varie, 17 giugno 2008
PORRO Nicola
PORRO Nicola Milano 27 settembre 1969. Giornalista. Vicedirettore ad personam del Giornale. Autore con Mario Cervi di Sprecopoli (Mondadori 2007). Nel 2010 fu iscritto insieme al direttore Alessandro Sallusti nel registro degli indagati con l’accusa di aver minacciato il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia (tramite sms al suo portavoce, Rinaldo Arpisella) paventando la pubblicazione di dossier se non avesse mutato il suo atteggiamento verso il governo di Silvio Berlusconi • «[...] Al Giornale la linea è quella del grande equivoco. “Le frasi sono vere ma il tono era chiaramente di cazzeggio. Vorrei che Woodcock pubblicasse tutti gli audio. Chi parla di minacce non ha capito nulla. E comunque sì, ho detto una cazzata al telefono. Di Arpisella ho cancellato il numero” [...]» (Massimo Pisa, “la Repubblica” 8/10/2010) • «L’audio delle sue chiamate lo assolve, però che scherzi da Porro. Uno che d’estate, se gli va, gira a piedi nudi in redazione, perché fa caldo, perché sta comodo, perché è un romano felice a Milano che tiene i capelli flosci e la camicia délabré. Uno che dice a un direttore esigente “e vabbè, ma tu leggi Shakespeare e io Dylan Dog” e poi cita Ayn Rand pure quando l’iperliberlismo non c’entra. Uno che non ha mai nascosto di essere “un cazzaro cui piace cazzeggiare”, e tanto più si occupa della “scienza triste”, e cioè di economia, dice, tanto più il cazzeggio assurge a respiro essenziale della giornata pesante. Uno che quando deve fare un pezzo si prepara ma agli esordi di carriera spesso è arrivato al lavoro dritto dritto da una notte folle (ed ecco che faceva fruttare l’anno di studio post- laurea in America: uno sguardo al Wall Street Journal, un po’ di affabulazione, un’idea che viene fuori dal nulla nella riunione in corso). Uno così, cioè il vicedirettore del Giornale Nicola Porro, è difficile vederlo dietro a una macchina del fango (non la pensa così Henry John Woodcock, il pm delle inchieste sensazione che spesso precipitano nel nulla). Tanto l’ha preso sul serio Woodcock, che Porro è finito indagato per presunte minacce a Emma Marcegaglia, sulla base di un sms e di una telefonata all’addetto stampa della suddetta in cui Porro, dice Porro, usa un tono evidentemente “cazzaro” (“sono desolato per il fatto che dovrò telefonare e messaggiare come un libro stampato”, ha poi scritto nella sua autodifesa sul Giornale). [...] quando [...] i fan di Marco Travaglio l’hanno ricoperto di post inviperiti per via di una sua battuta durante Annozero, Porro, che ad Annozero si è affermato come “volto sereno” del Giornale, ha trasecolato e ci ha riso su. [...] Chissà se Porro è diventato Porro perché ha studiato al Massimo di Roma (stessa scuola di Mario Draghi, Gianni De Gennaro e Luca Cordero di Montezemolo). Fatto sta che Porro oggi dice agli amici che “forse è lì”, alla scuola gesuitica, che ha appreso “i fondamenti della cultura del dubbio”, frase che non si sa se attribuire alla vena seria o quella cazzara di Porro stesso. Tra il serio e il cazzaro, comunque, Porro, giovane liberale di doviziosa famiglia pugliese del settore agroalimentare, finì a inizio anni Novanta all’Opinione (“giornalista per caso”, dice oggi), e poi al ministero degli Esteri con Antonio Martino. Furono giorni di grandi viaggi e incredibili sorprese: Arafat che, scambiandolo per il ministro Martino, lo abbraccia al suo posto; un vecchio principe siciliano, funzionario alla Farnesina, che si rifiuta di rilasciargli il passaporto di servizio per via delle sue scarpe sciatte; Martino che in Arabia Saudita gli fa attraversare una sala grande come un campo da calcio, sotto gli occhi di un plenipotenziario ieratico, solo per dirgli all’orecchio qualcosa come “stasera, per il summit, siamo messi male con gli alcolici, vai a vedere se è rimasta qualche boccetta di whisky dall’aereo”. Fu un Bildungsroman durato lo spazio di una parentesi. Poi venne la Peugeot 105 senza targa anteriore con cui Porro si presentò alla Lucchini di Brescia (“tristezza infinita in una città senza donne”, disse allora agli amici) e, in extremis, una chiamata per un lavoro al Foglio a Milano, giunta mentre Porro si trovava in treno per andare a un appuntamento romantico al buio combinatogli dall’amico Giuseppe De Filippi, con cui più tardi organizzò il palinsesto della tv Cnf-Cnbc (si divertirono come pazzi e fecero assunzioni eccentriche per il notiziario di finanza: un ex metalmeccanico, un esperto di musica lirica e un bocconiano che si era rifiutato di lavorare in Mediobanca). Sempre cazzeggiando in serietà, Porro passò al Giornale e rifiutò una chiamata alla Stampa, causa figlio in arrivo e matrimonio con una bella ragazza di professione stilista. Alla prole ha dato nomi antichi e signorili, Ferdinando e Violetta. [...]» (Annalena Benini, “Il Foglio” 9/10/2010).