Mario Baudino, La Stampa 21/6/2008, 21 giugno 2008
Arrivano da circa un anno, si arenano sulle spiagge dello Stretto di Georgia, fra l’isola di Vancouver e la costa canadese, e aspettano che qualcuno li trovi sui lunghi sabbioni che sfiorano i pini e le foreste
Arrivano da circa un anno, si arenano sulle spiagge dello Stretto di Georgia, fra l’isola di Vancouver e la costa canadese, e aspettano che qualcuno li trovi sui lunghi sabbioni che sfiorano i pini e le foreste. Sono piedi umani. Solo piedi, calzati in scarpe da ginnastica. Salvo l’ultimo, che è un macabro scherzo. Lo ha visto l’altro giorno un tizio che se ne andava a spasso, e il cui nome la polizia, fedele alla tradizione di riserbo dell’impero britannico, non rivela ai cronisti. Ha chiamato le giubbe rosse e poi si sarà allontanato, immaginiamo, scuotendo la testa, forse con un grande peso addosso, ma certo non troppo stupito. Non è stata una novità, né per lui né per i canadesi in generale. Quello sembrava essere il sesto piede che le onde depositavano da quelle parti. Non sappiamo se abbia pensato a Csi, il telefilm dove gli anatomopatologhi della polizia risolvono questi casi intricati in un battibaleno. Certo l’accostamento è venuto spontaneo a un investigatore raggiunto dalla Bbc, che ha allargato le braccia sospirando: «Questa è un’altra storia». Le storie, in realtà, sono ormai due. C’è quella dei piedi galleggianti, e c’è quella del macabro scherzo. Il sesto piede era in realtà una zampa di animale dentro una scarpa da ginnastica, con tanto di calzino: in apparenza identico a tutti gli altri, che i giornali ormai hanno descritto con tutti i particolari. Non dev’essere stato difficile confezionarlo. Oltretutto, era un falso piede sinistro, scelta curiosa posto che quattro dei cinque precedenti erano destri. Chi voleva aggiungere mistero a mistero, poteva optare per la soluzione contraria, ma forse non ci ha pensato. E’ stato facile smascherarlo: molto più facile che risolvere il vero enigma. Non è mai accaduto niente di simile, in Canada o altrove. Gli oceanografi studiano le correnti e fanno le loro deduzioni. Quelli della polizia scientifica analizzano il Dna dei poveri resti solo per ammettere che al momento non corrispondono a nessuna persona di cui sia stata segnalata la scomparsa. Le uniche certezze sono empiriche: per esempio, i piedi hanno ancora addosso le loro scarpe, non per un bizzarro gioco del destino ma perché, in caso contrario, non sarebbero mai arrivati sulle rive. Le suole di gomma li hanno fatti galleggiare. Il rivestimento ha impedito che venissero corrotti dalle acque marine, anche se, come ammettono gli specialisti, l’oceano può comportarsi in maniere molto diverse, secondo i casi: può conservare o distruggere, dipende dall’attività biologica. L’oceano spezza i corpi, li riduce abitualmente in 10 pezzi, stacca le braccia e le gambe, le mani e i piedi, e la testa dal tronco. A volte è pietoso, altre volte misterioso. In questo caso ha preservato i piedi e li ha fatti viaggiare. Ma da dove? Quando l’anno scorso si è scoperto il primo, un po’ più a Nord, il problema sembrava meno complicato. Il secondo e il terzo, affiorati sempre nei dintorni, hanno fatto capire che per dare una risposta bisognava risalire a un unico evento, a una causa comune. Il quarto si è spiaggiato a pochi chilometri di distanza, il quinto su un’isola del fiume Frazer, che scende per 1400 chilometri tra dirupi e foreste fino al grande delta a Sud di Vancouver. Se si considera che fra quelli «veri» c’è un solo sinistro, significa che i morti sono almeno quattro. C’è chi ha ipotizzato che abbiano percorso un lunghissimo tragitto, e siano vittime dello tsunami che aveva colpito il Sud Est asiatico, anche se avrebbero dovuto navigare per tutto l’Oceano Pacifico. Sono arrivati in cinque, ma bisognerebbe pensare che siano partiti a centinaia, come una folle migrazione di morti. C’è chi ha pensato ai trafficanti di organi: ma perché dovrebbero sbarazzarsi proprio dei piedi delle loro vittime? Sarebbe più credibile allora risolverla con un maniaco, ma i medici legali stroncano sul nascere queste ipotesi spiegando che quei piedi non sono stati tagliati. Li ha staccati il mare. Si è investigato allora su un recente disastro aereo avvenuto nell’interno, che sembra una buona pista, anche se gli esami del Dna non hanno dato ancora risposte. Si è pensato a pescatori naufragati. A un incidente o un delitto avvenuti in qualche punto del fiume, tra gli aceri e gli abeti. Resta però la domanda: perché un solo piede sinistro? La risposta che si tratta di un puro caso avrà anche una logica matematica o statistica, ma non convince nessuno. Qualcosa deve essere accaduto non troppo lontano: quegli uomini, o quelle donne, ancora non si sa con certezza, sono morti in segreto, e per una serie di circostanze l’oceano sta distribuendo sulle coste un piccolo segno della loro trascorsa esistenza in vita. Si tratterebbe, se vogliamo fare ricorso alle figure retoriche, di una sineddoche. La parte per il tutto. Un piede calzato in una scarpa da ginnastica, e cioè l’indumento più comune, per ricordare che qualcuno ha vissuto ed è stato ingoiato in un luogo ignoto, in circostanze ignote. I vivi continuano a non capire il suo linguaggio, e il mare insiste a ripetere le sue sineddochi. Suona macabro, forse non lo è. Stampa Articolo