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 2008  giugno 26 Giovedì calendario

Carbone pulito, offerta svizzera. Panorama 26 giugno 2008 Il futuro (possibile) di una delle zone più disastrate della Calabria è scritto in una montagna di carta che occupa un’intera stanza: un centinaio di scatoloni con le 25 copie del progetto di una nuova centrale elettrica a Saline Ioniche, ciascuna delle quali richiede 24 faldoni di documenti tecnici

Carbone pulito, offerta svizzera. Panorama 26 giugno 2008 Il futuro (possibile) di una delle zone più disastrate della Calabria è scritto in una montagna di carta che occupa un’intera stanza: un centinaio di scatoloni con le 25 copie del progetto di una nuova centrale elettrica a Saline Ioniche, ciascuna delle quali richiede 24 faldoni di documenti tecnici. In questi giorni due furgoni hanno consegnato a 25 enti (dai ministeri dell’Ambiente e dello sviluppo fino al Comune di Montebello Ionico, in provincia di Reggio Calabria) tutte le carte e la società che vuole costruire la centrale, la Sei del gruppo svizzero Rezia, è uscita allo scoperto con il suo progetto. «Vogliamo costruire una centrale a carbone da 1.320 megawatt, un impianto di grandi dimensioni che da solo garantirebbe il 2 per cento del fabbisogno nazionale» riassume Fabio Bocchiola, 44 anni, responsabile della divisione italiana della Rezia, un gruppo da 1,2 miliardi di euro di fatturato in Europa di cui metà in Italia, dove possiede una centrale a gas, un parco eolico e si occupa di trading e vendita di energia. L’investimento previsto è di oltre 1 miliardo di euro. A regime la centrale darà lavoro direttamente a 140 persone più circa il doppio nell’indotto. Nei 4 anni di costruzione i lavoratori impiegati sarebbero fino a 1.200. Sarà la volta buona per una zona che definire sfortunata è poco? Per il Comune di Montebello, che ha vissuto le iniziative fallimentari della Liquichimica e della Ogr, fantomatica fabbrica per il recupero dei vagoni ferroviari ferma da decenni, e ha pure visto squarciare la costa per un porto immediatamente insabbiato (vedere su Google Earth per credere)? Forse sì, ma l’avventura della Rezia in Calabria non sarà facile: già a livello locale ci sono state levate di scudi contro il futuro impianto a carbone e si chiede di puntare su solare ed eolico. Questa vicenda sarà così un interessante banco di prova per l’Italia che vuole, a parole almeno, ridurre la dipendenza dal petrolio e accarezza il sogno nucleare, ma dove c’è chi pensa che l’anidride carbonica sia un «gas tossico», come sta scritto in una mozione contraria alla centrale a carbone presentata al consiglio regionale della Calabria. «Siamo contro la centrale» dice Loris Nisi, sindaco di Montebello Ionico, «perché il territorio è stato devastato da iniziative sconsiderate». A Saline, dopo i moti di Reggio Calabria del 1970, vennero destinati 360 miliardi di lire per un grande progetto di industrializzazione. Dovevano servire in gran parte a costruire uno stabilimento della Liquichimica di Raffaele Ursini per produrre bioproteine animali. Appena completato e assunti 600 operai, il ministero della Sanità bloccò tutto perché ritenne le bioproteine cancerogene. Il 17 gennaio 1977 scattò la cassa integrazione per 520 addetti, mentre altri 80 continuavano a fare opera di vigilanza e manutenzione. Nel frattempo lo stabilimento improduttivo passò più volte di mano, gli operai vennero ridotti a 25. A oggi, dopo la vendita delle macchine e perfino delle ferraglie, «risultano ancora agganciate alla Liquichimica 5-6 persone» spiega Franco Alampi, in azienda dal momento della prima pietra e tra gli ultimi a uscire. «Il resto è in pensione come me. Ma non è stata una vita facile. Perché ci hanno letteralmente impedito di lavorare per fare giochi più grandi di noi. Con la speranza che prima o poi, tra vendite e tentativi di rilancio, la fabbrica sarebbe entrata in funzione, abbiamo fatto manutenzione e vigilanza agli impianti. Ma nient’altro. Una vita trascorsa tra macchine ferme e rimostranze per lavorare che ci ha svuotato». Nonostante i dubbi e le ostilità, l’azienda energetica svizzera si mostra determinata: ha coinvolto 12 società di consulenti ed esperti per studiare e ridurre al minimo l’impatto sull’ambiente. E promette di riqualificare il porto e il territorio disseminato di capannoni in rovina e binari arrugginiti. La Rezia conta di chiudere in 2 anni l’iter autorizzativo (in Germania il limite massimo sarebbe di 6 mesi) e poi iniziare la costruzione per aprire l’impianto nel 2014. Perché ha scelto il carbone, che certo non suona molto attraente da un punto di vista ambientale? «L’Italia è troppo sbilanciata sul gas, che contribuisce al 60 per cento nella produzione di energia» avverte il manager della Rezia. «Inoltre il gas proviene quasi esclusivamente da due soli fornitori, la Russia e l’Algeria, ed essendo agganciato al petrolio ha un prezzo in forte crescita. Il carbone, invece, costa meno e proviene da più paesi. In Italia rappresenta però solo l’8 per cento della produzione elettrica, mentre la media europea è del 25». La Rezia sostiene che la centrale di nuova tecnologia avrà un impatto simile a quello di una a gas, con emissioni che sono meno della metà dei limiti di legge; avrà un’efficienza di un terzo superiore rispetto ai vecchi impianti; e sarà una delle prime in Europa progettata per essere in linea fin da subito con le regole dell’Unione Europea per il sequestro della CO2. L’emissione di anidride carbonica è infatti il punto debole delle centrali a carbone: ne scaricano nell’atmosfera il doppio delle centrali a gas. Però la società svizzera dice che non si potrà sequestrare la CO2, cioè iniettarla sottoterra, senza un aiuto esterno: «Il costo è alto e l’Europa sta studiando un sistema di incentivi per risolvere il problema. Un po’ come accade con le fonti rinnovabili, all’inizio troppo costose per reggere il mercato». Perché allora non costruire una centrale nucleare e testare fin da subito la disponibilità dell’Italia a riaprire il dossier atomico? Bocchiola risponde che è una questione di tempi: l’impianto a carbone sarebbe pronto tra 6 anni, uno nucleare non prima di 10-15, se tutto va bene. Tardi, insomma. E quindi avanti con il carbone. A costo di scontrarsi con un’opposizione dura. «Ma noi siamo fiduciosi» sottolinea il dirigente. «Abbiamo un buon progetto, che riqualifica un’area ferita. Auspichiamo un dialogo costruttivo con il territorio». Secondo il sindaco Nisi, «bisognerebbe puntare sulla vocazione turistica dell’area e anche sul porto che non è neppure classificato: potrebbe essere ristrutturato e costituire una infrastruttura per il turismo. Non siamo contrari neppure all’industria, purché compatibile con il territorio». ANTONIO CALITRI E GUIDO FONTANELLI