Claudia Di Giovanni, L’Osservatore Romano, 26/6/2008, 26 giugno 2008
L’Osservatore Romano, giovedì 26 giugno Conservare i film significa amare il cinema. Ma conservare i film significa anche pensare che in essi esista un valore al di là del puro intrattenimento, che perdura nel tempo e che può diventare opportunità di conoscenza e spunto di riflessione
L’Osservatore Romano, giovedì 26 giugno Conservare i film significa amare il cinema. Ma conservare i film significa anche pensare che in essi esista un valore al di là del puro intrattenimento, che perdura nel tempo e che può diventare opportunità di conoscenza e spunto di riflessione. Il patrimonio filmografico mondiale è immenso e di varia natura, oltre che di vario valore, e si sviluppa in oltre cento anni nei quali ogni film racchiude il riflesso della società e del preciso momento storico nel quale è stato prodotto. La macchina da presa diventa lo sguardo dell’uomo. Scegliere cosa conservare non è facile e serve sensibilità, spirito critico, apertura mentale e curiosità allo stesso tempo. Tutto questo si ritrova in una raccolta molto particolare. Si tratta di una straordinaria collezione di film, dei primi anni della cinematografia, che ancora oggi è una risorsa fondamentale per tutti coloro che vogliono analizzare le produzioni tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento e avere una visione del mondo prima della Grande Guerra. Questa preziosa raccolta si deve ad un padre gesuita svizzero, Josef Joye, nato nel 1852 e morto nel 1919, che ebbe un’intuizione particolarmente moderna quando decise di utilizzare per le sue lezioni al liceo Borromäum di Basilea un metodo di insegnamento supportato dallo strumento audiovisivo. Padre Joye si era sempre interessato ai congegni meccanici, incuriosito dagli sviluppi tecnologici dell’epoca, tanto che si serviva regolarmente della lanterna magica, lo strumento all’origine del cinema, utilizzando oltre sedicimila immagini che proiettava per accompagnare visivamente le sue lezioni, assieme a un fonografo, che gli permetteva di stupire gli studenti e catturare così la loro attenzione. Non era certamente il primo che ricorreva a questo metodo, ma la cosa sorprendente è l’impegno con il quale cercò di raccogliere tutto il materiale che poteva essere utile alle sue lezioni. Il passo successivo fu l’utilizzo delle produzioni cinematografiche e proprio la sua curiosità e la sua apertura mentale hanno dato vita ad una delle collezioni cinematografiche più importanti, nata a scopo pedagogico e sviluppatasi in un arco di tempo che va dal 1905 al 1914 circa. Sul suo conto sono stati tramandati vari aneddoti; si dice che varcasse il confine tra la Svizzera e la Germania, nascondendo i film tra le pieghe della tonaca o che li censurasse, tagliando i momenti più sconvenienti o che, quando la sua passione cinematografica gli impediva di mettere mano alla forbice per eliminare alcune scene, cercasse di distrarre gli studenti dallo schermo, rimproverando qualcuno in fondo alla classe. Quello che non si sa con esattezza è dove prendesse i film, ma poiché non aveva una grande disponibilità economica, probabilmente acquistava pellicole di seconda mano che ormai avevano perso il loro valore commerciale. Per gli studiosi di cinema questi titoli restano comunque un tesoro, perché all’interno della collezione sono state ritrovate, tra l’altro, copie originali delle proiezioni Lumière, risalenti al 1896. Una delle cose sorprendenti nella raccolta delle pellicole è che per padre Joye ogni tipo di film poteva essere utile ai fini pedagogici. Naturalmente, come uomo di Chiesa, la sua preferenza andava alle pellicole sulla vita di Gesù, sui diversi personaggi e avvenimenti della Bibbia, sulle vedute del Vaticano e di Lourdes. Ma questo non gli impediva di valutare pellicole di altro genere, poiché era fermamente convinto che in ogni storia fosse possibile individuare un insegnamento morale e soprattutto pensava che attraverso l’immagine esso potesse essere più incisivo. Sicuramente amava molto lo schermo e forse proprio per questo riusciva ad apprezzare le produzioni di argomento più vario, ma il suo pregio è che sapeva leggere in esse e al di là di esse, al punto di dare al cinema una connotazione attuale, considerandolo un veicolo di cultura, dotato di quel grande potere evocativo che a volte solo l’immagine in movimento riesce a trasmettere. La sua raccolta è importante perché varia e perché la finalità per la quale nasce è l’insegnamento. Si possono trovare film e documentari di ogni genere, come quelli di argomento storico, che vanno dalla caduta di Troia all’Inquisizione in Spagna; oppure titoli di attualità che illustrano momenti particolari dell’epoca, come le immagini del terremoto di Messina o delle flotte e delle armate inglesi e tedesche nella prima decade del 1900. Ci sono poi comiche, melodrammi, trasposizioni cinematografiche di fiabe, come Cappuccetto rosso, e di testi letterari, come L’Inferno, ispirato al poema dantesco. Tanti sono poi i documentari girati nel mondo, che mostrano scene di vita quotidiana e folklore a Mosca, a Tokyo, a Pechino, in Irlanda, in Francia, in Germania, mettendo lo spettatore di fronte a popoli e paesi lontani. La pellicola diventata così strumento di conoscenza, apertura su tante realtà che oggi entrano normalmente nelle nostre case attraverso la televisione e internet, ma che all’epoca erano sconosciute a molti. Non tutti compresero e apprezzarono il metodo di insegnamento di padre Joye, affidato alla suggestione delle immagini, ed egli incontrò non poche difficoltà con le autorità del liceo Borromäum, che lo accusarono di sfruttare l’immagine, quasi come fosse uno strumento diabolico, troppo coinvolgente e seduttivo per essere di supporto nelle lezioni. Padre Joye fu costretto ad andarsene, ma la sua raccolta di film, oltre mille, rimase comunque nel liceo, anche se non venne più utilizzata. Purtroppo non venne conservata in maniera appropriata e, quando negli anni Sessanta un italiano, Davide Turconi, ebbe accesso alle pellicole ne trovò molte in stato degenerativo tale da renderne difficile l’analisi. Comunque riuscì a portarne alcune in Italia e soprattutto tentò un’impresa stravagante per evitare che non restasse traccia di questi film. Con estrema cura, iniziò a tagliare un paio di fotogrammi da ogni scena e poi provvide ad imballarli ed etichettarli, raccogliendo oltre ventimila clips, che ancora oggi sono reperibili in varie cineteche. Lo sforzo economico per salvaguardare un patrimonio di tale entità non era facile, poiché nessun archivio cinematografico poteva assumere tale impegno da solo. I film comunque si sparsero in diverse cineteche, anche se negli anni Settanta gran parte della collezione venne acquisita dal British Film Institute che provvide al restauro e alla conservazione. Nel 1998 la Compagnia di Gesù a Roma ha contattato la Filmoteca Vaticana, poiché una parte di questa raccolta si trovava nei sotterranei di Borgo Santo Spirito. Urgeva una soluzione per conservarla in modo appropriato e professionale, pertanto i gesuiti hanno affidato le pellicole all’archivio vaticano. Al fine di poter studiare il cosiddetto Fondo Joye e far conoscere la meravigliosa intuizione che era stata all’origine della raccolta, le pellicole sono state riversate su dvd ed è iniziata l’analisi dei contenuti che ha rivelato non poche sorprese. La Filmoteca Vaticana conosceva il valore dei film, ma non li aveva mai visionati; ne aveva letto solo sui libri di studi cinematografici, che esaltavano questo inestimabile patrimonio. Vederli è stato sorprendente e sono stati individuati documentari di importanza storica e antropologica; sono emerse le riprese fatte nel corso della prima guerra mondiale, che hanno trasmesso il dolore di quel conflitto; tanti i film commerciali di vario genere, tra cui una pellicola su Giovanna D’Arco e il primo film italiano su san Francesco, Il poverello di Assisi di Enrico Guazzoni, del 1911. E poi un altro film del 1911, che gli storici del cinema credevano fosse andato perduto, L’Inferno, ispirato al poema dantesco, che è stato recuperato e divulgato nelle scuole, proprio come era nelle intenzioni di padre Joye, per dimostrare il legame che da sempre esiste tra cinema e cultura. La Filmoteca Vaticana non ha ancora finito l’analisi dettagliata della raccolta, anche perché questo richiede un delicato lavoro di confronto con i diversi archivi che sono in possesso di parte del Fondo Joye, per comparare le pellicole, valutare la loro integrità, individuare i titoli, molti dei quali non sono riportati. Ma è comunque interessante vedere con quanta perspicacia padre Joye abbia saputo raccogliere i film, testimoniando con le immagini in movimento la grande rivoluzione che il cinema ha provocato nella comunicazione e anticipando le potenzialità di questo strumento al servizio della formazione umana. Claudia Di Giovanni