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 2008  giugno 20 Venerdì calendario

Duchi, volpi e fragole alla crema La City del tennis fa affari con i suoi riti Corriere della Sera 20 giugno 2008 Ashley Jones è un uomo soddisfatto

Duchi, volpi e fragole alla crema La City del tennis fa affari con i suoi riti Corriere della Sera 20 giugno 2008 Ashley Jones è un uomo soddisfatto. Anche quest’anno la battaglia delle volpi è stata vinta: le reti metalliche elettrificate stese intorno al Centre Court e al Number 1 hanno tenuto alla larga gli animaletti astuti che popolano i parchi intorno a Wimbledon. Mr Jones, dirigente dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club, elegante nel suo completo blu, spiega con un sorriso di finto imbarazzo: «Danno solo una scossetta, ma è quello che basta per tenere alla larga le volpi dai nostri due campi principali: sa, sono piccole e simpatiche, però i loro bisogni hanno un’acidità incredibile, bruciano l’erba». Già, l’erba, grass come si dice in inglese: il marchio di fabbrica del più antico e famoso torneo di tennis del mondo, quello che è diventato una formula di tale successo sportivo e commerciale da aver ispirato agli economisti della globalizzazione il termine Wimbledon Effect. Si tratta della formula in base alla quale l’organizzazione tennistica più ricca ospita la competizione più prestigiosa, senza preoccuparsi se il vincitore è uno straniero: l’importante è che vengano i migliori giocatori, proprio come fa la City di Londra con l’alta finanza. Per la cronaca l’ultima vittoria britannica risale a trentuno anni fa: Virginia Wade nel singolare femminile del ’77 e per premiarla si disturbò la regina. L’ultimo uomo fu Fred Perry nel 1936 e la sua statua di bronzo è stata piazzata su un piedistallo del club. Mr Jones ci indica un altro monumento, che è la Prima Pietra dei Championships: un vecchio rullo di quelli che più di un secolo fa si attaccavano ai cavalli per spianare il terreno e tenere l’erba compatta e liscia. «Era il 1877, il circolo era stato fondato nel 1868 come The All England Croquet Club, il giardiniere, il suo pony e il suo rullo tenevano i campi alla perfezione. Anche il tennis cominciava ad essere popolare perché era più movimentato, ma non c’erano ancora regole certe. Poi il roller si ruppe. Per comperarne uno nuovo e poter continuare a giocare a croquet servivano 10 sterline, una discreta cifra per i tempi. Nell’assemblea dei soci si decise di organizzare un torneo di tennis a inviti per gentlemen, aperto al pubblico: uno scellino per un posto a sedere. E siccome era l’inizio dell’estate, la stagione delle fragole, agli ospiti furono offerte strawberries and cream, le fragole alla crema simbolo della season, la stagione delle feste all’aperto in Inghilterra. Anche queste a pagamento. Si presentarono 22 giocatori, circa 200 spettatori paganti». Il primo vincitore si chiamava Spencer Gore e serviva dal basso, ma questo ai soci interessava meno. Alla fine, fatti i conti di entrate e spese, il cassiere si rese conto che in quattro giorni di partite erano state guadagnate 17 sterline. «Fenomeno interessante, dissero i soci, dobbiamo ripeterlo l’anno prossimo». Era nato il torneo, il primo del mondo. Wimbledon fu anche il primo club ad aprire le porte alle giocatrici: il Ladies’ Singles fu lanciato nel 1884 e signore e signorine indossavano più o meno gli stessi abiti che si portavano a un party in una villa vittoriana: gonne lunghe e corpetti per coprire tutte le parti che dovevano restare «misteriose » e color latte, dal collo alle caviglie ai polsi. Oggi, campioni come il quasi animalesco spagnolo Rafa Nadal si presentano in canottiera sbracciata per esibire i muscoli da culturista, ma il colore bianco della divisa di gioco a Wimbledon è sempre rispettato. Perché sport e affari in Inghilterra sono sempre un fatto di tradizione. Così tra i 19 campi del club è stato mantenuto uno spazio per il rettangolo in erba dedicato al croquet. Diversi dei 350 membri permanenti dell’All England amano ancora le sfide con la mazza: «C’è un torneo annuale che è stato vinto per 26 anni di seguito dallo stesso membro, l’unico modo di avere un campione britannico a Wimbledon », ride Mr Jones. Wimbledon regno della tradizione dunque. Sul lato sud del Campo Centrale c’è il Royal Box, perché i rapporti tra il club e la famiglia reale sono sempre stati stretti. Il Duca di York, che sarebbe poi diventato re Giorgio VI per l’abdicazione del fratello Edoardo VIII, partecipò al doppio nel 1926. Era mancino e aveva un bello stile, ma fu eliminato al primo turno perché nel tabellone si era trovato di fronte la coppia britannica di Coppa Davis: niente favoritismi nello sport. Dal 1929, senza interruzioni, la presidenza dell’All England è stata retta dai Duchi di Kent. E quando entrano sul Centrale i giocatori si inchinano, fanno la famosa curtsey verso il Royal Box, il palco reale. Ma Wimbledon è attento anche al business. Ai 460 mila spettatori che assistono al torneo nei 13 giorni di gare bisogna dare uno spettacolo adeguato: per questo, per attenuare la forza devastante del servizio seguito da una volée implacabile e far durare di più il gioco, dal 1995 sono stati introdotti «sottili aggiustamenti, minime alterazioni della compressione delle palle per farle rimbalzare più in alto e una differente miscela nei semi del prato». L’erba è tagliata a otto millimetri e per difenderla dalla pioggia (puntuale ad ogni torneo e prevista abbondante anche quest’anno dal servizio meteorologico specializzato per la zona di Wimbledon), i raccattapalle fanno esercitazioni estenuanti per essere in grado di stendere i teloni in dieci secondi al massimo dopo le prime gocce. Fragole e crema sono rimaste le stesse degli albori, ma in quantità industriali: l’anno scorso ne sono state consumate 27 mila chili. Al pubblico piace anche lo champagne: 12.500 bottiglie. I biglietti sono già esauriti: si vendono da agosto a dicembre con un sistema tutto inglese. Si fa richiesta, il nome viene inserito in una lotteria e se si viene estratti il gioco è fatto. Ma ogni giorno, per il Centrale e il Campo Numero 1, viene tenuta una scorta di 250 ingressi: basta mettersi in fila, nel cuore della notte. Fare una fila ordinata, la queue: un’altra passione britannica da difendere. Guido Santevecchi