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 2008  dicembre 20 Sabato calendario

IL SISTEMA ROMA E ALFREDO L’AMICO DI TUTTI

Questa finora è una Tangentopoli senza tangenti, un’inchiesta penale sul malcostume politico e non sul malaffare. Il rischio quindi è che in assenza di prove e di reati finisca per andare assolto anche il malcostume.
Perché non era certo virtuoso il «sistema» che ruotava attorno all’imprenditore Alfredo Romeo, e che da Napoli si è espanso fino a Roma.
A Roma quel «sistema» c’è chi l’ha visto da vicino, come Gianluigi Pellegrino, figlio dell’ex senatore Giovanni Pellegrino, che negli anni di Mani pulite fu uno dei pochi, sinceri garantisti del Pci-Pds. Del padre Gianluigi avrebbe desiderato seguire le orme politiche, ha invece preso le redini dello studio legale. E da avvocato si è imbattuto in Romeo, difendendo una società concorrente nella gara da 576 milioni decisa dalla giunta di Veltroni per la manutenzione delle strade capitoline.
«A questo tipo di gare - spiega Pellegrino - si partecipa di solito in squadra, in modo che le imprese si dividano i ruoli. Nella squadra di Romeo c’era un imprenditore, Luigi Bardelli, che era stato consigliere d’amministrazione di una società pubblica, "Risorse per Roma". Cioè proprio l’ente che aveva predisposto gli atti per il bando della gara su incarico del Comune. Denunciai la cosa per conto della Manital, la società che assistevo, e decidemmo di ricorrere al Tar, chiedendo che la squadra di Romeo venisse esclusa, perché in potenziale conflitto d’interessi ».
Fu allora che l’avvocato iniziò a capire chi fosse l’immobiliarista arrestato giorni fa a Napoli: «Non l’ho mai incontrato, ma mi sembra di conoscerlo. Perché dopo il ricorso molte persone iniziarono a parlarmi di lui, a invitarmi alla prudenza. "Sai, è un tipo dinamico e anche molto potente". Di più "è un intoccabile"». Pellegrino sostiene che «nessuno mi ha fatto nomi dei suoi amici. Forse perché era amico di tutti. Se posso chiosa giocando sul nome dell’imprenditore - direi che il Romeo aveva molte Giuliette in politica».
 ormai noto che il Tar diede ragione alla Manital, ma quello che Pellegrino contesta è il modo in cui è stato raccontato il resto della storia: «Non è vero che il Consiglio di Stato diede poi ragione a Romeo. Disse piuttosto che la Manital, per ragioni di forma, non poteva partecipare alla gara e dunque non poteva presentare il ricorso. Insomma, non sentenziò che l’aggiudicazione dell’appalto a Romeo fosse legittima».
Il dettaglio non è di poco conto, se è vero - come sottolinea l’avvocato - che «il Comune non ha mai firmato il contratto con Romeo, ma gli ha assegnato i lavori per la manutenzione della rete viaria con un affidamento provvisorio». Grazie a questo escamotage «ancora oggi, dopo che il nuovo sindaco ha revocato l’incarico, ci sono i cantieri di quella società per le strade di Roma. E l’atto di revoca resta un passaggio delicato: se venisse redatto male, Romeo potrebbe impugnarlo e citare per danni il Comune».
Sarebbe davvero clamoroso, un tipico paradosso all’italiana, l’effetto perverso dei bizantinismi giuridici che consentono di trovare scappatoie. Sia chiaro, non c’è una prova del malaffare, almeno non c’è ancora. Tuttavia è evidente il segno di un malcostume politico «gravissimo e diffuso», per certi versi ancor più pericoloso del reato. «In effetti - commenta Pellegrino - se è condannabile solo ciò che è reato, c’è il rischio che il malcostume dilaghi. D’altronde chi, volendo trarre profitto e sapendo di non pagar dazio, resisterebbe a continuare nella pratica? Perciò chi si è macchiato di queste colpe dovrebbe fare un passo indietro».
Il dito è puntato contro l’ex amministrazione romana, contro «il muro di gomma della burocrazia che si faceva forte degli appoggi politici, nel silenzio dei media. Alcuni giornali di destra, a dire il vero, ci diedero voce». Per il resto fu una battaglia combattuta con la carta bollata, «presentammo molte diffide chiedendo che venisse revocata l’aggiudicazione dell’appalto. Fu tutto vano. Eppure il sistema di controllo c’era, se solo la giunta comunale avesse voluto ascoltarci». Perché nessuno lo fece? « la domanda che mi faccio da tempo e alla quale non so dare risposta», sospira Pellegrino.
Come il padre è di centrosinistra, «lo sono per convinzione prima ancora che per filiazione », per questo è amareggiato dai segni di degrado politico della sua parte. Ed è preoccupato dall’inchiesta giudiziaria, «temo che l’elefante partorisca un topolino». Come il padre è un garantista, e sa che non spetta alla difesa dimostrare l’innocenza cristallina.
Tocca all’accusa l’onere della prova. Epperò fuori dalle aule di giustizia resta il problema del malcostume, di quel «legame forte e diffuso tra politici e imprenditori » che ha avuto nell’«intoccabile » Romeo uno dei protagonisti. Uno, non l’unico.

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