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 2008  giugno 22 Domenica calendario

la Repubblica, domenica 22 giugno La mia generazione, i sessantenni nati e cresciuti nella provincia italiana, ha assistito agli ultimi giri di giostra di un universo lavorativo rapidamente scomparso costituito dai mille mestieri dell´artigianato ambulante

la Repubblica, domenica 22 giugno La mia generazione, i sessantenni nati e cresciuti nella provincia italiana, ha assistito agli ultimi giri di giostra di un universo lavorativo rapidamente scomparso costituito dai mille mestieri dell´artigianato ambulante. Nell´Italia del dopoguerra, una società troppo povera e saggia per conoscere lo spreco, mai si sarebbe gettata una sedia perché sfondata o un paiolo perché bucato. Si sarebbe atteso il ritorno in città del ramaiolo che avrebbe rappezzato il recipiente e dell´impagliatore che avrebbe lavorato di fino usando un semplice coltello e una fascina d´erba essiccata trasportata in spalla. Accanto a questi ed altri ambulanti spiccava, di gran lunga più caratteristico e atteso, l´acciugaio, quasi sempre nativo della cuneese Valle Maira. Naturale dunque che il Museo Seles, il Museo multimediale dei mestieri itineranti consacrato alla memoria di questo microcosmo lavorativo sia stato pensato e realizzato nel cuore della Valle, a Celle Macra, nella ex chiesa di San Rocco. Chi vorrà inerpicarsi fino a qui, percorrendo la strada che da Dronero conduce in alta Valle, potrà conoscere quali furono i mestieri ambulanti praticati dai valligiani e immergersi nel mondo degli acciugai, la cui spartana esistenza è resa tangibile dall´esposizione dei loro abiti e strumenti di lavoro, dal carretto alle stadere dalla carta paglia alle casse in legno norvegese. L´elemento più suggestivo e didatticamente efficace dell´allestimento museale curato dallo studio Allasia e finanziato dalla regione Piemonte è dato dalle videointerviste agli ultimi acciugai. Cinquanta anni fa l´acciuga, ancora considerata pesce povero, era poco costosa e quindi molto diffusa. Non molto era passato da quando nelle misere cucine del settentrione affamati commensali strofinavano sottili fette di polenta all´acciuga appesa a un filo sopra il tavolo. Mi sono sempre chiesto perché il commercio ambulante di acciughe per secoli sia stato esercitato in una condizione di quasi monopolio dai valligiani nativi di Dronero e dintorni, in fondo più isolati di tanti altri. C´è chi ipotizza che il commercio delle acciughe sia figlio casuale e fortunato di una delle tante vie del sale che dalla costa ligure irradiavano verso le regioni dell´interno: il sale, alimento prezioso, era infatti trasportato in barili nascosto sotto strati di acciughe per eludere i gravosi dazi doganali. C´è chi immagina che un bottaio, recatosi a lavorare in Liguria, sia tornato nella valle natia con un paio di botti colme di acciughe rivelatesi lungo il tragitto merce redditizia. Altri fanno compiere questo tragitto a un cavié, il venditore di capelli, altro commercio in cui questi valligiani erano specializzati nei secoli scorsi. Non lo sapremo mai con certezza. Sappiamo invece che per secoli ogni anno a settembre, subito dopo la conclusione dei lavori nei campi, numerosi agricoltori, ritirata la falce e affidati gli armenti alle donne di casa, si trasformavano per sei, otto mesi in acciugai, anciué. Spingendo i loro carretti scendevano in pianura dirigendosi nelle aree territoriali che la pratica aveva rigidamente assegnato: i valligiani di Celle verso il Milanese, quelli di Paglieres e Soglio verso il Torinese, quelli di Santa Margherita alla volta dell´Astigiano. Era un´occupazione esclusivamente maschile, spesso intrapresa in tenera età, con un unico, breve tirocinio che consisteva nell´imparare le strade e la vita di strada. Prima dell´avvento dei grossisti erano numerosi gli acciugai che si recavano di persona nei porti liguri, Genova in primis, per acquistare il pesce. Per verificare la bontà del prodotto - scrive Diego Crestani nel suo Anciuie e cavie ”d la val Mairo: mestieri dell´emigrazione stagionale alpina - si usavano due sistemi. Si conficcava in fondo al barile una sottile asta di legno che impregnatasi dell´odore del pesce e annusata con attenzione rivelava eventuali cattivi odori. Oppure si introducevano le mani tra le pareti della botte e il pesce per sollevarlo verificandone la qualità. L´acciugaio doveva fare attenzione alla quantità del sale utilizzato, che non doveva essere eccessiva per non incidere troppo sul peso (il sale, pur costando meno, finiva con l´essere pagato al prezzo del pesce) ma neppure limitata, pena il deterioramento del prodotto. Fondamentale per esercitare il commercio ambulante era il carretto di frassino su cui caricare le latte con le acciughe. Questo era costruito in Valle Maira da alcuni artigiani specializzati in grado di garantirne contemporaneamente la leggerezza e la robustezza: un carretto di quaranta, cinquanta chili era in grado di sopportare carichi di due, tre quintali su strade spesso non dissimili da mulattiere. In un apposito cassetto era riposta la stadera, per noi piemontesi lo scandai. Il bagaglio dell´acciugaio, acutamente tratteggiato da Aldo Rodino e Fulvio Barberis nel loro Il mare sotto sale, era miserando ma funzionale: due sacchi di tela, uno più leggero in cui l´anciué riponeva scarpe, fazzoletti e biancheria intima e uno più robusto nel quale si sarebbe infilato se la notte lo avesse sorpreso lungo la strada. Unico riparo contro le perturbazioni atmosferiche un ombrello. L´ambulante effettuava sempre lo stesso percorso avendo come stella polare del suo cammino la successione di mercati settimanali e delle fiere annuali. Perennemente in viaggio spingeva il carretto macinando chilometri. Batteva i cascinali di campagna ove barattava un cartoccio di pesce con vitto e alloggio, perlustrava le città appostandosi agli angoli delle vie ove lanciava il suo grido, unico e inimitabile, caratteristico e col tempo divenuto famigliare a tanti della mia generazione. Ormai quegli uomini dalle giacche unte e scolorite sono scomparsi dalle nostre città. E non sono scomparsi, come mi piacerebbe pensare, perché la dura vita di montagna è divenuta meno dura coi suoi figli sollevandoli di questa gravosa corvée annuale. Sono scomparsi perché è cambiato il mondo e forse è un bene che sia così. Eppure, quando le acciughe al verde fanno la loro comparsa sulla tavola come non ripensare a loro, a quegli uomini dalle giubbe stazzonate e al loro grido: anciué anciué anciué! Carlo Petrini