il malaffare in colletto bianco arricchisce dei pirati e sfama i loro clienti (Marziale li evoca arrancanti dal primo mattino in cerca della sportula) ma frode, corruzione, plagio depauperano l´ambiente; gli effetti, già evidenti, saranno enormi tra una o due generazioni; l´autentica fortuna economica richiede testa, midolla, nervi ossia serietà, odiata dai ciarlatani rutuli.