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 2008  giugno 26 Giovedì calendario

Corriere della Sera, giovedì 26 giugno Invisibili, semisconosciute, nascoste. Eppure le nanotecnologie sono già tra noi

Corriere della Sera, giovedì 26 giugno Invisibili, semisconosciute, nascoste. Eppure le nanotecnologie sono già tra noi. Le impieghiamo quotidianamente nelle marmitte catalitiche, in certi farmaci antibatterici, negli strati millefoglie dei laser a semiconduttore con cui navighiamo in Rete. Anche le signore di una certa età ne traggono beneficio: l’ossido di titanio nanostrutturato si usa anche per far creme che nascondono le rughe. Sono una scommessa per il futuro, l’ultima frontiera della ricerca. Nella corsa sfrenata verso la miniaturizzazione le «nano» non descrivono una singola tecnologia ma un insieme di tecniche che permettono di manipolare la materia a livello molecolare e atomico, sulla scala di 1 miliardesimo di metro. Per capirci: un’elica di Dna misura 2,5 nanometri, una molecola di proteina 5nm, un capello ha un diametro di 80.000 nm. «Un settore di ricerca e sviluppo straordinariamente innovativo e tumultuoso, con cento anime e mille intenzioni» scrive Dario Narducci (nel suo libro Cosa sono le nanotecnologie), impossibile da descrivere come pianeta «organico e definito». Ne sa qualcosa Luisa Bozano, «cervello» italiano che lavora all’Almaden Research Center Ibm, nella Silicon Valley, un’entusiasta delle «infinite» opportunità di applicazione industriale delle nanotech: «Applicazioni limitate solo alla fantasia dell’universo» dice la giovane ricercatrice mentre elenca i numerosi campi di indagine in cui è impegnato il colosso Ibm, «dalla medicina alla fisica, alla chimica» per applicazioni nel «fotovoltaico, nella purificazione dell’acqua, nell’assemblaggio del Dna». Secondo Bozano diventeranno presto familiari termini quali carbonanotubes, nanotubi di carbonio, molecole di carbonio collegate tra loro in modo da formare cilindri lunghi e resistenti (20 volte più forti dell’acciaio), già utilizzati in vari ambiti industriali (anche in Veneto nella fabbricazione di pentole). L’ultima frontiera della ricerca La novità scientifica più importante del XXI secolo, secondo uno studio dell’Unione Europea. I futurologi di Changes Waves (l’osservatorio di Social Technologies, centro di ricerca sul futuro) mettono le nanotecnologie tra le 12 rivoluzioni scientifiche che entro il 2015 cambieranno il nostro modo di vivere. Secondo Narducci al momento la spesa globale nel settore delle ricerche nano «è stimabile in più di 6 miliardi di dollari l’anno», ma per l’autore la cifra è destinata a lievitare nel prossimo decennio. Mentre il giro d’affari per i soli materiali nanotech raggiunge già i 50 miliardi di dollari l’anno (Cordis). E il mercato mondiale dei prodotti derivati (farmaci, elettronica, energia, cosmesi, ecologia) potrebbe valere tra qualche anno da 1000 a 2500 miliardi di dollari. L’americano Ray Kurzweil, esperto di intelligenza artificiale e futurologo, è convinto che le nanotecnologie non solo potranno risolvere il problema dell’energia (con «pannelli solari poco costosi, efficienti, leggeri, nano-costruiti ») ma diventeranno protagoniste anche dell’intelligenza artificiale. Quando? Entro il 2029. Un nanorobot potrebbe raggiungere il cervello attraverso il flusso sanguigno, impiantarsi lì e lavorare in sinergia con i neuroni. «Il cervello funzionerebbe da hardware in grado di lavorare con un nano-software a sua volta capace di interagire con i sistemi biologici. Nel giro di alcuni anni potremmo potenziare decine di volte l’intelligenza umana e fare in modo che tutti i cinque sensi dell’uomo permettano una full immersion nella realtà virtuale ». Sogni virtuali a parte, il nanotech è una realtà che comincia a far gola anche al mondo degli investitori. Secondo il Crédit Suisse le aziende nano dovrebbero crescere a un ritmo del 28% l’anno e per facilitare l’investimento in un settore che sta muovendo ancora i primi passi il gruppo bancario elvetico ha appena lanciato il Crédit Suisse Global Nanotechnology Index, un paniere che segue l’andamento di Borsa delle principali società nano quotate. L’offensiva del made in Italy In leggero ritardo rispetto al resto d’Europa, anche il fronte nanotech italiano si sta muovendo. Un esempio è il caso Eurotech, la società friulana specializzata in computer miniaturizzati che di recente ha stretto una «collaborazione tecnologica» con Intel, il colosso mondiale dei chip, leader nell’innovazione del silicio. Eurotech sarà protagonista delle prossime elezioni americane: i suoi microchip, attraverso la controllata Ads, saranno parte integrante dei sistemi di votazione elettronici statunitensi. La salernitana Doria (in collaborazione con il Cnr di Brescia) sta mettendo a punto i nasi artificiali per «annusare» salse di pomodoro e succhi e certificarne la qualità. Pirelli ha stretto un’intesa con il Politecnico per una nuova cattedra che studi l’applicazione delle nanotecnologie per lo sviluppo dei pneumatici di nuova generazione, meno inquinanti. L’offensiva del nanotech parte proprio dal Veneto. Per venire incontro alle esigenze di concretezza «a basso costo» dell’industria locale tre anni fa la Regione ha lanciato il distretto delle nanotecnologie. Anima di questa iniziativa è l’università (di Padova, di Venezia e di Verona) che tenta di fare da ponte tra ricerca e tessuto imprenditoriale. I numeri: 20 milioni di fondi regionali, 41 ricercatori impegnati, e una sessantina di commesse private. Ha bussato alle porte dell’università (di Trieste e Padova) Stefano Gallucci, 41 anni e quattro start up all’attivo, le ultime due in nanotecnologie, con la sua ultima nata Qid e un sogno: trasformare il ferro in platino, elemento fondamentale per la nuova economia dell’energia ma raro e contingentato. Gallucci è ottimista: «Insieme ai ricercatori dell’università abbiano trovato la formula giusta. Tempo otto mesi, stiamo depositando il brevetto ». Codice di comportamento Ma le nanotecnologie sono anche una frontiera sconosciuta, che in assenza totale di una normativa potrebbero creare rischi ambientali e questioni sociali. Un’incognita che sta facendo nascere discussioni sulla sua invasività o addirittura sulla necessità di far nascere una roboetica per governare un più corretto rapporto tra le macchine e l’uomo. Per il momento la Commissione europea invita alla prudenza. E in assenza di una normativa ad hoc Bruxelles ha varato un codice di comportamento destinato ai ricercatori (su base volontaria). «Non vogliamo fare la fine degli ogm rifiutati dal pubblico anche in forma irrazionale – spiega Renato Bozio, prorettore alla ricerca dell’università di Padova, in prima linea nel distretto veneto ”. Abbiamo istituito un centro che si propone di stilare norme per l’uso corretto delle nanotecnologie». Antonia Jacchia