la Repubblica 5/6/2008, pagina 26, 5 giugno 2008
Lettera. la Repubblica, mercoledì 25 giugno Odio le ipocrisie, i finti proclami di uguaglianza, le riflessioni sull’importanza delle donne nel mondo del lavoro
Lettera. la Repubblica, mercoledì 25 giugno Odio le ipocrisie, i finti proclami di uguaglianza, le riflessioni sull’importanza delle donne nel mondo del lavoro. Sono un ingegnere elettronico con dottorato di ricerca in telecomunicazioni. Fortunatamente lavoro, ma il campanello della noia mi porta spesso a guardarmi intorno. Ho sostenuto una selezione presso l’azienda di trasporti pubblici Atm di Milano. Supero il primo colloquio, poi il secondo: mi comunicano che il mio profilo corrisponde alle loro esigenze. Terzo colloquio: training on the job di circa 5 ore, con presentazione dei futuri colleghi e offerta economica non proprio allettante. Quarto colloquio: il mio futuro capo ed una rappresentante dell’ufficio del personale ribadiscono il loro interessamento nei miei confronti, illustrandomi tempi e modi del mio inserimento. Passo falso: rivelo che sono incinta, sguardi attoniti, tentativi di mitigare la loro reazione non proprio politically correct. Il giorno dopo mi contatta nuovamente la donna presente al colloquio (spero almeno le sia pesato fare questa telefonata) e mi dice che l’assunzione non si farà più, che il mio stato non mi consente un inserimento immediato, che forse nei prossimi mesi (?) mi avrebbero contattato. La mia risposta non è stata molto politically correct. Ho deciso di rivelare il mio stato prima di firmare l’offerta ed adesso non ho nulla da usare davanti ad un legale: sembrerà strano ma non è quello che voglio: io voglio delle scuse. Voglio le scuse di chi ha trasformato il mio stato in una menomazione, di chi mi ha rinfacciato 5 mesi di congedo di maternità come un peso troppo elevato, di chi ha accolto la mia gravidanza come un fardello troppo grande. Mi sorprendo quando qualcuno mi fa notare che la reazione dell’azienda è stata normale, che cinque mesi di maternità, con eventuali congedi successivi per l’azienda sono un onere eccessivo, ma allora mi chiedo che cosa serve l’aver dimostrato di essere più brava e competente se il tutto si concluderà nella scelta di un ingegnere libero di riprodursi senza infastidire nessuno. Forse partorirò una bambina: a lei un augurio di un mondo meno ipocrita. Lettera firmata Milano