Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 25/6/2008, pagina 40, 25 giugno 2008
Corriere della Sera, mercoledì 25 giugno Quanto costa lo sfizio di offrire ai nostri figli, alle medie superiori, quasi un migliaio di percorsi alternativi? Un occhio della testa
Corriere della Sera, mercoledì 25 giugno Quanto costa lo sfizio di offrire ai nostri figli, alle medie superiori, quasi un migliaio di percorsi alternativi? Un occhio della testa. Lo dice uno studio di Tuttoscuola, la rivista diretta da Giovanni Vinciguerra. Studio che ha messo a confronto, sul tema, i costi italiani e quelli francesi. Protagonista di un numero speciale de Le Monde de l’Education, supplemento del quotidiano parigino, il baccalauréat, noto ai transalpini col nomignolo di bac, compie quest’anno due secoli esatti di vita. Istituito in piena età napoleonica, per decreto imperiale, il 17 marzo 1808, era in origine una prova orale che doveva superare chi voleva essere ammesso all’università e fino ai primi anni del secondo dopoguerra coinvolgeva solo una piccola minoranza dei giovani di quella fascia d’età: il 3%. Altri tempi. Via via, proprio come da noi, il bac è diventato un’altra cosa. Fino al punto di coinvolgere, quest’anno, oltre 615 mila candidati, vale a dire il 64% della classe d’età di riferimento. Candidati che si vanno a diplomare in tre filoni: uno generale (53% dei maturati nel 2007), uno tecnologico (27%) e infine uno professionale. Con circa un centinaio di indirizzi ( séries) particolarmente numerosi in quest’ultima area e al centro di forti polemiche da parte dei cittadini che si lagnano: perché così tante varianti? Spiega Tuttoscuola, partendo dai dati forniti dallo speciale di Le Monde, che l’esame francese si svolge in 4.366 sedi e coinvolge nella correzione degli elaborati (4 milioni: le prove scritte sono più numerose che da noi) 127.685 esaminatori, i quali «percepiscono un’indennità media di 1,67 euro per copia corretta. Il costo medio dell’esame per candidato è di 62,6 euro (circa 38 milioni e mezzo in totale)». Ed è lì, nel confronto coi numeri nostri, denuncia la rivista di Vinciguerra, che non tornano i conti: per esaminare oltre 100 mila candidati in meno (497 mila contro i già citati 615 mila) impieghiamo «oltre 100 mila docenti, controllati e diretti da 12.500 presidenti in 25 mila commissioni d’esame» (come si vede, più o meno lo stesso numero di professori) spendendo però quasi 5 volte di più dei francesi: 183 milioni di euro contro 38. Il che significa che l’esame di ogni singolo candidato ci costa quasi sei volte di più: 368 euro contro 62,6. Com’è possibile? Probabilmente una delle risposte, suggerisce la rivista, è proprio nel fatto che se i francesi si lagnano per l’esagerazione di un centinaio di indirizzi, noi ne abbiamo 9 volte più. A forza di aggiungere sperimentazioni su sperimentazioni, talvolta del tutto eccentriche e magari limitate a un solo istituto in tutta la penisola, da Vipiteno a Capo Passero, siamo arrivati infatti ad avere la bellezza di 912 indirizzi. Che, sulla carta, richiederebbero 912 diverse prove di esame. Onestamente: che senso ha una sproporzione del genere? Dove sono i risultati di questa iperspecializzazione che spesso è fatta solo di parole? Quanto ai risultati, il bac francese boccia quasi un maturando su 6: il 17%. Da noi, nella scia di una progressiva «generosità» che ha costantemente allargato le maglie di un esame che nel 1952 vedeva la bocciatura di quasi uno studente su tre (per l’esattezza il 28,4%), i respinti sono stati solo il 6%: uno ogni 17. Sarà poi un caso che, eccezioni a parte, continuiamo a perdere punti nelle classifiche internazionali? Gian Antonio Stella