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 2008  giugno 12 Giovedì calendario

C’è un illuso al Quirinale? L’espresso 12 giugno 2008 Mi trova del tutto d’accordo il monito di Giorgio Napolitano: "L’Italia rischia la regressione civile"

C’è un illuso al Quirinale? L’espresso 12 giugno 2008
Mi trova del tutto d’accordo il monito di Giorgio Napolitano: "L’Italia rischia la regressione civile". Come tanti, anch’io vivo con gli stessi timori del nostro Presidente. Ho invece qualche dubbio sullo sfondo storico dal quale è partito il Quirinale nel ricordare la nascita della Repubblica e gli eventi successivi al primo dopoguerra. E qui proverò a spiegarne il perché.
Per cominciare, il referendum del 2 giugno si svolse mentre in Italia, soprattutto nelle regioni del centro-nord, tirava un’aria pessima. La guerra civile era finita da più di un anno, ma si continuava a uccidere. Molti partigiani comunisti non avevano deposto le armi e si erano gettati in una seconda guerra per la conquista violenta del potere. Il gruppo dirigente del Pci era diviso. Palmiro Togliatti non aveva ancora scelto tra la via militare e quella parlamentare. E l’ala insurrezionale, guidata da Pietro Secchia, era molto forte nel partito.
La vittoria della Repubblica e l’elezione dell’Assemblea Costituente non spensero i bollori. Anzi, la scoperta che il Pci era soltanto il terzo partito dopo la Dc e i socialisti spinse le squadre rosse a commettere altri omicidi. A rimetterci la pelle furono anche cittadini che non erano mai stati fascisti, ma venivano considerati avversari di classe: agrari, sacerdoti, imprenditori, militari e persino socialisti contrari ad allearsi con il Pci. Togliatti sudò sette camicie per ridurre alla ragione i suoi squadroni della morte. E ci riuscì soltanto alla fine del 1947, quando Stalin spiegò a Secchia che in Italia non si poteva fare nessuna rivoluzione.
Anche dopo il varo della Costituzione, le acque non si calmarono. Prima del voto del 18 aprile 1948, l’Italia continuò a essere un paese sospeso fra pace e guerra. E si salvò soltanto per la dura tenacia di Alcide De Gasperi e di Mario Scelba. Pari soltanto al realismo di Togliatti che nel luglio 1948, quando subì un attentato, fermò i propri militanti già in piazza. Pure i decenni successivi non furono di latte e miele.
L’insurrezione di Budapest del 1956 vide il Pci schierato con l’Urss. E il muro che separava i due grandi partiti popolari restò intatto, a dimostrare che la regressione civile e politica del paese rimaneva un rischio incombente.
All’inizio del 1970 il pericolo si ripresentò con la nascita delle Brigate Rosse, la più forte delle bande clandestine. Mentre nelle piazze si scontravano giovani rossi e neri, le Br divennero sempre più potenti, al punto di poter sequestrare e uccidere Aldo Moro. In quell’epoca, la regressione civile bussò con forza alla porta degli italiani. Arrivò il tempo delle stragi, iniziato con l’attentato di piazza Fontana. E il terrorismo selettivo delle Br fece decine e decine di morti, l’ultimo nel 1988: il senatore democristiano Roberto Ruffilli.
Le acque si chetarono per qualche anno, ma nel 1992 iniziò il terremoto di Tangentopoli. Quello che non era riuscito al terrorismo riuscì alla corruzione politica. La Prima Repubblica ne fu distrutta e l’Italia si divise un’altra volta, precipitando in un abisso di rancori, di arresti, di suicidi che ancora oggi nessuno ha dimenticato. In quell’abisso sparirono interi partiti, come la Dc e il Psi. Emersero avversioni destinate a dividerci per anni. E sulle ceneri di un mondo scomparso, nacque una Seconda Repubblica.
Accadde nel 1994, quando le elezioni furono vinte da un personaggio estraneo alla partitocrazia superstite: Silvio Berlusconi. Ecco arrivare sulla scena il Cavaliere che due mesi fa è ritornato al governo per la terza volta, dopo due vittorie del centro-sinistra. In un’altra nazione, l’avvicendarsi al potere di blocchi diversi sarebbe stato normale, il segno di una democrazia compiuta. Ma da noi è andata in tutt’altro modo. Il dilemma ’Berlusconi sì, Berlusconi no’ ha riacceso e riaccende sempre l’incendio della guerra politica. L’Italia non riesce a trovare riposo. E si vede costretta a una continua prova di forza che rende possibile qualunque regressione.
Gli italiani vorrebbero vivere in pace, anche per provare a risolvere i problemi drammatici di quest’epoca. Ma la pace appare una chimera. La criminalità organizzata, il ribellismo antagonista sempre più diffuso e la mediocrità della classe politica ci trascinano verso un nuovo abisso. Per questo il monito di Napolitano è sacrosanto. Ma al tempo stesso ha il suono di una illusione.
un illuso al Quirinale? Forse sì. Però siamo in tanti a illuderci. A rifiutare le faziosità contrapposte, la politica aggressiva, le urla, le invettive, i cortei militanti, l’informazione troppo schierata. Che cosa ci succederà? Neppure Napolitano può saperlo. Sento che ha paura, come molti italiani qualunque. Esiste un santo al quale rivolgerci? Provate a dirmi chi è.
Giampaolo Pansa