Iniziali su calze e cellulari Il regalo diventa unico di Claudia Voltattorni, Corriere della Sera, 20/1272008, pag. 28, 20 dicembre 2008
INIZIALI SU CALZE E CELLULARI, IL REGALO DIVENTA UNICO
Borsette e profumi. Ciabatte e valigie. Poltrone e stivali. Gioielli e cremine. Scarpe e telefonini. Tutto solo per sé. Nel senso che nessuno uguale a me. Perché io sono io e voglio che gli altri lo sappiano. E soprattutto non siano come me. Così, via dagli anni dell’omologazione, ora tocca alla personalizzazione, dove ognuno vuole definire se stesso attraverso un dettaglio, una lettera, un colore, una scritta per dire agli altri: io sono qui e sono diverso da te. E se prima tutti avevano le stesse cose, ora il vero lusso è il pezzo unico, quello fatto apposta per uno (o pochissimi).
«Quello di differenziarsi – spiega il sociologo dei consumi Vanni Codeluppi – è un bisogno del consumatore che desidera sì un prodotto, ma vuole anche esprimere la propria identità». Perché «prima c’era il desiderio di possedere il bene da "privilegiato", oggi che il lusso si è allargato verso il basso e più persone possono accedervi, l’individuo cerca un modo per distinguersi ». Che si tratti di un gioiello, una borsa, un paio di scarpe, la personalizzazione diventa un obbligo. E tutti cedono. Con le iniziali sulla camicia, per dire. O le cifre su borse e valigie, nel XIX secolo appannaggio dei viaggiatori aristocratici che si facevano imprimere lo stemma di famiglia su bauli e cappelliere. Oggi da Vuitton per esempio, da sempre capofila della personalizzazione, c’è una lista d’attesa lunghissima per far imprimere le iniziali di nome e cognome anche solo sulla borsetta. Certo, niente a che vedere con gli special order di una volta, come quello dell’esploratore Pierre Savorgnan de Brazza, fondatore della capitale del Congo Brazzaville, che nel 1868 volle un letto-baule richiudibile. Oggi invece si sa che un misterioso cliente giapponese non viaggia mai senza il suo baule-doccia firmato LV.
Per i più le esigenze sono minori (e anche le tasche), ma la domanda è in continuo aumento. L’offerta non si fa attendere. I gioielli per esempio. C’è un boom di anelli, braccialetti, ciondoli con le lettere: incise, in oro, in platino, in brillanti, più ce n’è (di lettere) meglio è. Si regalano ma si indossano soprattutto, magari con i nomi dei figli. Ci sono le scritte, le dediche, i disegni, e i pezzi fai-da-te. Tipo quelli di Angelo Mereu, negozietto cult a Milano dove il gioiello lo fa chi compra scegliendo tra ciondoli, cordini, anellini e facendosi comporre il tutto sotto gli occhi. «Sempre più persone – racconta Mereu – regalano un gioiello su misura e ci scrivono di tutto ». Pomellato, per dire, sulle fedi Dodo ci incide frasi d’amore (se si è a corto di fantasia, i suggeritori Dodo aiutano).
«Quella della scrittura è una cosa molto carina, io metterei un pensiero, una poesia...», sorride il dandy colto Giuseppe Scaraffia. E riflette: «La personalizzazione è un tentativo di uscire dalla massa, dall’anonimato, perciò la trovo una cosa positiva». come se «il gruppo non fosse più una sicurezza, così pure le griffe, ora io sono la mia griffe: nelle iniziali per esempio – spiega – ci vedo una nostalgia del proprio io, un modo per ricordare se stessi, ormai dei "cari perduti" nella massa». E pure lo scrittore e studioso di letteratura francese ha ceduto, «con le mie iniziali bianche sul portafoglio, ma solo su quello, mai sulla camicia».
Dalle cifre il salto ad una parola, una frase, un messaggio è rapidissimo. Così l’io è più io. Lo ha fatto Naomi Campbell quando fu accusata di molestie alla sua colf: pochi giorni dopo indossava una felpa con scritto: «Naomi hit me, and I liked it» («Naomi mi ha picchiato e mi è piaciuto »). Lo fanno gli ecologisti che dalle shopping di stoffa ci dicono: «I’m not a plastic bag». Lo fanno tutti quelli che vogliono farsi sentire e vedere, in un modo o nell’altro. Con le scritte. Ma pure con le foto. Di chiunque. Ovunque. Sulla borsa, per cominciare. La prima fu quella dell’inglese Anya Hindmarch, oggi ancora la più imitata. Subito la volle Sarah Ferguson con l’immagine delle sue ragazze. La milanese Nicoletta Poli ha lanciato invece la poltrona personalizzata con l’autoritratto: già nei salotti di Matteo Marzotto, Paolo Berlusconi, e casa Moratti. L’americana Pepsi ha lanciato un concorso: metti la tua faccia sulla lattina, e dal 2009 su 60 milioni di lattine ci saranno i volti di sconosciuti bevitori italiani della bibita Usa. E poi il mondo dei telefonini, passione tutta italiana: Nokia fa disegnare ai clienti le cover, Vertu ci mette le iniziali in oro e brillanti. Ma è questo il vero lusso? Il sociologo Codeluppi crede di no: «Il nuovo lusso è avere un sistema di possibilità che ti offra dei privilegi legati non al singolo bene ma ad un modo di vita che solo pochi possono permettersi ».
Claudia Voltattorni