Luigi Offeddu, Corriere della Sera, 20/12/2008 e vari, 20 dicembre 2008
BELGIO, IL CASO FORTIS TRAVOLGE IL PREMIER
Alle cinque della sera, nel palazzo di Alberto II, è caduta la prima vittima della crisi finanziaria mondiale in Europa: il primo ministro belga, il cristiano-democratico Yves Leterme, ha presentato al re le dimissioni del suo governo, travolto dallo scandalo Fortis. E’ accaduto questo: due mesi fa la Fortis, una delle prime banche d’Europa e la più grande banca in Belgio e in Olanda, è scivolata sotto la slavina dei mutui subprimes, ed è stata «salvata» dai governi di Bruxelles e dell’Aja. Mentre L’Aja ha tenuto nella casse dello Stato tutto quello che aveva letteralmente raccattato per strada, Bruxelles ha deciso che avrebbe rivenduto il 75% della Fortis al gruppo francese Bnp-Paribas. Molti piccoli azionisti avevano dubbi su prezzi e condizioni, volevano sapere di più sui meccanismi di vendita e consideravano troppo deprezzati i propri investimenti: il governo è andato avanti. Gli azionisti, oltre duemila, si sono appellati al tribunale, alla Corte d’Appello, e a novembre il tribunale ha dato loro ragione: la vendita a Bnp-Paribas è stata congelata. Passano poche settimane di calma apparente, nell’attesa di una nuova sentenza, ed ecco una clamorosa denuncia firmata dalla magistratura più alta, la Corte di Cassazione: dice che il governo ha cercato (inutilmente) di influenzare i magistrati della Corte d’Appello perché non accogliessero il ricorso dei «duemila furenti», come già li hanno soprannominati. Vi sono stati scambi di e-mail e lettere, insinuazioni, messaggi trasversali. Il governo, invece di tutelare i suoi cittadini come un custode delle buone regole al di sopra delle parti, avrebbe tutelato una sola di quelle parti, e cioè se stesso. Alcuni dei messaggi sono finiti sui giornali, in una sorta di versione belga delle intercettazioni all’italiana. Prima il ministro della giustizia e poi quello degli Interni, hanno offerto le dimissioni. Alla fine, Leterme ha chiuso la valigia ed è andato dal re. E’ una grave crisi istituzionale: non tanto per il peso dello stesso governo, una fragile coalizione a cinque già estenuata dalle divisioni politico- linguistiche fra le due comunità vallona e fiamminga, ma soprattutto per l’agitarsi di un popolo di piccoli risparmiatori che ora si sente abbandonato. Solo dallo scivolone d’ottobre della Fortis, costato a Belgio e Olanda 11,2 miliardi di euro, questo popolo di risparmiatori aveva perduto 500mila euro in un paio di settimane. E adesso, nessuno si azzarda più a far previsioni. Entro il 12 febbraio ci sarà un’assemblea generale degli azionisti, poi si vedrà.
Gli eventi sono precipitati ieri quando il presidente della Corte di Cassazione Ghislain Londers ha confermato di avere «prove importanti» delle pressioni esercitate dal governo sulla Corte d’Appello. E la prova più importante, se non esilarante, di tutte, sarebbe questa e-mail inviata da Pim Vanwalleghem, membro del gabinetto di Leterme, a Paoul Dhaeyer, uno degli in caricati di esaminare il ricorso degli azionisti in Tribunale: «Mio caro Paul, attenzione con la nave Fortis, si rischia sempre di farsi trascinare dalle navi che affondano».
Luigi Offeddu Yves Leterme, 48 anni, è diventato primo ministro nel marzo di quest’anno, dopo 9 mesi in cui il Belgio (a sinistra, la bandiera sul Monumento del Cinquantennio a Bruxelles) è rimasto senza governo in seguito ai contrasti tra partiti fiamminghi e valloni che stavano portando il Paese verso una rottura territoriale. Già premier locale delle Fiandre, Leterme guidava una coalizione di pentapartito avendo sostituito Guy Verhofstadt al potere dal 1999.
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MARCO ZATTERIN PER LA STAMPA DI SABATO 20/12/2008
La prima vittima politica della crisi finanziaria internazionale è il governo belga. Accusato di aver esercitato pressioni indebite sulla magistratura che si stava occupando delle irregolarità nell’acquisizione della banca Fortis da parte della francese Bnp Paribas, il primo ministro Yves Leterme ha gettato la spugna. Alle 19.30 di ieri, dopo aver constatato le dimissioni del ministro della Giustizia Jo Vandeurzen, il supervotato leader cristiano-sociale fiammingo ha attraverso il parco che separa la sede dell’esecutivo dal Palazzo Reale per annunciare ad Alberto II l’intenzione di rinunciare al mandato. Il sovrano, che come il nostro presidente della Repubblica ha facoltà di accettare o meno l’offerta, ha preso tempo riservandosi di decidere e iniziando subito le consultazioni con i leader politici del Paese.
A scatenare l’ennesimo terremoto belga non è stata per una volta l’instabilità permanente degli assetti politici del Paese che, dalle elezioni del giugno 2007, non mai riuscito a darsi una guida stabile. La miccia è stata innescata dalla vendita del principale gruppo creditizio nazionale, messo in ginocchio dall’eccessivo indebitamento accumulato per acquistare l’olandese Abn Amro e dai pesanti effetti della tempesta provocata nell’estate 2007 dal crollo dei mutui speculativi americani. Per evitare il fallimento, a fine settembre Leterme ha pilotato una complicata operazione di compravendita, cedendo alla fine il controllo dell’ex gioiello nero, rosso e giallo ai francesi della Bnp-Paribas, gli stessi azionisti dell’italiana Bnl.
Sin qui tutto bene, applausi per la lucidità della strategia, da tutti, e grandi consensi per come Bruxelles si era coordinata nel salvataggio con l’altra Bruxelles, ovvero con l’Unione Europea. Poi è arrivata l’onda che ha travolto la politica. La Giustizia belga ha congelato per 65 giorni il passaggio di mano facendo notare che si era proceduto senza convocare in assemblea i 2200 azionisti della banca. Col tempo si è scoperto che il premier avrebbe cercato di influenzare il verdetto per non far saltare l’operazione.
La Corte di Cassazione, in effetti, aveva sollevato numerosi dubbi procedurali, senza puntare direttamente il dito su Yves Leterme, precisando di non avere «prove giuridiche» delle sue interferenze nell’attività dei magistrati, ma solo «indicazioni importanti» in questo senso. «Sfumature» dicevano a Palazzo, eppure è stato sufficiente al ministro della Giustizia e allo stesso primo ministro per considerare impegnata la responsabilità dell’intero governo. Una mossa inevitabile in un sistema che considera grave anche solo il sospetto di violazione del principio della separazione dei poteri alla base dello Stato di diritto.
Il quadro è grave, si sa dove si comincia ma non dove si arriva. Leterme ha impiegato quasi un anno per formare il suo governo e cercare di cavalcare una crisi che il conflitto istituzionale fra le due maggiori comunità linguistico-culturali, quella fiamminga e quella francofona, rende ogni giorno più complessa. Ora c’è chi immagina un ritorno del predecessore del premier, Guy Verhofstadt, per tranquillizzare gli animi in vista del voto di primavera.
Difficile fare pronostici anche per Fortis, la prima istituzione bancaria del Paese, che amministra il 75% delle operazioni bancarie belgi. Dopo il precipizio in Borsa, la banca sembrava potersi riprendere con l’arrivo dei francesi che hanno sborsato 14,5 miliardi di euro. Se Bnp-Paribas dovesse ritirarsi, si ricomincerebbe da zero, con migliaia di posti di lavoro a rischio. Il Paese segue il caso col fiato sospeso ma senza drammatizzare. Questione di stile e di abitudine. Il resto si vedrà.
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ALBERTO D´ARGENIO PER LA REPUBBLICA 20/12/2008
BRUXELLES - Dopo le banche anche un governo cade sotto i colpi della crisi economica, quello belga. Ieri il primo ministro Yves Leterme (cristiano-democratico fiammingo) ha rassegnato le dimissioni dopo le accuse di avere fatto indebite pressioni sui magistrati che si occupavano del salvataggio di Fortis, uno dei due colossi bancari del Paese affondati in ottobre (l´altro è Dexia). Ora tocca al re Alberto II decidere se accettare le dimissioni, scelta che appare inevitabile. E il Belgio rischia di tornare all´ingovernabilità proprio quando la crisi rende ancora più visibile lo spettro della scissione tra valloni e fiamminghi.
Dopo le elezioni del 2006 Leterme ci aveva messo un anno a formare un governo che ha vivacchiato per altri dodici mesi nel vano tentativo di chiudere le riforme istituzionali necessarie a salvare l´unità del Paese. stata la Corte di Cassazione ad accusare il governo di avere fatto pressioni sui magistrati che si stavano occupando del caso Fortis: per salvarla Leterme l´aveva ceduta ai francesi di Bnp Paribas ma i piccoli azionisti si sono opposti lamentando di non essere stati consultati e di avere venduto sotto costo.
In primo grado il tribunale di Bruxelles ha dato loro torto, mentre la Corte d´appello ha congelato l´operazione. Poi il colpo di scena: la Cassazione ha raccolto "importanti indizi" su pressioni del governo affinchè i giudici dessero torto agli azionisti, anche se ha riconosciuto di non disporre di "prove giuridiche". Tanto è bastato a innescare il "Fortisgate": il primo a dimettersi è stato il ministro della giustizia Jo Vandeurzen, nel pomeriggio Leterme e l´intero governo hanno rimesso il mandato ad Alberto II. Ingovernabilità e scissione stanno intossicando il Natale dei belgi e ora spetta al re sbrogliare la matassa creata da una politica incapace di congiungere i ricchi fiamminghi del Nord e i decaduti valloni del Sud. A luglio, quando Leterme si dimise per l´insuccesso nelle riforme, aveva detto di no, ma oggi il verdetto di Alberto II potrebbe essere diverso.