Vittorio Sabadin, La Stampa 22/6/2008, 22 giugno 2008
La Stampa, domenica 22 giugno Nessuno ha probabilmente mai sentito parlare di Frank Blackmore, morto a 92 anni qualche giorno fa
La Stampa, domenica 22 giugno Nessuno ha probabilmente mai sentito parlare di Frank Blackmore, morto a 92 anni qualche giorno fa. Eppure, come Churchill disse dei piloti della Royal Air Force dopo la seconda guerra mondiale, mai così tante persone hanno dovuto riconoscenza a così poche, e in questo caso a una sola: l’inventore delle moderne rotonde stradali. Dovunque ce ne sia una, gli incidenti diminuiscono del 40 per cento e i feriti e le vittime del 90 per cento, senza contare - in Italia - il beneficio collaterale della scomparsa dei lavavetri. La storia di Blackmore è davvero straordinaria e giustamente tutti i giornali inglesi lo hanno celebrato come un dimenticato eroe del nostro tempo. A Swindon e Hemel Hempstead ci sono ancora agli incroci le apparentemente complicatissime minirotonde che progettò all’inizio degli Anni 70. Le chiamano «rotonde magiche» perché, una volta entrato, ne esci illeso grazie a quella che sembra una magia, ma è solo il frutto dei brillanti calcoli di un ingegnere stradale appassionato. Nato in Algeria da un missionario britannico e una svizzera francofona, Blackmore aveva ereditato dal padre l’inclinazione a fare qualcosa per gli altri e dalla madre un simpatico accento francese. Si era arruolato nella Raf nel 1939 e aveva combattuto in guerra, meritandosi una medaglia. Ma quello che gli piaceva veramente, era inventare cose nuove. In Algeria, da bambino, aveva progettato una scatola acchiappamosche fatta di fiammiferi; da grande aveva sperimentato la Leigh, una potente luce che consentiva agli aerei di identificare di notte gli U-boot tedeschi. Congedato nel 1959, aveva lavorato all’ambasciata inglese di Beirut come attaché e interprete, ma anche lì fu impossibile fermarlo: la sera, attraverso piccoli fori che aveva praticato nel muro del suo appartamento, ascoltava le conversazioni dei vicini, impiegati dell’ambasciata sovietica. Tornato a Londra, trovò un impiego come ingegnere del traffico al Transport and Road Research Laboratory, dove finalmente incontrò la propria ossessione: gli incroci stradali. Li giudicava frustranti e inutili e pensava che dovesse esserci un modo per liberarsene. Gli uomini che nei weekend portano moglie e figli nei pressi di un aeroporto per vedere gli aerei decollare e atterrare forse sono persone insensibili, ma Blackmore era anche peggio. In qualunque viaggio, si fermava continuamente agli incroci, lasciava la moglie Eva e le due bambine in auto e osservava a lungo il traffico, immaginando soluzioni. Non c’è da meravigliarsi se il matrimonio durò poco. Al ritorno da ogni vacanza, i rullini fotografici contenevano centinaia di immagini di incroci, cartelli stradali e automobili, e nessuna della famiglia. Anche quando andò a Parigi, Frank non perse tempo a visitare il Louvre o a salire sulla Tour Eiffel. Scalò direttamente l’Arc de Triomphe, che sta al centro della prima rotonda della storia, e osservò per ore non lo splendido panorama, ma il traffico. Poiché le foto che scattava agli incroci non rendevano giustizia alla complessità del problema, si inventò il modo di riprenderli in un solo fotogramma, usando una fotocamera montata su un bastone e puntata verso uno specchio concavo. In un paese in cui si guida a sinistra, Blackmore si fece promotore di una campagna perché nelle rotonde la precedenza fosse data a destra e inventò le minirotonde destinate a snellire il traffico senza rallentarlo, le prime delle quali furono sperimentate a Peterborough nel 1969. Fu una giornata memorabile, perché per quasi 24 ore quell’instancabile ingegnere in camicia bianca, la parte terminale della cravatta infilata nella cintura, rimase nell’incrocio reggendo un microfono in una mano e un altoparlante nell’altra, dando istruzioni agli automobilisti su come affrontare la novità. Era così generoso e dedito agli altri da risultare a volte imbarazzante. Se qualcuno apprezzava una giacca che portava, se la toglieva e gliela regalava. Tutti gli esperti di traffico sono concordi nel dire che dobbiamo a Blackmore la maggiore sicurezza degli incroci nei paesi europei, senza che lui ne abbia ricavato nulla oltre al suo stipendio. Il più bel necrologio per ricordarlo lo ha messo online Leif Ourston, la cui impresa costruisce rotonde in Canada: se Frank è in Paradiso - ha scritto - sta sicuramente spiegando a Dio come può sistemare meglio gli incroci del cielo. Vittorio Sabadin