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 2008  giugno 12 Giovedì calendario

Italia ricca di oro blu. Nòva 12 giugno 2008 L’Italia sarebbe un Paese ricchissimo, se avesse tanto petrolio quanta è l’acqua di cui dispone

Italia ricca di oro blu. Nòva 12 giugno 2008 L’Italia sarebbe un Paese ricchissimo, se avesse tanto petrolio quanta è l’acqua di cui dispone. Ma proprio ora che l’acqua, non più risorsa illimitata, diventata "oro blu", viene riscoperta come valore strategico e sta per sorpassare l’oro nero come causa di conflitti internazionali, il grande patrimonio idrografico italiano si scrolla di dosso i lacci burocratici e rivela se stesso segnalando tutti i paradossi e le lacune che ne caratterizzano la gestione. Ed emerge la proposta di una politica (anzi, di una cultura) dell’acqua. A portare alla ribalta questo universo, del quale, in passato, si erano occupati perfino i Servizi segreti, ma di cui da tempo non si discuteva a livello scientifico (l’ultima Conferenza nazionale sull’acqua risale al 1971), è un’imponente opera sistematica pubblicata a maggio: l’«Atlante tematico delle acque d’Italia», mappa completa e dettagliata delle risorse idriche del Paese, messa a disposizione della classe politica. L’Atlante riserva interessanti sorprese perché svela un mondo sconosciuto non solo agli addetti ai lavori ma anche alle popolazioni che vivono a contatto diretto con l’acqua. E indica le direttrici di marcia per una razionale gestione di queste risorse. «La realtà idrografica non riconosce confini amministrativi. E ce lo dimostra in tutti i modi. Tranne Sicilia e Sardegna, che sono isole, ogni regione del Paese condivide i suoi corsi d’acqua con le regioni limitrofe. Per millenni i fiumi sono stati considerati un confine. Ora questa concezione "lineare" del l’acqua va rapidamente abbandonata. Il fiume è l’asse dell’organizzazione del territorio. Ecco il principale suggerimento che viene dall’Atlante», dice Maria Gemma Grillotti Di Giacomo, docente al l’Università Roma Tre, membre d’honneur della Societé de Geographie di Parigi, che ha coordinato il lavoro di 238 autori di diversa estrazione disciplinare, provenienti da decine di università. Anche l’Europa preme perché si adotti la formula dei distretti idrografici; la direttiva è stata ratificata nel 2006, e ne prevede quattordici. Ma oggi i gestori delle acque, in Italia, sono più di ottomila. urgente perciò mettere ordine nel sistema. E c’è una questione ancora aperta: di chi è l’acqua? La Costituzione e il Codice civile (agli articoli 822 e 823) la considerano res communis omnium. Ma questo principio non è stato portato avanti fino in fondo. L’acqua è un diritto di tutti i cittadini oppure è un servizio offerto a quelli che possono pagarla? Una regione ricca di acque può rivendicarne l’uso esclusivo rispetto a un’altra regione? Un’amministrazione pubblica può ricavare profitti dalla vendita della "sua" acqua a un’altra amministrazione? Qual è la gestione ottimale della risorsa acqua? Quella locale (comunale, provinciale, regionale) o quella nazionale? «L’approccio migliore comprende tutte queste scale di gestione, è "transcalare", frutto di una visione integrata, senza esclusioni e senza forzature. La politica transcalare non richiede tanti interlocutori. Di qui la proposta di un Osservatorio permanente, presso il ministero dell’Ambiente, con il compito di monitorare, salvaguardare e valorizzare questa ricchezza», spiega Grillotti, che è coordinatore scientifico del Gruppo di ricerca interuniversitario Gecoagri-landitaly, che ha realizzato l’Atlante in tempi straordinariamente brevi (quattro anni). «Occorre imparare a conservare i 300 miliardi di metri cubi di acqua che ci piovono addosso ogni anno», è il concetto fatto rimarcare da Giovanni Scarano, referente scientifico nazionale dell’Atlante. Un compito arduo, visto che il terreno non cattura più l’acqua, e i fiumi, sempre più stretti tra gli argini di cemento, corrono velocemente verso la foce. Maria Fiori, dell’Università di Bari, richiama invece l’attenzione sull’acqua fantasma, quel 30% che – benché immesso in rete – non arriva agli utenti. In parte si tratta di acqua destinata a usi pubblici (rifornire le fontane, per esempio) ma poi si aggiungono le eccedenze, l’acqua rubata dalle condotte, o uscita dai tubi obsoleti per effetto di cattiva manutenzione. Isabella Varraso, dell’ateneo di Foggia, rileva che oggi qualità e tariffe dell’acqua sono valutate discrezionalmente dalle Regioni; manca un criterio uniforme. In Italia l’acqua è "double face", risorsa e problema. Se non è governata, si scatena in quanto forza della natura. In Italia le precipitazioni sono certamente da primato mondiale; «ma da noi il ciclo dell’acqua è tutt’altro che scontato ed equilibrato», spiega Maria Gemma Grillotti. E aggiunge: «Piove tanto ma piove d’inverno, quando non c’è bisogno d’acqua nei campi coltivati. Il nostro clima può essere perciò definito semi-arido». Sulla Pianura padana scendono le piogge orografiche. Le catene alpine, disposte ad arco quasi perfetto, appena arrivano le masse d’aria umida dal Mediterraneo, le obbligano a innalzarsi e a condensare l’umidità provocando la pioggia. La visione transcalare e integrata può prevenire le alluvioni, che non sono affatto eventi eccezionali. Lasciano dietro di sé una media di 24 vittime all’anno. L’Atlante rivela che l’Italia è attraversata da un’autentica "autostrada dell’acqua", gli Appennini, che con i loro fiumi soddisfano il fabbisogno idrico del Centro-Sud. Nel Mezzogiorno c’è più acqua di sorgente che al Centro. Si sfata l’idea che l’acqua sia appannaggio del Nord. Per raggiungere il suo obiettivo, l’équipe dell’Atlante ha dovuto accontentarsi delle stime. Senza il necessario coordinamento, a causa della fitta rete di enti che si occupano dell’acqua, non è stato possibile reperire dati omogenei e aggiornati. LUIGI DELL’AGLIO