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 2008  giugno 26 Giovedì calendario

La Stampa, giovedì 26 giugno Fare colazione guardando sorgere il sole e prendere l’aperitivo ammirando il tramonto, sempre seduti sulla stessa poltrona davanti alla stessa finestra nella stessa stanza

La Stampa, giovedì 26 giugno Fare colazione guardando sorgere il sole e prendere l’aperitivo ammirando il tramonto, sempre seduti sulla stessa poltrona davanti alla stessa finestra nella stessa stanza. Si può fare, tenendo presente, però, che questa «camera delle meraviglie» costa attorno ai 500 mila dollari destinati ad aumentare di quattro o cinque volte se, invece d’un monolocale con vista a 360 gradi, desideriamo un appartamento più grande. Il sogno d’un mondo che ruota intorno a noi sta per essere realizzato dall’architetto italiano David Fisher che, entro il 2010, terminerà a Dubai il primo grattacielo girevole, alto 313 metri per 68 piani che si avvita su se stesso, sinuoso come una ballerina. O, se si preferisce il linguaggio più prosaico di Leslie Robinson, che ha curato la parte ingegneristica del lavoro, come una pila di «ciambelle sovrapposte che girano attorno a un silo centrale». Ogni piano, ogni «ciambella», verrà realizzato separatamente per poi essere montato sulla struttura: la sua rotazione durerà 90 minuti. L’energia necessaria per garantire il movimento e coprire le esigenze dell’edificio e dei suoi 200 appartamenti sarà generata da una cinquantina di turbine eoliche con il supporto di batterie di pannelli solari. Costo del grattacielo, 700 milioni di dollari. Costo degli appartamenti al metro quadro, 30 mila dollari. I conti sono presto fatti. Su Internet stanno per aprirsi le prenotazioni. Ed è già previsto un nuovo «giro»: a Mosca, prossimamente, prenderà il via una torre gemella. Fisher inaugura una nuova stagione del costruire: quella che definisce «architettura dinamica». Un «pallido» esempio, in realtà, già s’era fatto largo tra gli splendenti grattacieli di Dubai: il progetto d’una torre rotante alimentata da pannelli solari. Ma l’architetto italiano minimizza: «Quello è solo un cilindro che compie un giro su se stesso ogni settimana». Come dire: roba da ristorante panoramico in questa corsa al progetto-spettacolo «al quale - come sostiene un sociologo - si chiede di esprimere i segni del primato e del successo attraverso la personalità della forma e l’audacia della struttura». Sullo skyline del pianeta si stagliano tante meraviglie, tante stranezze e non poche aberrazioni. Nel 2007 un ricercatore americano, George Bing, ha contato 877 progetti di edifici più alti di 150 metri: una selva che avanza in nome del marketing, spesso mascherato sotto il velo d’una ecologia che - come sostiene Davide Ponzini, insegnante di politiche urbane al Politecnico di Milano e recente vincitore della borsa intitolata a Giovanni Agnelli - «per gran parte non è altro che retorica». Di sicuro un grattacielo ha in sé un po’ dell’orgoglio di Babele: non per niente, oggi, gli edifici che bucano le nuvole portano i nomi delle città o degli stati che li hanno voluti a simbolo: nel 2012, a Mosca, sarà terminata la «Russia Tower» progettata da Norman Foster e destinata ad essere la più alta d’Europa: 612 metri, 118 piani. La sua struttura ricorda tre lame triangolari di spada unite per la punta: ospiterà uffici, appartamenti di lusso, un hotel a cinque stelle. E sempre in questo Est che mostra i muscoli, ecco la Polonia: Daniel Libeskind le offrirà un edificio di 192 metri destinato a sorgere nel cuore di Varsavia. L’architettura imita la natura nel realizzare i suoi Golia: matite, pinnacoli, guglie di vetro e cemento simili a zampilli di fontane, siluri. Poi è la gente a trovare i soprannomi: a Barcellona la vox populi ha battezzato senza mezzi termini, «supposta» la lucente Torre Agbar alta 142 metri realizzata da Jean Nouvel. L’apribottiglia di Shanghai E chissà come chiameranno familiarmente, in Qatar, il «Doha High Rise Office Building» a firma dello stesso architetto-star e pronto alla fine del prossimo anno: 232 metri per 44 piani, una sorta di cetriolo dalla pelle d’alluminio scintillante sormontato da una guglia. Shanghai sta per inaugurare l’«apribottiglie» più grande del mondo: lo «Shanghai World Financial Center», 492 metri in torsione chiusi da un rettangolo che sembra pronto a far saltare un gigantesco tappo: è «figlio» del Khon Pedersen Fox Association, lo stesso studio che ha progettato «The Pinnacle», la torre di 287 metri lucida come uno specchio e semi-arrotolata come un cornetto non chiuso. Renato Rizzo