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 2008  giugno 18 Mercoledì calendario

Per 13 milioni di famiglie il mutuo vale più della casa. Il Sole 24 Ore 18 giugno 2008 La casa di Ben Bernanke, presidente Fed, sulla Capitol Hill di Washington, quattro stanze da letto e 240 metri quadri, ha perso in due anni un quarto del suo valore

Per 13 milioni di famiglie il mutuo vale più della casa. Il Sole 24 Ore 18 giugno 2008 La casa di Ben Bernanke, presidente Fed, sulla Capitol Hill di Washington, quattro stanze da letto e 240 metri quadri, ha perso in due anni un quarto del suo valore. Acquistata nel 2004 per 839mila dollari, e arrivata nel 2006 a una valutazione di circa 1,1 milioni, è tornata oggi al prezzo di acquisto. E continua a scendere. Se fra sei mesi arrivasse a 770-780 mila dollari, com’è possibile, cosa farebbe il mutuatario se non si chiamasse Bernanke, e avesse un mutuo quasi pari all’intero valore d’acquisto della casa? Pagherebbe ancora o preferirebbe lasciare tutto accontentandosi di un affitto da 1.500 dollari invece di una rata trentennale forse tripla? Il destino del mercato immobiliare americano, dei prodotti finanziari cartolarizzati che ha originato, di molte banche e finanziarie che li hanno in cassa, è nelle mani di circa 12-13 milioni di famiglie che hanno già visto o vedranno il valore della casa scendere quest’anno al livello del mutuo, se non sotto. Ed è vitale che la discesa dei valori immobiliari, arrivata ormai al 15% (e in varie aree al 20% e oltre), si fermi. Finora la crisi dei mutui e del mercato immobiliare ha imposto al sistema finanziario perdite per 380 miliardi secondo l’Ocse, riprendendo un calcolo fatto da Bloomberg (si veda Il Sole-24 Ore del 28 maggio). Che il peggio sia passato, come molti sostengono, è attribuibile soprattutto alla determinazione dimostrata dalla Federal Reserve e dalle altre Banche centrali, la Bce in prima linea, nel contrastare ogni possibile inizio di panico offrendo liquidità. La Fed è andata molto più in là, garantendo in solido il 16 marzo l’acquisto della disastrata Bear Stearns da parte di Jp Morgan Chase. C’è quindi la ragionevole certezza che anche in futuro la Fed, il Tesoro americano e le altre Banche centrali assicureranno il sostegno necessario. Che nel caso degli Stati Uniti vorrà dire probabilmente mettere mano alla generosità del contribuente, come già accadde meno di 20 anni fa (crisi delle Savings and Loans), sborsando 126 miliardi di dollari di allora, pari a circa 208 di oggi. Tralasciando il fronte più strettamente finanziario (carte di credito, debiti al consumo e degli studenti, corporate credit, credit swaps e altro), e limitandosi al solo mercato immobiliare privato americano, si deve constatare però che il cessato allarme non è ancora scattato. Su un patrimonio immobiliare di 129 milioni di unità, le case vuote al momento sono 18,5 milioni, 3 milioni in più rispetto alle altre fasi di flessione del mercato negli ultimi 50 anni. Ma il vero problema sono i prezzi. Se scenderanno del 20% rispetto al picco di due anni fa, vorrà dire che un quarto dei 54 milioni di americani che stanno pagando un mutuo (i subprime sono il 13%, circa 7 milioni) saranno under water, avranno cioè un mutuo più alto del valore della casa. Continueranno a pagare? La legge americana consente di restituire le chiavi e andarsene. A tutto marzo aveva gettato definitivamente la spugna, processo che richiede circa sei mesi e quindi conteggia finora solo azioni avviate a fine 2007 o prima, il 2,47% dei mutuatari, una cifra in aumento ma già raggiunta nel 1979, dice una nota della Mortgage bankers association. Ci sono aree dove sta andando molto male, e sono le più popolose di California, Florida, Arizona e Nevada (si veda il grafico sulla situazione nella Orange County, in California meridionale), altre meno disastrate. Non si tratta però solo dei subprime. Tutti i mutui a tasso variabile presentano rischi, anche gli Alt-A, dati a clienti solvibili ma con qualche anomalia, e anche quelli alla clientela prime. Naturalmente dai subprime ci sono i rischi maggiori. Una recentissima indagine condotta dalla Fed di Boston, su dati 1989-2007, indica che il 18-20% dei subprime finisce sempre in un pignoramento, contro il 3% dei prime. «Circa il 20% dei mutui subprime sono in ritardo nei pagamenti o in via di pignoramento», dichiarava recentemente Janet L. Yellen, presidente della Fed di San Francisco. Vuol dire che tra chi è in ritardo di un paio di rate e chi sta restituendo l’immobile ci sono circa 1,4 milioni di mutuatari subprime. Ma non sono i soli. E la rinegoziazione tra prima e seconda tranche delle rate, considerata un passaggio cruciale visto che la seconda rata è più alta, non giustifica secondo la Yellen quel 20% di ritardi o pignoramenti, perché relativamente pochi subprime sono passati per ora alla seconda tranche (si veda Il Sole-24 Ore dell’11 maggio). «La sospensione dei pagamenti in tutte le categorie di mutui, prime o subprime, a tasso variabile o fisso - sostiene Janet Yellen - è dovuta in modo rilevante all’andamento dei prezzi delle case». Che scendono ancora. Washington non riesce a varare un programma di aiuti ai mutuatari. «L’alternativa - ha scritto David Hale di Global Economics - sarà una legge per assicurare la ricapitalizzazione del sistema bancario con denaro pubblico per la prima volta dagli anni 30». La Fed non ha più le forze per contrastare da sola la crisi dei mutui e le sue conseguenze. Mario Margiocco