ItaliaOggi 19 giugno 2008, Franco Bechis, 19 giugno 2008
Fanno piangere i ricchi. ItaliaOggi 19 giugno 2008 Ridotta all’osso la manovrona di Giulio Tremonti, 34,8 miliardi di euro in tre anni di cui 13 tutti nel 2009, avrebbe fatto sognare Fausto Bertinotti
Fanno piangere i ricchi. ItaliaOggi 19 giugno 2008 Ridotta all’osso la manovrona di Giulio Tremonti, 34,8 miliardi di euro in tre anni di cui 13 tutti nel 2009, avrebbe fatto sognare Fausto Bertinotti. Per farla semplice (perché dentro c’è davvero molto), ha un titolo assai simile a quello di un celebre manifesto di Rifondazione comunista: «Anche i ricchi piangano». Ne piangerà certo qualcuno, perché l’impianto di lotta all’evasione e all’elusione fiscale ammorbidisce ben poco quel che Vincenzo Visco aveva immaginato. Anzi, inasprisce la guerra santa ai vip che cercano di non pagare tasse a Roma facendo finta di risiedere a Montecarlo o in qualche paradiso fiscale. Non solo: tosa le stock option. E picchia duretto su petrolieri, banchieri e assicuratori. Gran parte dei 4 miliardi di nuove entrate previsti per il 2009 verranno infatti da alcuni interventi fiscali sui settori che probabilmente hanno più guadagnato negli ultimi anni. Per le banche e le assicurazioni verrà allargata la base imponibile riducendo la deducibilità degli interessi passivi, che oggi è integrale. E’ un intervento che darà più entrate al fisco, ma non particolarmente punitivo per il settore, che era stato escluso dalla penultima finanziaria da una norma simile che riguardava tutte le altre attività produttive. Si tratta di par condicio e dell’eliminazione di quello che poteva apparire un privilegio particolare. Ed è stata un po’ questa la filosofia della parte fiscale della manovra (quindi distante da quella di Rifondazione dell’epoca): anche sui petrolieri più che di un inasprimento si tratta della cancellazione di una agveolazione fiscale concessa due anni fa. Così per loro quell’Ires portata al 27 per cento torna al 33 per cento come per tutti gli altri settori industriali. In più una serie di norme rivedrà sotto il profilo fiscale sia i diritti minerari sia l’appostamento in bilancio delle scorte accumulate a prezzi più favorevoli. Grideranno- e gridano- alla rapina i vertici confindustriali di settore. Ma alla fine la rapina non sembra tale e l’intervento non del tutto ingiustificato. Per ingentilirlo Tremonti e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi hanno pensato un fondo ad hoc che dovrà finanziare i generi di prima necessità per gli anziani indigenti: alimentari, vestiti, spesa per riscaldamento. Annunciata come una card per indigenti, ricorda un po’ la carta annonaria di antica memoria: populista, ma interventi sulla materia quel rischio comunque corrono. La vera novità di questa manovrona è nella struttura stessa e nella tempistica: varata a giugno, sarà approvata entro l’estate come in altri paesi occidentali, e avrà carattere triennale per rendere un po’ meno vuoto quel documento dei sogni inutili che ormai era diventato il Dpef e per consentire una riorganizzazione territoriale della programmazione fiscale che faciliti l’introduzione di reali elementi di federalismo. Qui la scommessa è un po’ più rischiosa e discutibile, ma per la prima volta forse il metodo individuato non rende impossibile i primi passi. Tra l’altro in finanziaria è prevista una sostanziale divisione fra gli enti locali dei beni del demanio che favorirà una patrimonializzazione delle periferie offrendo un altro elemento di realismo per la sperimentazione dei disegni per cui è nata la Lega Nord. In mano abbiamo delle bozze anche approfondite dei documenti- e ve ne offriamo primizie nel numero odierno- ma assai poco dei testi definitivamente approvati dal consiglio dei ministri. E sappiamo che proprio nelle pieghe di una norma può nascondersi l’elemento decisivo per giudicare l’impianto o anche solo parte di una manovra finanziaria consistente come quella varata ieri. Sospendiamo quindi il giudizio complessivo, ripromettendoci un’analisi approfondita dei vari provvedimenti. Dal testo che abbiamo fra le mani appare una larga ambizione e un lavoro approfondito fatto dagli uffici tecnici in ben poche settimane. Vero però che gran parte dei buoni propositi e delle riforme principali vi sono appena abbozzate, essendo affidate per delega a un governo che dovrà poi emanare numerosi decreti di attuazione nel dettaglio. C’è in questo l’esigenza di accellerare l’iter legislativo, ma nello stesso tempo l’ulteriore segnale del carattere oligarchico e un po’ autoreferenziale dell’attuale classe politica dirigente. Attenzione, perché non tutte le deleghe certamente sottoscritte dagli elettori erano così in bianco... Franco Bechis