Libero 15 giugno 2008, BARBARA ROMANO, 15 giugno 2008
«Sarò il ministro con le scarpe sporche Meglio i maiali dei palazzi romani» Libero 15 giugno 2008 Grisaglia millerighe in fresco lana con pochette verde ramarro
«Sarò il ministro con le scarpe sporche Meglio i maiali dei palazzi romani» Libero 15 giugno 2008 Grisaglia millerighe in fresco lana con pochette verde ramarro. La Lega di lotta e di governo si presenta così, con la chioma impomatata di Luca Zaia. Nato a Conegliano quarant’anni fa, il titolare delle Politche agricole è divenuto famoso per gli asini tagliaerbe sguinzagliati nelle scarpate e per i semi di radicchio rosso lanciati nello spazio quando era presidente della Provincia di Treviso. Il ministro contadino, che va tutto fiero di essersi sporcato i mocassini di letame a Caserta, dov’è andato a inaugurare la sua carriera governativa tra le bufale campane, che hanno certificato il suo nuovo marchio di politico made in Italy . Ma Zaia resta leghista dentro. Chiedetegli tutto: di giurare sulla Costituzione e indossare la divisa istituzionale. Ma non di credere nella Repubblica italiana. Ora che è al governo le toccherà mandare nello spazio pure la cicoria romana. «Ho mandando il prosciutto, la mozzarella e il vino, che sono in crisi, sui voli Alitalia. L’alta quota mi si confà come progettualità di marketing. E il radicchio c’è andato veramente nello spazio». E che fine ha fatto? «Sono state fatte prove per valutare l’incidenza dell’assenza di gravità sulla germinabilità del seme». Com’è andata la semina spaziale? «Da dio. Il prodotto è sempre più buono. Il radicchio nello shuttle è stato un’occasione per far parlare di un prodotto tipico della nostra provincia». Adesso che è ministro della Repubblica dovrà uscire dall’orticello trevigiano e coltivare di più il made in Italy. E anche i prodotti del Meridione. «Assolutamente sì. E ci può essere una giustificazione persino per un leghistaccio come me». Sentiamo. «Quando non si valorizza un prodotto del Sud si penalizzano anche quelli settentrionali. La caduta del prezzo della bufala ha fatto precipitare i prezzi della mozzarella di latte vaccino nel Nord. il messaggio che ho lanciato a Caserta, con la mia prima uscita». Non le crea qualche prurito sponsorizzare la bufala campana? «No, mi provocherebbe prurito difendere prodotti ottenuti nell’illegalità che mettono a repentaglio la salute dei cittadini. Io considero chi adultera prodotti alimentari al pari di chi spaccia droga. Per quel che riguarda la difesa dell’agricoltura, tutti gli agricoltori parlano lo stesso linguaggio. Quelli seri li ho trovati a Caserta, come a Treviso e a Varese». A un leghista duro e puro come lei non sta un po’ stretta la grisaglia da ministro? «Mi sporcherò le scarpe». Nel senso che andrà a zappare? «Ho fatto la prima missione in mezzo al letame delle bufale casertane. E andrò nel letame dei maiali in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna. Vado a surrogare quella voglia di campi che c’è rispetto alla grisaglia, spingendo l’ammini strazione verso ciò che più mi si confà». Il letame. «Meglio il letame e stare in mezzo alla gente che nel chiuso di un ministero». Alla luce di tante battaglie secessioniste, che effetto le fa oggi indossare la divisa della Repubblica? «Non ho problemi perché vengo da una Regione che ha mille anni di Repubblica alle spalle. Mi si apre il cuore se penso alla Repubblica serenissima». Sì ma lei oggi rappresenta la Repubblica italiana. «Ha molti meno anni». Come fa un leghista a giurare sulla Costituzione? «Lo fa per tre motivi. Primo, nella Costituzione c’è un articolo, il 119, che parla di federalismo fiscale. Secondo, la Repubblica viene definita l’insieme di Comuni, Province e Regioni e negli enti locali noi ci siamo. Terzo motivo, il più importante: nella Costituzione c’è scritto come modificare questa Repubblica in senso federale». Auguri. Cos’ha provato al giuramento? «Arrivi lì in uno stato di narcosi, come la pallina che scende giù dal flipper dopo un sacco di sballottamenti. più emozionante della laurea». Maddai. «Io sono stato particolarmente fortunato perché 15 anni di amministrazione mi hanno permesso di vedere più volte il Capo dello Stato. Quando ero presidente della Provincia abbiamo anche pranzato assieme». E che le ha detto al giuramento? «Appena mi avvicino al banchetto, lui alza la testa e mi fa: "Ma lei è di Treviso!"». Aveva comprato un abito nuovo per l’occasione? «Nooo!» Che male c’è, anche alla laurea si fa. «Pur volendo, non avrei avuto il tempo, sono troppo incasinato». Cosa stava facendo quando le hanno annunciato che avrebbe fatto il ministro? «Stavo guidando, non ricordo nemmeno più che strada era» Chi l’ha chiamata? «Calderoli. Era ad Arcore con Bossi e Berlusconi. Io gli ho risposto: "Dai, lasciatemi pensare". E dopo un quarto d’ora ho visto l’Ansa sul telefonino che dava Zaia all’Agricoltura. Ho richiamato Calderoli e gli ho detto: "Ma scusa!". E lui: "Eh, Bossi ha voluto annunciarlo subito"». vero che ha ricevuto 800 sms che le hanno fuso il cellulare? «Due cellulari». Il suo nome girava da un mese, vuole far credere che non se l’aspettava? «Zero. Mi è testimone il presidente del Veneto, Giancarlo Galan. Quella domenica lì, alle cinque del pomeriggio, gli ho mandato un sms in cui gli sottoponevo un’iniziativa da realizzare in Regione nelle settimane successive. Figuriamoci se uno che sa che va a fare il ministro manda un messaggio per far passare una delibera». Ha giurato fedeltà alla Repubblica italiana, quindi ci crede? «Non ho mai detto questo». Come fa ad essere ministro se non crede nella Repubblica? «Credo nella Costituzione, può bastare». Crede ancora alla secessione? « l’alternativa estrema a quelle modifiche della Costituzione nelle quali crediamo. Oggi però dobbiamo concentrarci con senso di responsabilità sugli impegni assunti con i cittadini, che parlano di federalismo fiscale e di modifica della Costituzione verso un modello federale». perché non si riconosce nella Repubblica che non è andato alla festa del 2 giugno? «Non è stata una scelta strategica. Non attribuisco particolare importanza alla festa della Repubblica. Non vivo a Roma e non ho ritenuto necessario tornare appositamente». Il 2 giugno 2000 disse: "Se devo marciare a Roma lo farò solo per il Veneto". La pensa ancora così? «Assolutamente sì. Le dico di più: noi della Lega ci siamo presentati con un programma che è dichiaratamente di lobby nei confronti del Nord». I ministri del Carroccio sono la lobby nordista del governo? «In quanto rappresentanti delle istituzioni dobbiamo garantire pari opportunità a tutti. Ma la mia forza politica è venuta a Roma per rappresentare gli interessi del Nord». Ha mai cantato l’Inno di Mameli? «Parla con uno che non canta niente». Neanche il "Va pensiero"? «Conosco le parole e gliele posso recitare all’im pronta, ma faccio ridere. Mia moglie mi implora di stare zitto appena attacco a cantare». Ci sono ancora gli asini "tagliaerba" a Treviso? «Porca puttana se ci sono! Venga a vederli. C’è la coda di bambini la domenica mattina. Ormai li considerano miei. Appena uno taglia la corda, dicono: " scappato l’asino di Zaia"». Potrebbe sguinzagliare gli "asini di Zaia" in tutte le aiuole d’Italia. «Lei scherza, ma io ci sto pensando seriamente. Sarebbe un sistema molto ecologico. Ma varrebbe la pena sperimentare anche animali più leggeri» Tipo? «L’oca». L’oca. Capisco. «Sì, l’oca pascola, e si potrebbe utilizzarla come tagliaerba. Ancora meglio le caprette nane. Gli animali, oltre che ecologici, sono economici. A Treviso, tre chilometri di scarpate: 80mila euro di rasatura con gli operai, 10mila con gli asini, che in un anno mi sono costati 5mila euro di acquisto e 5mila di mantenimento, perché c’è un pastore che va lì ogni giorno a portarli avanti e indietro». Tagliaerba a quattrozampe anche al Sud? «Certo. Mi risulta che a Erice, in Sicilia, utilizzino gli asini per la raccolta di rifiuti. Hanno risolto così il problema della differenziata». Come mai voi leghisti avete tutti la fissa per asini? «Io sono il precursore. Sono un cavallaro, quindi amo gli equidi in generale». pure trottatore... «Però faccio solo corse di beneficenza. Prima o poi sfiderò Vittorio Feltri. Ma io non sono un gentleman, non ho patenti per il trotto». Quella di guida gliel’hanno ritirata per un mese perché ha superato il limite di velocità. «Percorrevo con la mia Bmw alle due del pomeriggio la A27, la Venezia-Belluno, un’autostrada a tre corsie, l’unica d’Italia sempre vuota, quando a un tratto mi ha fermato un autocivetta». Chissà a quanto andava... «A 183 all’ora: verbale alla mano. Sono sceso, mi hanno chiesto se volevo contestare il verbale e ho detto di no, ho pagato la multa, mi sono fatto ritirare la patente senza aprire bocca. Le scriva ’ste robe. La polemica è venuta fuori dopo e non capisco perché». Non ci si aspettava uno scivolone così da uno che stava per vincere il Nobel della sicurezza stradale. Ha vinto due premi internazionali con le 350 rotatorie, i sovrappassi, i sottopassi e gli "occhi di gatto" con cui ha disseminato le strade trevigiane... «Treviso è diventata un punto di riferimento a livello internazionale. Ma in autostrada tutti possono sbagliare, la fretta è cattiva consigliera». Così si è giocato il ministero delle Infrastrutture. «No, abbiamo già un bravo ministro. Io mi vanto di aver ridotto i morti in strada da 187 a 60 l’anno. Sfido chiunque a fare altrettanto. Sa che ho anche rifatto la patente? Era ancora valida, non me l’avevano mica tolta per sempre». E allora perché ha voluto rifare l’esame di guida? «Per dare un esempio ai giovani. Guardi un po’ la mia patentina nuova...». Tira fuori il documento datato 8 settembre 2007. Ha passato subito l’esame? «Certo. E ho preso anche la patente per guidare i camion. Vede? Ho sia la C che la E, posso portare pure il rimorchio». Ora che è ministro non ne avrà bisogno. Ha l’auto blu con l’autista. «Io non ce l’ho. Non ce l’avevo nemmeno quando ero vicepresidente della Regione. Uno che ha l’auto blu non prende multe». Laureato in Scienza della produzione animale, assessore all’Agricoltura di Treviso, presidente della Provincia per due mandati con delega all’Agricoltura, e vicepresidente della Regione sempre con delega all’Agricoltura. Lei il pedigree ce l’ha tutto. «Sono un agricolo, sì». Aveva il pollice verde anche da bambino? «Sì, ma io non sono figlio di contadini, lo erano i miei nonni. Mia madre ha 11 fratelli e mia nonna ha allevato altri sei bimbi, quindi in tutto sono 17. Mio padre ha sei fratelli, tutti contadini. Io ho sempre vissuto per i campi, avevo un rapporto viscerale con la terra e con l’erba. Ed ero fissato col tagliare alberi e piantare chiodi». I suoi genitori che mestiere facevano? «Mio papà il meccanico: mestiere che io ho fatto fino 18 anni. So tutto di macchine». Parliamo di quando faceva il pr in discoteca. «Premessa: mi sono sempre mantenuto da solo agli studi. All’università lavoravo in discoteca, i primi anni organizzavo feste, poi mi assunse un grosso gruppo veneto che mi diede l’opportunità di dirigere otto mega locali con 50 dipendenti». Lei è pr dentro, le sue trovate "bucano". «Pr si nasce, non lo si diventa». Aveva un nome d’arte? «Assolutamente no». Zaia detto "Er Pomata". « un’invenzione della Tribuna di Treviso». La verità è che lei è l’ultimo dei romantici: l’unico uomo d’Italia a usare ancora la brillantina. «Non è brillantina, molte volte è acqua e basta. La mattina faccio la doccia, pettino i capelli e restano "impaccati"». un look studiato apposta per rimorchiare le ragazze. «Macché! Io ho un problema di contenimento dei capelli ricci. Se vuole vedere Zaia in versione Jimi Hendrix, basta che io non metta il gel». Il suo primo amore? «Mia moglie Raffaella». Quando l’ha conosciuta, alle medie? «Sarà una ventina d’anni che ci conosciamo. Il 24 luglio festeggiamo dieci anni di matrimonio». Chi è più geloso dei due? «Lei è più sanguigna. Io ho imparato a contare fino a dieci». Chi ha il pollice verde in casa? «Io. Le piante lei le vede pazientemente morire. Si dimentica di dare l’acqua. E le poche piante che sopravvivono a mia moglie, ci pensa il cane a farle fuori. Isotta è un pitbull che divora anche le sedie, le poltrone e i bottoni dei polsini delle camicie che pendono dallo stendino». Che altri mestieri fa in casa? «Lavo i piatti e passo l’aspirapolvere. Faccio presto: ho un appartamento di 58 mq». Lei non è parlamentare né consigliere regionale. stato coraggioso a non volere un paracadute. «Paracadute de che?». Se cade il governo o Berlusconi la licenzia, che fa? «Vivo di mio». Come? «Ho una struttura agricola che ho dedicato al turismo, frutto dei miei investimenti e di debiti fatti in mezza vita. Ho sempre lavorato. Quando mi sono laureato, nel ’93, non è che si entrava in azienda da direttore generale: si iniziava dalle pulizie». Ha fatto le pulizie? «Ho fatto di tutto nella vita: mi sono occupato di pulitura di pelli, di costruzione di recinti in campagna, ho fatto il muratore. Ho sempre avuto il doppio lavoro». Quando ha conosciuto Umberto Bossi? «Nel 1989, durante l’occupazione a Codogné, in provincia di Treviso, dove abito, per protestare contro i soggiornanti obbligati del Sud, confinati lì perché avevano problemi seri con la giustizia». Che impressione le fece? «Era ed è un istrione. Io allora ero studente universitario e rimasi subito colpito dal suo carisma. Bossi è uno che soffre per il popolo, per la povera gente, lui ha sempre avuto a cuore gli interessi delle masse. un uomo autorevole, non autoritario. Non è un prevaricatore. Io ho fatto l’ammini stratore prestissimo, sono stato il più giovane presidente di Provincia d’Italia, e ho sempre avuto libertà totale. Gli asini lo dimostrano». Che rapporto ha col Senatùr? «Buono. Lui per me è il capo. Dopo tutti questi anni mi incute ancora soggezione». Chi sarà il successore di Bossi? «Bossi succede a se stesso». Perché per voi leghisti l’argomento del dopo Bossi è tabù? «Non è tabù, è che la Lega è un partito con un leader carismatico e un’idea. questo che aggrega tanti giovani». Se Bossi ha deciso di convocare un congresso della Lega, vuol dire che il problema della sua successione intende porlo. «Il problema del dopo Bossi non si pone e basta». BARBARA ROMANO