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 2008  dicembre 20 Sabato calendario

AMERICA LATINA: GLI STATI UNITI IN "RITIRATA". NUOVO CORSO CON OBAMA?

« Manta, la capitale del tonno». Un enorme pesce gialloazzurro su un piedistallo girevole sembra osservare dall’alto il caotico traffi­co del malecón, il lungomare di Manta. Il porto, secondo scalo ma­rittimo ecuadoregno dopo Guaya­quil, brulica di attività. Al contrario, poco più in là, nella vicina base ae­rea militare tutto sembra tranquil­lo: in apparenza. Il 5 per cento del­la base ecuadoregna viene utiliz­zato dagli Stati Uniti da quasi die­ci anni: da qui sono partite opera­zioni antidroga in tutto l’Oceano Pacifico, che hanno permesso il se­questro di 1.617 tonnellate di co­caina dal 2000 ad oggi. A terra non si percepisce l’importanza strate­gica di questo Fol (Forward Ope­rating Locations), perché tutta l’at­tività, spiegano gli esperti, si svol­ge in cielo. Manta è l’ultima base militare statunitense in Sudameri­ca, la terza in tutta l’America Lati­na: con i Fol di Curazao (Antille O­landesi) e El Salvador, formava u­na specie di trappola-triangolare contro il narcotraffico della regio­ne. Nel piccolo accampamento mi­litare della base di Manta vivono circa 120 militari statunitensi, ma è la capacità aerea di questa piat­taforma che spiega il suo peso stra­tegico: c’è spazio per otto aerei (di­sarmati), fra grandi (come gli Awacs) e medi (come gli Hercules HC-130). Ispezionano il Pacifico in largo e lungo, dal Centroamerica al Perù (comprese le isole ecuadore­gne delle Galapagos), a caccia di imbarcazioni o sottomarini che trasportano droga: il monitoraggio si estende in un’area di 6.400 chi­lometri quadrati. Il loro compito è avvertire la Guardia costiera Usa: Colombia, Perù, Ecuador e Messi­co fanno parte di un pool interna­zionale, con base in Florida, che ri- ceve questo tipo di informazioni.
Dopo dieci anni di operazioni, gli Usa si preparano a fare i bagagli e dire addio a Manta. L’accordo fir­mato nel 1999 fra Washington e Quito scadrà definitivamente nel novembre del 2009, ma gli ameri­cani potrebbero andarsene con un po’ d’anticipo. Il presidente dell’E­cuador, Rafael Correa, aveva an­nunciato da tempo l’intenzione di non riconvalidare l’intesa e ora il divieto di ospitare basi militari stra­niere è stato messo nero su bianco anche in un articolo della nuova Costituzione. già legge.
La presenza militare Usa non pia­ce a una buona fetta dell’America latina. Il Fol di Manta viene criti­cato per il suo presunto appoggio al polemico Plan Colombia. Cor­rea non crede nella sua utilità: «Questa base servirà ad altre cose, ad altri Paesi, ma al nostro non è servita per niente». Non la pensa­no tutti così: per la Camera dei pic­coli industriali della città portua­ria a circa 260 chilometri al sud di Quito, gli Usa hanno avuto una funzione di deterrente verso il con­trabbando e la droga. Posizioni op­poste.
Ma di fatto il dibattito è con­cluso: i militari americani a Manta sono già un pezzo di storia.
Gli Usa cercheranno un’alternati­va a Manta? La posizione strategi­ca del Fol ecuadoregno non sarà facilmente rimpiazzabile. Ma il problema è anche politico: ospita­re una base statunitense è una de­cisione rischiosa, a livello di popo­­larità, per i governi sudamericani. Circolano periodicamente indi­screzioni sulla Colombia (che è sta­to il grande alleato della regione per l’amministrazione uscente di Bush) o sul Perù, ma finora tutte queste ipotesi sono state smentite. Alcuni analisti scommettono che il nuovo presidente Barack Obama non sostituirà Manta: così ridurrà le spese militari e soprattutto mi­gliorerà l’appannata immagine de­gli Stati Uniti in America latina. U­na regione che gli Usa arrivarono a considerare come «il cortile di ca­sa » durante la Guerra fredda, ma che oggi guarda ad altri partner in­ternazionali, attrae altri investito­ri, mira a nuove alleanze. Come quella intrecciata con l’Iran da Hugo Chavez, seguito da Daniel Ortega, E­vo Morales o Cor­rea. Ma non solo. Al di là della reto­rica antiimperiali­sta di alcuni go­verni, gli Stati Uni­ti hanno realmen­te perso peso in A­merica latina. Un’occasione che sanno sfruttare dal punto di vista commerciale e politico altri attori internazionali, come Pechino e Mosca. I gesti simbolici non man­cano. Nei giorni scorsi, per la pri­ma volta dalla seconda Guerra mondiale, una nave militare russa ha attraversato il Canale di Pana- ma. Dopo aver partecipato ad al­cune esercitazioni congiunte con i militari venezuelani, il cacciator­pediniere ’Ammiraglio Chaba­nenko’ ha realizzato uno scalo al porto di Balboa (Repubblica di Pa­nama), nell’ex base navale di Rod­man usata dagli Stati Uniti duran­te la Guerra fredda. La ’Chaba­nenko’ ha poi proseguito il suo tour latinoamericano in Nicaragua e infine a Cuba, dove è approdata ieri e si fermerà fino a martedì pros­simo. la prima volta che navi mi­litari russe attraccano in un porto cubano dal crollo dell’Urss nel 1991.
Al di là dei significati simbolici, le mire commerciali ed energetiche della Russia in America latina so­no chiare: Mosca vuole ricucire vecchie amicizie (con Cuba), rafforzare importanti relazioni e­conomiche (con il Brasile), firma­re accordi petroliferi e vendere ar­mi (al Venezuela). Ma oggi il partner che tutti i Paesi dell’area vogliono è la Cina e più in generale l’Asia. Riguarda anche Manta. L’ambizione di Correa, in futuro, è trasformare la città co­stiera in uno dei due poli del corri­doio Pacifico-Atlantico: Manta­Manaos (Brasile). Una gigantesca rete di trasporti stradali, aerei e flu­viali collegherebbero la porta su­damericana all’Asia (Manta, ap­punto) con il potente mercato bra­siliano. La crisi diplomatica in cor­so fra Quito e Brasilia ha congela­to questo miliardario progetto. Ma potrebbe trattarsi soltanto di uno stop momentaneo.