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 2008  novembre 05 Mercoledì calendario

La Stampa, mercoledì 5 novembre Impiccare un uomo non è facile: ci vuole stomaco. A impiccarlo bene, che muoia sul colpo e non in una lenta agonia, ci vuole maestria

La Stampa, mercoledì 5 novembre Impiccare un uomo non è facile: ci vuole stomaco. A impiccarlo bene, che muoia sul colpo e non in una lenta agonia, ci vuole maestria. E di Henry Pierrepoint, boia di sua Maestà a inizio Novecento, tutto si può dire tranne che non fosse un professionista: 105 esecuzioni in nove anni, tutte meticolosamente registrate sul suo taccuino nero. Nome, cognome, altezza, peso e «tipo» di collo. I valori essenziali per calcolare l’equazione della morte. Se i conti tornano, il risultato dà l’esecuzione perfetta. Trovato per caso nella classica soffitta, il macabro diario di Henry Pierrepoint andrà all’asta la prossima settimana - insieme a un metro da sarto usato dal boia per prendere le «misure» ai condannati. Un ritrovamento «che getta una luce affascinante sulla sua vita e sul suo tempo», ha sentenziato il tabloid britannico Daily Mail. E per forza. Henry Pierrepoint è infatti il fondatore di una dinastia di boia che insieme hanno materialmente ucciso oltre 800 persone in 45 anni di attività. Estrema professionalità il marchio di famiglia. Apprendista macellaio Pierrepoint senior, d’altra parte, non è diventato boia per caso o necessità. Apprendista macellaio di Nottingham, Henry si appassionò «all’arte» dell’impiccagione leggendo crudi articoli e racconti in voga alla fine dell’Ottocento. Scrisse quindi varie lettere al ministero dell’Interno offrendo i suoi servigi. Una vera e propria passione, visto che i boia erano tutti freelance senza lo stipendio fisso. Henry venne così iscritto nelle liste degli esecutori ufficiali nel 1901. Sotto il suo metro - essenziale pure per calcolare il giusto «volo» del condannato, quello che spezza il collo senza decapitare né asfissiare - sono passati molti casi simbolo della giustizia britannica, incluso la prima condanna emanata grazie al riconoscimento delle impronte digitali. Ubriaco al patibolo Una carriera, quella di Henry, stroncata però dall’alcol. Un vizio che traspare nella sua calligrafia, pulita e lineare in principio, sempre più irregolare verso la fine. Fino a che, nel 1910, Henry finisce per arrivare ubriaco ad un’esecuzione. Una mancanza di professionalità imperdonabile, tanto da meritarsi le attenzioni di un certo Winston Churchill, al tempo ministro dell’Intero. Che in una nota, contenuta in un faldone desecretato di recente, firma la «condanna» di Henry Pierrepoint: «Siate certi», ordinava Churchill, «che questo tizio non venga mai più assunto». Detto fatto. Pierrepoint senior morirà in disgrazia nel 1922, a 44 anni. «Questo diario ci regala un punto di vista affascinante per la storia criminale britannica», ha commentato al Times Simon Nuttall, della casa d’aste Marshall’s. «Le note sempre più disordinate di Henry credo testimonino la direzione da lui intrapresa». Prima di rovinarsi, però, Henry riuscì a ispirare suo fratello Thomas e il figlio Albert. Che a undici anni, in un tema scolastico, scriveva già il suo futuro: «Finita la scuola vorrei diventare un boia professionista». E anche in questo caso le aspirazioni del piccolo Albert vennero coronate. Tanto che Pierrepoint junior finì per diventare il boia più «prolifico» nella storia del Regno Unito: dal 1932, anno in cui prese servizio, al 1956, quando andò in pensione, impiccò «almeno» 422 uomini, diciassette donne - inclusa Ruth Ellis, l’ultima donna a ricevere la pena capitale in Gran Bretagna - e duecento criminali di guerra nazisti. Le dimissioni Per quanto riguarda il fratello Thomas, istruito da Henry in persona con l’aiuto di corde e sacchi di grano, il numero delle esecuzioni si ferma a 300. Attivo fino al 1946, si ritirò dal servizio ultra settantenne. La vera star della famiglia Pierrepoint, ad ogni modo, resta il figlio di Henry, Albert. Tanto che sulla sua vita è stato girato persino un film - «Pierrepoint», con Timothy Spall. Un’esperienza, però, finita in polemica. Albert si licenziò, infatti, dopo che non gli venne riconosciuto il «disturbo» per un’esecuzione cancellata in extremis. «La pena capitale è solo vendetta», si sfogò dopo aver appeso il metro al chiodo, «e non serve a scoraggiare il crimine». Una posizione abbracciata anche dal Regno Unito, che nel 1964 bandì per sempre la pena di morte dai suoi confini. Mattia Bernardo Bagnoli