Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  giugno 22 Domenica calendario

Il Sole-24 Ore, domenica 22 giugno Ha modellato una Cgil un po’ più riformista. Il gossip lo vuole presto eurodeputato Pd, ma è, appunto, gossip

Il Sole-24 Ore, domenica 22 giugno Ha modellato una Cgil un po’ più riformista. Il gossip lo vuole presto eurodeputato Pd, ma è, appunto, gossip. Gli dà fastidio che si parli della sua successione ma ha un sogno: che, dopo 100 anni di gloriosa reggenza al maschile, sia una donna a ereditare il potere di 5 milioni di iscritti e a diventare la vera controparte di Emma Marcegaglia. Se proprio deve tentare un calcolo – di quelli che fanno i sindacalisti, un po’ politico un po’ sociale – dice che firmare l’accordo per la riforma dei contratti ai lavoratori conviene. E forse conviene anche a lui (ma questo non lo dice). Gugliemo Epifani, segretario generale della Cgil, sa che l’intesa può portare nuovo reddito, recuperare produttività e ampliare la torta della ricchezza-Paese da spartire. Per tacere del rilancio che garantirebbe allo stesso sindacato, non certo dotato della forza contrattuale di un tempo. La Cgil, poi, continuerebbe ad avere peso anche con un Governo non amico, a meno che la nuova "linea di piazza" di Walter Veltroni non finisca per influire sul percorso del sindacato di Corso d’Italia. Cgil stampella del partito? «Semmai se decideremo azioni di lotta saremo lieti di avere al nostro fianco anche parte del mondo politico. Ci sentiremmo meno soli» risponde. E, certo, l’indicazione del Dpef di un’inflazione programmata ferma alla metà di quella oggi reale, rischia di dare un motivo in più per chi agita la protesta. Ma il segretario Cgil taglia corto: «Il sindacato non prenderà in considerazione le indicazioni del Dpef, perchè ha un’altra proposta che fa parte della riforma dei contratti». Si tratta del riferimento a un tasso di inflazione «realisticamente prevedibile» e a un nuovo indicatore europeo che ha già suscitato diverse prese di distanza. Epifani esclude lo scenario isolazionista, anche se è evidente che non sarebbe difficile per le imprese, oggi, scegliere di andare avanti comunque nella riforma, magari accentuando le scelte unilaterali o decidendo di fare gli accrodi "con chi ci sta". «Non credo che questo possa avvenire – dice Epifani – comunque ribadisco che non sono disposto a firmare un accordo purchessia. evidente che ci sono interessi contrapposti a questo tavolo. E abbiamo fatto bene a cominciare il confronto a partire da quello che ci divide di più. Le imprese vogliono ridurre se non azzerare il contratto nazionale; noi vogliamo mantenerlo e aumentare gli spazi di manovra sul secondo livello. Tutto qui, ma non è poco». Non è davvero poco anche se da questo dilemma dipende il futuro delle buste paga e il destino delle rappresentanze dei corpi intermedi della società italiana, passati dall’apoteosi ideologica anni 70 al ruolo semi-istituzionale della concertazione anni 90, al declino molecolare della società a coriandoli di oggi. Un’Italia che sembra quanto di più distante dalle organizzazioni di interessi confederali, vale a dire mediati in una grande centrifuga sociale dove si mescolano i bisogni del lavoratore protetto e dell’ex lavoratore o del lavoratore precario, del lavoratore-cittadino e del lavoratore-consumatore. Epifani ha radici socialiste, è un riformista da sempre, e ritrova, qua e là, antichi compagni di strada come Maurizio Sacconi o Renato Brunetta oggi sue controparti. Così controparti da aver già richiesto diversi duelli verbali. Il leader Cgil, tuttavia, con una virata lunga, sta correggendo la rotta della sua confederazione che rivaluta il mondo del terziario e guarda al pubblico impiego e sembra lasciarsi alle spalle certa retorica metallurgica. Dalla parte riformista della Fiom viene Susanna Camusso, storica leader in Lombardia, socialista di origine anche lei; Enrico Panini, segretario della Cgil scuola, è un preside di liceo, prima volta in assoluto di un rappresentante del mondo del’istruzione in segreteria. Fabrizio Solari, provenienza dai trasporti, conosce tutto della tribolata vicenda Alitalia (compresi certi errori dei sindacati corporativi) mentre Vera Lamonica è la leader donna del sindacalismo anti-n’drangheta in Calabria. In segreteria anche un riformista storico come Agostino Megale: ha diretto l’Ires dove ha studiato a fondo perchè gli operai hanno votato Lega, un passato da leader dei tessili, quelli che hanno inventato la flessibilità degli orari e hanno saputo superare la globalizzazione quasi 20 anni fa. Dunque una Cgil con un volto diverso. Se oltre al volto cambieranno anche i contenuti si saprà nel corso del negoziato. « chiaro che se le imprese pensano di disfarsi di un fastidio, cioè noi, i sindacalisti, i margini per un negaoziato serio non esistono, ma ho riscontrato in Emma Marcegaglia un atteggiamento pragmatico che va al cuore delle cose senza ideologismi. Vedremo». Un rischio è che nei sindacati si scateni la corsa all’accreditamento, al posto di interlocutore privilegiato: «Vedo che alcuni miei colleghi a volte eccedono nel sostenere le scelte del Governo. Non è il caso di correre troppo in soccorso al vincitore. Secondo me c’è molto di più da fare per difendere gli interessi dei più deboli: nella manovra non è previsto alcunchè per il lavoro dipendente, solo un po’ di populismo compassionevole. Vanno bene i 400 euro ai pensionati ma perchè non lasciare a loro la scelta di come spenderli? Non è questo il pensiero liberale?». Epifani non è convinto della scelta degli enti bilaterali, una delle innovazioni strategiche del Governo Berlusconi: «Va bene la certificazione congiunta dei contratti e ci sono anche altre cose che gli enti possono fare. Ma è sbagliato caricarli troppo di responsabilità operative; rischia di esporci a ruoli impropri e a conteziosi, magari davanti al giudice, con gli stessi lavoratori». Non è convinto nemmeno delle semplificazioni che invece sono una manna per quelle imprese che lamentano una burocrazia vessatoria e un extracosto annuo di 14 miliardi di euro bruciati in adempimenti. Per Epifani «sono la forma per difendere i diritti dei lavoratori», anche se spesso diventano una diseconomia che fa fuggire l’impresa. Eccolo il paradosso: hai i diritti, ma non il lavoro. Crei un potenziale per riempire le piazze, ma non per riempire le fabbriche. Devi aumentare il denaro in busta paga e rischi la fuga nel sommerso esentasse. Al tavolo della riforma dei contratti c’è tutto questo. Non è una novità; la novità è discuterne davvero. Alberto Orioli