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 2008  giugno 23 Lunedì calendario

la Repubblica, lunedì 23 giugno E´ cambiato Tremonti? E´ cresciuto Tremonti? E´ dunque in corsa per la successione, Tremonti, leader del dopodomani? «Graziosa invenzione» ha già detto lui, una volta: nel senso che l´esercizio divinatorio sulla sua probabile leadership è tutt´altro che nuovo

la Repubblica, lunedì 23 giugno E´ cambiato Tremonti? E´ cresciuto Tremonti? E´ dunque in corsa per la successione, Tremonti, leader del dopodomani? «Graziosa invenzione» ha già detto lui, una volta: nel senso che l´esercizio divinatorio sulla sua probabile leadership è tutt´altro che nuovo. In uno dei rarissimi congressi di Forza Italia, celebrato ad Assago nel maggio del 2004, fu distribuito a tutti i delegati un questionario. Fra le varie domande ce n´era una garbatamente vaga, ma cruciale: «Se il presidente Silvio Berlusconi fosse chiamato a ricoprire altri incarichi chi potrebbe meglio succedergli alla guida del governo?». I risultati non furono mai compiutamente pubblicizzati, ma venne fuori lo stesso che la maggior parte dei presenti avevano indicato i nomi di Tremonti e di Pisanu. Poi accaddero tante altre cose, anche a Pisanu. E insomma: è rimasto Tremonti. Un secondo più labile indizio è affidato all´intuito di un avversario, D´Alema, che proprio in lui individuò «la destra prossima ventura». Ma qui, sulla destra, la faccenda del delfino passa in secondo piano dal momento che il ministro dell´Economia ha abrogato anche la sinistra nell´ultimo suo libro (110 pagine, Mondadori) il cui titolo approssimativamente fallaciano recita: La paura e la speranza. Ad esso ha fatto sdegnoso riferimento l´altro giorno Marco Follini assimilandolo, per i potenziali effetti nefasti, al libretto rosso di Mao. Di ciò Tremonti sarebbe anche tipo da inorgoglirsi. Ma la questione è che l´artefice della Robin Hood Tax risulta il più anti-cinese fra i politici italiani. Al punto da indossare una certa cravatta pro-Tibet e perfino segnalarsi per una sorta di boicottaggio dei ristoranti orientali e in generale etnici in nome della polenta e/o degli spaghetti, cibi identitari e comunitari, emblematici di sangue e suolo. E questo, curiosamente, mentre Barak Obama lancia l´idea di tassare i profitti delle compagnie petrolifere (i ricchi) per aiutare le famiglie (povere). Soluzione parecchio simile a quella coniata da Tremonti. Ora. Nella prima metà del suo libro il ministro critica in modo serrato e anche convincente, a tratti quasi bertinottiano, il culto del mercato e i contraccolpi della globalizzazione. Nella seconda parte colma invece il vuoto ideologico con un pieno di "valori" non negoziabili, tipo prendere o lasciare: Identità, Ordine, Onore, Gerarchia, Dio, Patria, Famiglia e Matrimonio sacramentato («nella liturgia» è la dizione). Un sistema di principi che si fonda sulle radici giudaico-cristiane (quelle greche e romane non contano) e che qualche decennio fa si sarebbe potuto definire conservatore, se non reazionario. Molti degli odierni guai dipendono, per Tremonti, dal sessantotto: vero e proprio cataclisma sociale responsabile di un relativismo imbelle, buonista, invertebrato e sconsideratissimo. La cieca corsa alla ricchezza, l´ostentazione anche volgare del lusso, i modelli edonistici alla Billionaire non vengono menzionati come nemici dei Sacri Valori Identitari. E ben strana, francamente, appare anche la distanza che intercorre fra l´anatema lanciato da Tremonti in nome della spiritualità contro il consumismo e la sua fedeltà al partito-azienda lanciato sul mercato politico dal fondatore della televisione commerciale. Ma questo non toglie che egli sia l´unico a produrre idee capaci di scuotere l´inerzia culturale che domina anche il suo schieramento. L´ultima sua proietta sullo scenario del centrodestra un nazional-populismo convertitosi al presente. Il tinello contro i salotti. L´elemento popolaresco contro lo snobismo. Nulla di veramente nuovo, eppure quanto basta a far da collante fra il mondo berlusconiano e la Lega. Il personaggio, d´altra parte, è uomo di vaste e anche buone letture, intellettuale brillante, ottima penna, fine dicitore, padrone degli incisi, bigliettini in greco antico spediti alla Prestigiacomo durante il Consiglio dei ministri, abile nei messaggi, «le risponderò tra virgolette» gli capita di dire, efficace in tv. Non sempre amichevole con i giornalisti, adesso va meglio, ma in passato ha anche dovuto chiedere scusa per sgarberie e insolenze varie. Di Tremonti Berlusconi ha detto una volta che ha un «caratterino». Un´altra ha aggravato la definizione: un «caratteraccio». Una terza volta gli è scappato che era il suo «incubo». Tratti psicologici tremontiani desunti da copiosa documentazione giornalistica: narciso, tignoso, puntuto, dispettoso, competitivo. Quattro anni orsono il Corriere della Sera, di cui pure l´attuale ministro è stato assiduo e rispettato collaboratore, ha notato in prima pagina che «un briciolo di arroganza intellettuale in meno» non avrebbe guastato; secondo Fini, nello stesso periodo (2004), si trattava di «presunzione insopportabile». Quest´ultima, insieme alla estrema suscettibilità, alla pignoleria e al gusto per il paradosso culturale, ha finito per dare vita a una davvero vasta produzione epistolare. Per cui Tremonti può essere considerato il più prolifico scrittore di smentite, messe a punto e precisazioni ai giornali; senza contare le innumerevoli e fulminanti provocazioni, pure a base di "paralogismi", "asimmetrie", Aristotele, Kant e Leopardi e altre ragguardevoli risorse di auto-ostentazione mirata. Fatto sta che il personaggio ispira e in fondo si merita imitatori televisivi di vaglia, da Gene Gnocchi a Corrado Guzzanti, che a Tremonti ha associato l´entità non del tutto metafisica del «cetriolo globale». Ad alcuni ricorda un personaggio degli albi del Monello, un classico primo della classe con ciuffo che si chiamava, significativamente, "Superbone". Questi non ha problemi a recitare la parte dell´antipatico: «I ministri del Tesoro simpatici - sostiene del resto Giorgio La Malfa - lasciano debiti». Tremonti, il "tributarista", il "fantasista", il demiurgo della "finanza creativa", debiti e "buchi" ne ha trovati, ma ne ha anche lasciati. Così come ha criticato i condoni per poi effettuarne in abbondanza. Allo stesso modo ha scritto bellissimi articoli contro il bingo del centrosinistra, scegliendo poi di istituire un paio fra estrazioni e lotterie come ministro del centrodestra. «Il problema - ha detto una volta don Gianni Baget Bozzo - è il suo rapporto con Berlusconi». Questi, in Russia, l´ha proclamato «un genio». Ma anche qui la storia si fa complicata. Per cui, dopo averlo definito in quel modo assai impegnativo e averlo costretto a girare con un enorme foglio, "il lenzuolone", che doveva dimostrare la quantità di provvedimenti preparati e approvati dal suo governo, il Cavaliere l´ha mollato da un giorno all´altro al suo destino, le dimissioni. Ma poi l´ha promosso di nuovo. Però in seguito gli ha preferito Elio Vito, forse pure lasciando che poco dopo s´ingelosisse della Brambilla. Per poi di nuovo premiarlo - e siamo all´oggi. Di tutto questo, in fondo, è fatto il potere. Anche se magari Tremonti, memoria lunga ed enigmatico futuro, ancora non riesce a darsene pace. Filippo Ceccarelli