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 2008  luglio 02 Mercoledì calendario

DAL NOSTRO INVIATO

KABUL – In un fortino in mezzo al nulla, con un caldo che non concede speranze e aspre montagne intorno, 160 fra incursori del Col Moschin e fucilieri della Brigata Friuli combattono da mesi una guerra che nessuno conosce. La Task Force 45, di base a Farah, 230 chilometri a sud della più tranquilla Herat (ai confini con la roccaforte talebana di Helmand) appoggia con le armi le azioni di combattimento degli americani: secondo Peace reporter dal 18 settembre 2006 al 21 novembre 2007 i soldati italiani hanno partecipato ad almeno 11 missioni, costate la vita a centinaia di talebani. L’ultima di cui si ha notizia nel Gulistan, per riprendere il controllo di un distretto caduto nelle mani dei guerriglieri. Uomini armati ma anche 5 elicotteri da combattimento Mangusta e 8 cingolati Dardo, per un’operazione durata 21 giorni e compiuta con militari americani e afghani.
Un’operazione che ha riconsegnato il distretto ai governativi e provocato decine di morti tra i talebani. Azioni che però, solo nell’ultimo mese, sono costate la vita anche a 9 soldati americani. Numeri che ora Ignazio La Russa, primo ministro della Difesa italiano a sbarcare in queste lande desolate, conferma senza nascondere una robusta punta polemica: «Non voglio criticarlo, ma forse nell’ultimo anno il governo Prodi ha tenuto sotto copertura il fatto che i nostri militari in Afghanistan siano stati operativi. Probabilmente per non avere problemi con i suoi alleati di governo...». Lui ne parla, anzi rivendica con orgoglio quegli scontri a fuoco di cui si sa così poco. «Non è che improvvisamente siamo diventati di violenza, c’è un’escalation di informazione. I nostri uomini di Farah hanno compiti assolutamente corrispondenti alle regole di ingaggio. Basta guardare l’elenco delle operazioni: tutte dirette al salvataggio di vite umane degli altri contingenti e al contrasto con la forza giusta e adeguata del terrorismo. Sono tutte operazioni militari che non è giusto nascondere, anche per rispetto nei confronti dei militari che assolvono anche a questa funzione con grande capacità, oltre a che ad occuparsi della ricostruzione ». La polemica è rimbalzata a Roma, dove l’ex ministro della Difesa Arturo Parisi ha risposto a La Russa con parole nette: «Nessuna informazione è stata mai nascosta al Parlamento».
Viaggio estenuante e rapidissimo, ma carico di conseguenze per il futuro dei soldati italiani, quello del ministro. Che conferma, senza però ancora fornire cifre esatte, il travaso di truppe da Kabul a Farah. Più o meno dovrebbero trasferirsi all’ovest 500 soldati. Che avranno anche 3 elicotteri in più, provenienti proprio dalla capitale: in questa provincia desolata le strade sono praticamente inesistenti, e per percorrere 300 chilometri via terra servono anche più di 20 ore. Elicotteri chiedono anche da Herat, dove ha sede il Team di ricostruzione provinciale che ha già fatto molto, elicotteri domandano gli incursori con le divise senza nome e i capelli lunghi fuori ordinanza, che si stringono festosi attorno a La Russa, come se avessero trovato un fratello maggiore particolarmente generoso. «Avete visto?», gongola lui. «Mica hanno chiesto di andare in ferie o di avere cibo migliore... Vogliono mezzi per fare il loro dovere ». Ma i bilanci della Difesa sono quello che sono. E allora? «Dovremo fare miracoli»,ammette il ministro. E saranno sempre i bilanci a dire se l’Aeronautica italiana potrà davvero spedire quaggiù i 4 Tornado richiesti dagli alleati per i pattugliamenti da alte quote. Servirebbe 15 milioni di euro solo per i primi tre mesi di impiego. «Non mi sembra comunque una richiesta irragionevole», ribadisce La Russa.
Saluto L’arrivo in Aghanistan del ministro della Difesa La Russa
Giuliano Gallo