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 2008  giugno 27 Venerdì calendario

La Stampa, venerdì 27 giugno L’uomo che vuole ripulire il mondo e farlo tornare grigio come piace a lui ha i capelli bianchi, gli occhialini d’acciaio e una camicia pallida

La Stampa, venerdì 27 giugno L’uomo che vuole ripulire il mondo e farlo tornare grigio come piace a lui ha i capelli bianchi, gli occhialini d’acciaio e una camicia pallida. Ogni weekend Angelo Mandelli, 54 anni, milanese dell’hinterland, tecnico informatico di professione, smacchiatore di muri per vocazione, impugna il rullo, lo intinge in un barattolo da cinque chili di vernice al quarzo, 25 euro bastano per 20 metri, e parte per la sua missione. «Sono il vendicatore dei writers che imbrattano i muri delle nostre città. I graffitari si spacciano per artisti. Sono solo dei vandali. Dei prevaricatori. Sono come i nazisti, i comunisti, quelli che nel Sessantotto tiravano le molotov». Dieci anni che va avanti così. Dieci anni in cui ha sbiancato viale Certosa a Milano, un bel po’ di muri a Pavia, i treni delle Nord, qualche stazione e i casermoni di cemento delle periferie. «Sono belli anche quando sono grigi. Sono sicuramente più belli di quando li imbrattano di colori quegli pseudoartisti». Un paio di volta i writers se li è trovati davanti e non è stato bello. Il numero di casa l’ha tolto dall’elenco telefonico. Abita vicino a Milano, ma dove preferisce non dirlo. Nella sua missione solitaria - qualche volta lo accompagna la moglie che lo asseconda, le due figlie approvano ma non si mischiano con i suoi colori - giura di aver raccolto più di un consenso. «Esco di giorno, non ho bisogno di nascondermi. La gente mi vede e dice che faccio bene. Qualche proprietario di casa mi chiama, ma io preferisco scegliere da me gli obiettivi delle mie missioni». I raid di questo writer al contrario nascono con la scelta del muro da ripulire. «Mica difficile. C’è solo l’imbarazzo. Il prossimo l’ho già in mente. Meglio non dirlo. Non vorrei avere sorprese». Una volta individuata la superficie, gli basta staccare un frammento del muro originario. Al colorificio sceglie poi la vernice della tonalità giusta. «Quelle al quarzo da esterno sono le migliori. Anche se costano di più. In mezz’ora faccio un muro alto tre metri e largo sette o otto». Poi con il rullo passa e ripassa sul graffito, cercando di portare all’antico splendore i colori originali. Il grigio Milano, il giallo metropoli, certi verdini o giallini pallidi e smunti che fanno tanto itterizia. «Anche il colore dei cavalcavia sulle autostrade mi piace. Tanto attorno c’è l’azzurro del cielo e il verde dei prati». L’ottimismo cromatico di Angelo Mandelli gli fa vedere rosso solo quando sente i critici d’arte sdoganare i graffitari, certa gente emozionarsi davanti a un muro dipinto o il lassismo delle istituzioni che - giura lui, il Van Gogh dei muri grigi - hanno sottovalutato il fenomeno. «Meno male che Vittorio Sgarbi non è più assessore a Milano. Meno male che nel pacchetto sicurezza si parla dei graffitari e si studia il modo di inasprire le pene contro di loro». Quella verso i writers è diventata un’ossessione. Ancora più di chi scrive sul muro «Abbasso Berlusconi, W Milan, Ginetta ti amo». «Quelle sono frasi stupide che raccolgono l’esecrazione di tutti. A me danno fastidio i graffiti, quelli belli grandi che i vandali spacciano per arte. Sono arte? La facciano sulle tele. Michelangelo e Raffaello mica imbrattavano i muri». Nessun dubbio. Nessun tentennamento nemmeno di fronte agli assegni da 250 mila sterline staccati alle aste di Christie’s per i nuovi artisti di strada, tanto che qualcuno - a Milano come altrove - pensa che non sarebbe male lasciare uno spazio autorizzato ai graffitari. «Sono contrario. Contrarissimo. Serve solo a legittimare chi imbratta i muri. E poi non serve. I writers vogliono essere trasgressivi, ma io che sono liberale sono per la legalità». Non chiede niente a nessuno Angelo Mandelli. Non vuole medaglie, riconoscimenti, nemmeno un aiutino economico per i suoi rulli e le sue vernici. «Voglio solo sensibilizzare la gente. Le istituzioni facciano quello che devono. Io faccio quello che posso». A modo suo un virtuoso, questo tecnico informatico preciso come un microchip quando si tratta di individuare il muro da far tornare grigio. «Smettiamola con la retorica delle periferie grigie. Le città sono belle se non sono deturpate. Anch’io da ragazzino avevo voglia di disegnare Topolino, Paperino, gli altri personaggi di Walt Diseny. Ma non andavo a imbrattare le facciate delle case. Scendevo nella cantina della nostra abitazione e con i gessetti passavo ore a colorare i muri». Fabio Poletti