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 2008  giugno 25 Mercoledì calendario

Tuttoscienze, mercoledì 25 giugno Gustare un caffè come se fosse appena stato macinato, usare personal computer sempre più evoluti, possedere occhiali che non si rigano facilmente, osservare parti infinitesimali di materia, simulare le condizioni originarie del Big Bang, riuscire a produrre energia dalla fusione nucleare

Tuttoscienze, mercoledì 25 giugno Gustare un caffè come se fosse appena stato macinato, usare personal computer sempre più evoluti, possedere occhiali che non si rigano facilmente, osservare parti infinitesimali di materia, simulare le condizioni originarie del Big Bang, riuscire a produrre energia dalla fusione nucleare. Esiste un filo rosso che collega la frutta secca e la ricerca subatomica. Si chiama vuoto. Un elemento (o meglio, una mancanza di elementi), che è ormai indispensabile non soltanto nella ricerca, ma anche nella produzione dei beni che ogni giorno utilizziamo. Tutto dipende dal tipo di vuoto che serve. La pressione atmosferica è attorno ai 1000 millibar e basta scendere di poco per trovare la prima ricaduta nella quotidianità: le ventose, indispensabili per esempio nella robotica e nell’automazione industriale per prendere e trasportare gli oggetti. Basta un vuoto basso, per l’equivalente di una pressione di una manciata di millibar, per conservare i cibi, privandoli dell’acqua (come avviene per i deidratati o per i surgelati) oppure del gas atmosferico che tende ad ossidarli. Ambienti controllati Man mano che si eliminano molecole di gas da un certo ambiente si raggiungono livelli sempre più spinti, fondamentali per lavorare sulle superfici: «Ci sono moltissime applicazioni industriali che un tempo non avevano bisogno del vuoto - spiega Luigi Dolcino, general manager della Varian Spa di Leinì, azienda leader nel settore delle tecnologie per il vuoto - e che invece ora necessitano di ambienti controllati, che consentano di lavorare le superfici senza che ci siano impurità di alcun tipo». A 10-3 millibar si raggiunge un vuoto intermedio, tipico dei forni per temprare i metalli, operazione che ormai non avviene più in ambiente liquido ma sottovuoto e che consente, per esempio, di irrobustire le carrozzerie delle automobili e di renderle anti-graffio. Più è piccola la superficie su cui occorre lavorare e più il vuoto dev’essere «alto» (sotto i 10-6 millibar): i semiconduttori sono diventati così piccoli che basterebbe un piccolo raggruppamento di molecole per comprometterne il funzionamento, così come le pellicole applicate come filtri sulle lenti e sui vetri potrebbero essere danneggiate dalla presenza di impurità. I livelli successivi di vuoto servono prevalentemente per la ricerca scientifica. I microscopi elettronici, per esempio, necessitano di un vuoto ultra-alto (10-12 millibar), perché altrimenti gli elettroni che compongono il fascio che colpisce l’oggetto osservato non potrebbero viaggiare a una velocità prossima a quella della luce. Lo stesso discorso vale per la fisica subatomica. «Se devo far accelerare delle particelle - sottolinea Fabrizio Pirri, professore di Fisica dei materiali al Politecnico di Torino e direttore del laboratorio di nanobiotecnologie Latemar - non devono esserci interferenze, sia perché non sarebbe possibile far loro raggiungere determinate velocità, sia perché perderebbero parte della loro carica. come una goccia di pioggia che scende dal cielo e rallenta, perché urta molecole di gas presenti nell’atmosfera». Più sono infinitesimali gli elementi della materia da analizzare, più sono spinti i vuoti da creare. Lungo i 27 chilometri che compongono Lhc, il nuovo acceleratore di particelle del Cern di Ginevra, occorre creare dei vuoti estremi, inferiori ai 10-12 millibar, che si avvicinano a quelli che, presumibilmente, esistono tra i pianeti. Il problema non è soltanto riuscire a raggiungere certi livelli di vuoto, ma anche svuotare determinati volumi. In un contenitore con pressione pari a quella atmosferica il gas si comporta come un fluido e le molecole possono essere spostate, facendole urtare tra loro, come avviene per esempio nelle pompe a diffusione della Varian, il cui prodotto di punta - le pompe turbomolecolari - fanno invece il vuoto, utilizzando le palette di una turbina: sono proprio queste a spingere le molecole di gas verso l’uscita. L’incontro delle molecole Ma più questo contenitore si svuota e più è difficile che le molecole possano incontrarsi. « per questo motivo - spiega Pirri - che il meccanismo con cui un volume si svuota è puramente casuale: bisogna aspettare che la molecola centri il foro d’uscita». Per questo è difficilissimo arrivare sotto i 10-14 millibar, anche se molti scienziati sono convinti si possa arrivare anche a 10-15. In ogni caso, l’Italia può comunque vantare un proprio record nelle tecnologie del vuoto. «Virgo» - il sistema per il rilevamento delle onde gravitazionali di Pisa - è il più grande sistema da ultra-alto vuoto d’Europa. formato da due tubi del diametro di 1,2 metri e lunghi 3 chilometri: circa 6800 metri cubi - quasi due volte la celebre torre pendente - a una pressione di 10-10 millibar. Stefano Parola