varie, 16 giugno 2008
ESTELLE
ESTELLE (Fanta Estelle Swaray) Londra (Gran Bretagna) 18 gennaio 1980. Cantante. «Nel 2004 era destinata a diventare il nuovo fenomeno pop inglese, ma il suo disco d’esordio, The 18th day, fallì miseramente e lei si ritrovò a riflettere su ciò che era andato storto. Davanti al bivio che ne avrebbe deciso la carriera [...] decise di fare le valigie, abbandonare l’Inghilterra e ricominciare tutto in America. Il risultato di quel trasferimento [...] è American boy, singolo cantato in duetto con il genietto dell’hip hop Kanye West, che nel testo gioca con Estelle proprio sull’approccio di un ragazzo statunitense con una coetanea inglese. ”Nella vita reale però mi sono fatta avanti io. Ho incontrato Kanye per caso davanti a un ristorante di Los Angeles, era uscito a telefonare e gli ho detto che lo ammiravo. Poco tempo dopo, grazie all’amicizia in comune con John Legend, siamo finiti in studio con American boy e abbiamo capito subito che quel pezzo poteva funzionare: c’era Busta Rhymes in studio che ballava come un pazzo”. Londinese di nascita, ma figlia di madre senegalese e padre di Grenada, Estelle è così approdata alla Homeschool, l’etichetta di Legend che le ha letteralmente cucito attorno Shine, disco da diva che mescola hip-hop e soul, reggae e R&B, con una serie di ospiti di prima fascia come Will. I. Am dei Black Eyed Peas e l’ex-Fugees Wyclef Jean. Un album che suona anche come una rivincita nei confronti della sua Inghilterra e che le avrebbe fatto rivelare al Guardian che l’industria discografica inglese sarebbe razzista con gli artisti di colore: ”Non è così. Il Guardian ha mescolato mie dichiarazioni a invenzioni - si indispettisce lei - Ho detto che la discografia britannica non sa dove posizionare sul mercato gli artisti di colore mentre in America, avendo un passato importante con etichette come la Motown o la Stax, sanno cosa fare. Comunque in America è più facile lavorare”. [...] la trinità dei suoi riferimenti al femminile (’Ella Fitzgerald, Dinah Washington e Mary J. Blige: non c’è altro”) e ammette di apprezzare qualche collega (’Adoro Amy Winehouse”) [...]» (Andrea Morandi, ”la Repubblica” 16/6/2008).